L'UNIONE EUROPEA |
❍ Quali sono i fattori che sono alla base del processo di
integrazione europea?
❍ Si deve parlare di "Comunità Europea'` o di `'Unione
Europea"?
❍ Quali sono i trattati e gli accordi su cui si basa la attuale
Unione Europea? Quali passi avanti ha fatto fare ciascuno di essi
all'integrazione europea?
❍ Come si coordinano tra loro Trattato CE, Atto Unico Europeo e
Trattato di Maastricht?
❍ Che rapporti vi sono tra CECA, EURATOM. CE, UE? Esistono ancora le
tre comunità CECA, EURATOM, CE?
❍ Quali sono le novità introdotte dall’Atto Unico Europeo?
❍ Quali sono le novità introdotte dal Trattato di Maastricht?
❍ Cosa si intende per "Unione Europea"? Che differenza c'è
rispetto a "Comunità Europea"? Cosa sono i "Tre pilastri"
dell'Unione Europea?
❍ Quali sono i poteri del Parlamento Europeo?
❍ Che differenza c’è tra “Consiglio delle Comunità Europee”,
“Consiglio Europeo” e “Consiglio d’Europa”?
❍ Come si coordinano tra loro le competenze della Comunità e quelle
dei singoli stati? Cosa si intende per "principio di sussidiarietà"?
Cosa si intende per "principio di collaborazione"? Cosa si intende
per "principio di proporzionalità"? Cosa sono i "poteri
impliciti" di cui parla l'art. 235 del Trattato della Comunità Europea?
❍ Quali sono gli obiettivi della PESC?
❍ Quali sono le procedure attraverso cui si attua la PESC?
❍ Quali sono gli obiettivi della cooperazione in materia di giustizia
e di affari interni?
❍ Quali sono le procedure della cooperazione in materia di giustizia
e affari interni?
❍ Come funzionava il sistema monetario europeo (SME)? Esiste ancora?
❍ Quali sono le tappe dell’Unione Economica e Monetaria?
❍ Cosa sono i ”criteri di convergenza” stabiliti dal trattato di
Maastricht per l’ingresso di uno stato nell’unione economica e monetaria?
❍ I “criteri di convergenza” avranno un ruolo importante anche dopo
la creazione della Unione Economica e Monetaria?
❍ L’Italia rientra nei “criteri di convergenza”?
❍ Che differenza c’è tra “area di libero scambio”, “Unione doganale”,
“Mercato unico” e “Unione economica e monetaria”?
❍ Quali sono le libertà su cui si basa il Mercato Unico?
❍ Quali sono i principi in materia di libertà di concorrenza?
❍ Cosa sono i Regolamenti della Comunità Europea? In cosa si
differenziano dalle Direttive della Comunità Europea?
❍ Qual è il procedimento di approvazione dei regolamenti e delle
direttive?
❍ Cosa si intende per “principio della preminenza del diritto
comunitario”?
❍ Quali sono le principali politiche della Comunità Europea?
❍ Cos’è la “cittadinanza europea”?
❍ Le norme comunitarie dei trattati prevalgono sulla Costituzione
italiana? Le norme comunitarie dei regolamenti emanate in base ai trattati
prevalgono sulla Costituzione italiana?
❍ Quali sono i principali organi della Unione Europea?
❍ Quali sono le fonti di finanziamento della Unione Europea? Come
avviene al riscossione?
❍ Cosa vuol dire che un regolamento è “direttamente applicabile” in
ciascuno degli stati membri?
❍ Quali sono gli aspetti positivi della moneta unica?
❍ Quali sono gli aspetti negativi della moneta unica?
❍ Quali sono i
fattori che sono alla base del processo di integrazione europea?
● Crisi
degli stati nazionali
L’idea
di stato nazionale deriva dalla fusione dei concetti di stato e nazione, che
nel linguaggio corrente sono identificati, mentre nel linguaggio dei giuristi e
dei politologi sono tenuti ben distinti.
L'idea
di stato sovrano nasce tra la fine del medioevo e il 1600.
L'idea
di nazione nasce dalla fine del Settecento, a partire dalla Rivoluzione
Francese, e prosegue nell`Ottocento, come reazione al razionalismo e
cosmopolitismo illuministici. Si basa sulla convinzione che esistano elementi
comuni a un gruppo di persone, che identificano tale gruppo rendendolo diverso
dagli altn: lingua, religione, storia, usi, costumi, tolclore, tradizione,
cultura, territorio.
Nel
corso dell'Ottocento ci si spinge ad affermare che ogni nazione avrebbe un
territorio naturale, dei confini naturali: le Alpi per L'Italia, il Reno tra
Francia e Germania, i Pirenei tra Francia e Spagna ecc. Si arriva alla fine ad
affermare la comlmità di sangue: ogni nazione sarebbe una comunità di sangue,
con una precisa identità razziale, e quindi ogni comunità dovrebbe essere
etnicamente pura e incontaminata.
Da qui
le aberrazioni razziste dell'Europa nella prima metà del nostro secolo. Tra
l'inizio del 1800 e i primi decenni del 1900,
allo sfaldamento dei grandi imperi, nasce la maggior parte degli attuali
stati nazionali.
Oggi
il modello dello stato nazionale è in crisi. La rivoluzione industriale
l'aumento delle capacita produttive e l'enorme sviluppo dei mezzi di trasporto
hanno portato ad un allargamento degli scambi e dei mercati, generando un
fenomeno nuovo: la interdipendenza. Ogni paese che si avvia verso la
rivoluzione industriale aumenta progressivamente la sua dipendenza dal mercato
mondiale da cui deve importare ciò che non ha e verso cui deve esportare ciò
che possiede in eccedenza.
La
rivoluzione industriale si accompagna ad uno sviluppo sino ad allora ignoto dei
mezzi di comunicazione e di informazione: telefono, radiocomunicazioni, telematica. Il mondo
diventa sempre più piccolo, fino a potersi definire un "villaggio
globale", vale a dire un mondo interdipendente, dove i problemi diventano
sempre più problemi sovranazionali e internazionali.
In
una società umana interdipendente, se uno stato fa delle scelte, queste
producono effetti nel resto del mondo: ad esempio le decisioni sul tasso di
sconto prese dalla Bundesbank, la banca centrale tedesca, producono effetti che
si risentono in tutto il resto del mondo; come pure le crisi delle borse di New
York e Tokio. La disoccupazione
giovanile europea ha origine nel basso costo del lavoro che il sud est asiatico
offre alla industria occidentale. Il taglio della foresta amazzonica e in
genere l'inquinamento locale ha ripercussioni mondiali. Se una centrale
nucleare esplode ne risulta inquinata tutta la terra. Anche il sottosviluppo è
un fatto che non può più essere ignorato dai paesi ricchi, perché provoca grandiosi
flussi migratori, con la conseguenza che gli abitanti di tali paesi debbono
convivere con individui appartenenti a culture e nazioni radicalmente diversi
dalla propria.
Come
conseguenza di tutti questi cambiamenti uno stato nazionale diventa incapace di
risolvere problemi diventati ormai più grandi di lui: di dimensione
continentale o mondiale. Un esempio è l’inquinamento, nei cui confronti uno
stato è impotente: l'Italia può emanare leggi che proibiscano l’uso
dell’energia nucleare, ma a pochi chilometri dal suo confine la Francia
costruisce enormi reattori nucleari. La crisi dello stato nazionale si
manifesta con tutta la sua evidenza con la seconda guerra mondiale, quando anche i vincitori, come Inghilterra e
Francia, debbono constatare di essere stati sconfitti sul piano storico: i veri
vincitori sono le superpotenze, Russia e Stati Uniti, che si spartiscono
l'Europa secondo "zone di influenza”: l'Europa, divisa in piccoli stati
nazionali. ha ormai perso la sua egemonia.
● Danni
e rischi del nazionalismo e del protezionismo
Nazionalismo
e protezionismo sono alla radice di quel tipo di sviluppo basato sul confronto
e conflitto tra stati, il cui sbocco inevitabile è sempre stato la guerra, che
ha funestato l'Europa degli stati dal 1648, data del Trattato di Westfalia,
alla seconda guerra mondiale. La pace, che è condizione di progresso, non può
essere durevolmente assicurata se i paesi si rinchiudono in un isolamento che
ostacola la circolazione delle idee, delle persone i commerci e favorisce le visioni
ristrette ed egoistiche.
● Contrastare
lo strapotere economico degli Stati Uniti e del Giappone e rilanciare l’Europa
❍ Si deve
parlare di "Comunità europea'` o di `'Unione europea"?
E’
preferibile ormai parlare di "Unione Europea" invece che "Comunità
Europea". La “Comunità Europea" è infatti uno dei tre “pilastri”
della Unione Europea previsti dal Trattato di
Maastricht, anche se è vero che la completa Unione Europea, politica
oltre che monetaria, prevista dal Trattato di Maastricht, è ben lontana
dall'essere completamente realizzata. Specie in campo politico.
❍ Quali sono i trattati e gli
accordi su cui si basa la attuale Unione Europea? Quali passi avanti ha fatto
fare ciascuno di essi all'integrazione europea?
I
trattati su cui si basa l'Unione Europea sono:
● Trattato
CECA (entrato in vigore nel 1952)
● Trattato
CEE (entrato in vigore nel 1958)
● Trattato
EURATOM (entrato in vigore nel 1958)
● Atto
Unico Europeo (firmato nel 198ó ed entrato in vigore nel 1987)
● Trattato
di Maastricht (firmato nel 1992, entrato in vigore nel 1993, dopo la ratifica
dei singoli parlamenti nazionali)
● Trattato
di Amsterdam (firmato nel 1997 ed entrato in vigore nel 1999)
❍ Come si coordinano tra loro
Trattato CE, Atto Unico Europeo e Trattato di Maastricht?
Sia
l'Atto Unico Europeo che il Trattato di Maastricht contengono, accanto ad
alcuni articoli che rimangono fuori del trattato CE, articoli che hanno
modificato i trattati CE. CECA ed EURATOM.
Si
può quindi dire che, a parte un piccolo numero di articoli che, non essendo di
carattere strettamente economico non sono potuti entrare nei trattati già
esistenti, gli altri articoli si sono trasfusi nei trattati gia esistenti.
❍ Che rapporti vi sono tra CECA, EURATOM. CE,
UE? Esistono ancora le tre comunità CECA, EURATOM, CE?
Le
tre comunità CECA, CE ed EURATOM
continuano ad esistere, ma hanno organi comuni: la Commissione, il Consiglio
dei Ministri e la Corte di Giustizia si riuniscono volta per volta come organi
CE o come organi CECA o come organi EURATOM, che rimangono comunque tre
comunità tuttora distinte, con trattati e obiettivi differenti.
❍ Quali sono le
novità introdotte dall’Atto Unico Europeo?
● Valorizzazione
del ruolo del Consiglio Europeo come centro di cooperazione politica per
l’attuazione di nuovi passi avanti nell’integrazione europea oltre la
cooperazione economica prevista nei trattati CECA, CEE ed EURATOM. Il Consiglio
Europeo non è un organo della Comunità, ma opera mantenendosi in contatto col
Parlamento e la Commissione.
Per
la prima volta si parla di “cooperazione politica”, che dovrebbe portare a
trasformare le Comunità economiche europee in “Unione Europea”
● Introduzione
del voto a maggioranza, anziché all’unanimità, nel Consiglio dei Ministri, in
alcune limitate materie
● Rilancio
dell’idea di mercato comune e previsione di un mercato interno senza frontiere
entro il primo Gennaio 1993
● Rafforzamento
della politica sociale CEE ed introduzione di nuove politiche
❍ Quali sono le novità introdotte
dal Trattato di Maastricht?
● Il
Trattato allarga ancora di più gli obiettivi e le politiche della CEE (cultura,
sanità pubblica, protezione dei consumatori, ricerca e sviluppo tecnologico,
ambiente ecc.)
● Il
Trattato introduce, in alcune materie, della procedura di “codecisione” e di
quella di “cooperazione” che attribuiscono un notevole ruolo al Parlamento
Europeo nella emanazione dei regolamenti comunitari rispetto alla procedura
normale, detta di “consultazione”
● Il
Trattato stabilisce le tappe dell’Unione economica e monetaria, che realizzerà
la moneta unica
● Il
Trattato getta le basi per gli altri due “pilastri” (come vengono detti in
gergo giornalistico) della Unione Europea: la PESC (“Politica europea di
sicurezza comune”) che rappresenta una collaborazione nel settore della difesa,
e la “Politica di cooperazione nel campo della giustizia e degli affari
interni” (polizia e giustizia). Con la PESC e la cooperazione nel campo della
giustizia e degli affari interni l’Unione Europea disporrà delle funzioni che
tipicamente competono agli stati sovrani: la moneta, la difesa e la giustizia
● Il
Trattato stabilisce i principi essenziali della “cittadinanza europea”
❍ Cosa si intende per "Unione
Europea"? Che differenza c'è rispetto a "Comunità Europea"? Cosa
sono i "Tre pilastri" dell'Unione Europea?
L'art.
A del Trattato di Maastricht stabilisce che l'Unione Europea "è fondata
sulle Comunità europee, integrate dalle politiche e forme di cooperazione
instaurate dal presente trattato"
Le
"politiche e forme di cooperazione" cui si allude sono:
● Politica
estera e sicurezza comune
● Cooperazione
in materia di giustizia e di affari interni.
L'art.
A del Trattato ha fatto entrare nell'uso giornalistico l'espressione che parla
di "tre pilastri" della UE:
● La
organizzazione e le forme di collaborazione create dai trattati CEE, CECA,
EURATOM, estesa dal Trattato di Maastricht fino a comprendere l'Unione
Economica e Monetaria.
● La
politica estera e di sicurezza comune (PESC)
● La
cooperazione in materia di giustizia e di affari interni
L'espressione
"Comunità Europea" si usa per denominare il primo pilastro, che
riguarda gli aspetti economici della unificazione. Il secondo e il terzo
pilastro sono invece i due elementi della nascente unione politica. A rigor di
termini, per designare l'intera estensione della realtà europea, dovrebbe
usarsi il termine "Unione Europea". Tuttavia è ancora frequente l'uso
di "Comunità Europea" per indicare in realtà l'Unione.
La
politica estera e di sicurezza comune e la cooperazione giudiziaria e sugli
affari interni sono nettamente distinte dalle politiche comunitarie indicate
nel Trattato CE (politica agricola, politica sociale, ecc.) Esse non sono state
inserite in tale trattato, bensì Trattato di Maastricht, perché si attuano con
una procedura diversa. Rimane infatti ai singoli stati membri adottare le decisioni
in materia. Questa nuova formula per l'adozione di decisioni, che non utilizza
le deliberazioni del Consiglio, ma accordi intergovernativi, è il risultato di
un faticoso compromesso tra gli stati membri federalisti e gli altri stati che
preferivano invece una maggiore cooperazione intergovernativa. Il Trattato però
esclude che i meccanismi e le procedure comunitarie possano applicarsi al
secondo e terzo "pilastro" ed esclude che sulle attività riguardanti
queste materie possa aversi competenza della Corte di giustizia. Il che vuol
dire che queste forme di cooperazione sono affidate ad accordi che gli stati
volontariamente stipulano al di fuori delle procedure della Comunità Europea.
Si
parla, a questo proposito, del principio del "doppio binario", già introdotto
dall'Atto Unico Europeo: la cooperazione economica procede lungo il binario
delle procedure comunitarie, con il consiglio che delibera in maniera
vincolante su proposta della Commissione; la cooperazione politica procede
invece per la via degli accordi intergovernativi.
Tuttavia,
rispetto all'Atto Unico, si è cercato per quanto possibile di realizzare quello
che il Trattato chiama un "quadro istituzionale comune": le stesse
istituzioni utilizzate per governare la Comunità Europea (Consiglio della
Comunità, Commissione, Parlamento) sono utilizzate (sia pure in modo diverso)
per realizzare la cooperazione intergovernativa. Il Consiglio delle Comunità è
utilizzato come sede di incontro dei governi per la PESC e la cooperazione
sulla giustizia, al di fuori delle procedure di voto della Comunità (l'art. J.2
dice che "gli stati membri si coordinano e si concertano in sede di
Consiglio delle Comunità"), e il Parlamento e la Commissione sono
coinvolti, come mediatori, nel processo attraverso cui si perviene agli accordi
intergovernativi.
Viene
inoltre stabilito un collegamento del Consiglio europeo stesso con il
Parlamento europeo (accanto a quello già esistente con la Commissione)
attraverso la presentazione di relazioni periodiche scritte ed orali.
Oltre
ad avere una competenza esclusiva per le materie estranee alla Comunità,
cioè politica estera, politica si
sicurezza comune, cooperazione nel settore della giustizia e degli affari
interni (i cosiddetti secondo e terzo pilastro), il Consiglio, nel settore di
competenze comunitarie anteriormente escluso, si vede oggi riconoscere talune
specifiche attribuzioni.
In
particolare ad esempio nel campo della politica economica, l'art. 102 A del
Trattato CE. stabilisce che "gli stati membri attuano la loro politica
economica allo scopo di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della
Comunità definiti all'art. 2 e nel contesto degli indirizzi di massima di cui
all'art. 103, paragrafo 2", e l'art. 103 paragrafo 2 stabilisce che
"il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, su raccomandazione
della Commissione elabora un progetto di indirizzi di massima per le politiche
economiche degli stati membri e della comunità e ne riferisce le risultanze al
Consiglio Europeo. Il Consiglio Europeo, deliberando sulla base di detta
relazione del consiglio, dibatte delle conclusioni in merito agli indirizzi di
massima per le politiche economiche degli stati membri e della comunità. Sulla
base di dette conclusioni, il Consiglio deliberando a maggioranza qualificata,
adotta una raccomandazione che definisce i suddetti indirizzi di massima. Il
consiglio informa il Parlamento europeo in merito a tale raccomandazione".
Le
decisioni del Consiglio Europeo, proprio ad evitare interferenze con la
struttura comunitaria, non assumono mai la veste di atti tipici, bensì quella
di "comunicati finali" (atti propri delle conferenze
intergovernative), di "risoluzioni e "dichiarazioni", queste
ultime aventi carattere più solenne e limitate a circostanze eccezionali
(Dichiarazione sulla identità europea di Copenaghen del 1973 e sulla Unione
Europea di Stoccarda del 1983).
Una
dichiarazione allegata al trattato precisa infatti che la presidenza del
consiglio europeo invita i ministri degli affari economici e delle finanze a
partecipare alle sessioni del consiglio quando quest'ultimo tratta di problemi
relativi all'unione economica e monetaria.
Il
Consiglio Europeo, che non è un organo della Comunità, diviene il motore di
tale cooperazione politica, in quanto stabilisce sia "gli orientamenti generali
della PESC" (art. J.3 Trattato di Maastricht), sia "gli orientamenti
politici generali" dell'Unione (art. D Trattato di Maastricht).
In
sintesi la struttura dell'Unione Europea si può così riassumere: al vertice il
Consiglio Europeo, con competenze esclusive nelle materie oggetto di
cooperazione fra gli stati e competenze di indirizzo generale su tutta
l'attività dell'Unione, ivi compreso il settore comunitario; quindi le
istituzioni comunitarie: Parlamento europeo e Commissione che, oltre alle competenze
specifiche nell'ambito della Comunità, partecipano anche al settore della
cooperazione fra Stati, ed infine le altre istituzioni della Comunità e in
particolare il Consiglio dei Ministri, affiancato dal Comitato dei
rappresentanti permanenti (COREPER), la Corte di Giustizia affiancata dal
Tribunale di I grado e la Corte dei Conti. Alle Istituzioni così indicate si
aggiungono due organi consultivi: il Comitato economico e Sociale ed il
Comitato delle Regione. La struttura è completata dalla Banca Europea degli
Investimenti, da sempre presente in ambito comunitario; dal Sistema Europeo di
Banche Centrali (SEBC), dalla Banca Centrale Europea (BCE) e dall'Istituto
Monetario Europeo (IME); strutture queste create con il Trattato di Maastricht
nell'ambito della unione economica e monetaria.
❍ Quali sono i
poteri del Parlamento Europeo?
Il
Parlamento Europeo non può emanare norme o altre prescrizioni giuridiche (es.
provvedimenti o decisioni) vincolanti ed obbligatorie, tranne quelle del
proprio regolamento interno.
Può
emanare atti chiamati genericamente "deliberazioni", che non hanno
potere vincolante: mozioni, risoluzioni ecc. Inoltre ha poteri di controllo e
scioglimento.
Partecipa,
con la consultazione, la cooperazione e la codecisione, al processo per
l'adozione degli atti comunitari da parte del Consiglio delle Comunità.
Ha un
potere di iniziativa: a maggioranza dei suoi membri può chiedere alla
Commissione di presentare adeguate proposte sulle questioni per le quali reputa
necessaria l'elaborazione di un atto della Comunità ai fini dell'attuazione del
Trattato CE.
❍ Che differenza c’è tra
“Consiglio delle Comunità Europee”, “Consiglio Europeo” e “Consiglio d’Europa”?
● Il
Consiglio delle Comunità Europee, detto anche "Consiglio dei
Ministri" è composto da un ministro per ciascun stato membro (a seconda
dell'argomento in discussione), ed è l'organo legislativo delle Comunità.
● Il
"Consiglio Europeo", istituito nel dicembre 1974 ed
istituzionalizzato dall'Atto Unico, è la riunione semestrale dei capi di stato
e di governo e del Presidente della Commissione delle Comunità, assistiti dai rispettivi ministri
degli esteri e da un vicepresidente della commissione, non è un organo delle
Comunità Europee, ma un organo della cooperazione politica prevista, accanto
all'attività delle Comunità, dall'Atto Unico Europeo e dal Trattato di
Maastricht. Ha poi un'altra importantissima funzione: "dà all'Unione
l'impulso necessario al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti politici
generali" (art. C Trattato di Maastricht). Il Consiglio Europeo, non è una
conferenza intergovernativa né una istituzione della Comunità Europea. Non si
può ritenere una istituzione della Comunità, ma dell'Unione. Potrebbe essere
definito "organo" dell'Unione.
● Il
"Consiglio d'Europa" è una organizzazione internazionale diversa
dalle Comunità Europee, istituita a Londra il 5 maggio 1949 da dieci stati
europei, tra cui l'Italia. La sua sede è Strasburgo. Gli obiettivi sono: la
promozione della democrazia pluralista, la protezione dei diritti dell'uomo e
lo sviluppo del diritto internazionale in molteplici settori. Attualmente sono
membri del consiglio d'Europa 26 stati, tra cui la Repubblica ceca e
l'Ungheria. L'organizzazione svolge la propria attività promuovendo la
discussione di questioni di interesse comune e la stipulazione di convenzioni.
Fra queste le più importanti sono state la carta sociale europea e la
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali.
❍ Come si coordinano tra loro le
competenze della Comunità e quelle dei singoli stati? Cosa si intende per
"principio di sussidiarietà"? Cosa si intende per "principio di
collaborazione"? Cosa si intende per "principio di
proporzionalità"? Cosa sono i "poteri impliciti" di cui parla
l'art. 235 del Trattato della Comunità Europea?
Nel
sistema dei trattati non esistono norme generali, identiche per tutti i settori
di azione della UE, sulla ripartizione di competenze tra l’Unione e i singoli
stati, né a tal fine sono utili le norme relative alle singole istituzioni.
Occorre
invece riferirsi alle disposizioni dei Trattati che per ciascun settore (libera
circolazione, agricoltura, trasporti ecc), indicano gli obiettivi da
perseguire, i poteri a tal fine attribuiti, l'organo o gli organi competenti e
le condizioni e modalità d'azione.
Le
competenze possono essere pertanto assai diverse da un settore all'altro;
particolarmente ampie, ad esempio, per l'eliminazione degli ostacoli alla
libera circolazione delle merci, specie nel periodo transitorio; essenzialmente
limitate al coordinamento delle legislazioni nazionali, come si verifica
nell'ambito del diritto di stabilimento o della politica sociale; praticamente
limitate ad una attività di gestione in settori già concretamente disciplinati
dal Trattato, com'è il caso della politica di concorrenza.
A
volte poi la formulazione ampia ed imprecisa utilizzata, apre la strada ad una
potenzialità quasi illimitata di competenze. In tal senso ad esempio i poteri
in materia di riavvicinamento delle disposizioni legislative regolamentari e
amministrative degli stati membri che hanno un'incidenza diretta sullo
stabilimento e sul funzionamento del mercato comune" (art. 100)
Vi
sono aree di esclusiva competenza della Comunità, nelle quali tutti i poteri
sono ormai passati agli organi comunitari: tra le altre, la politica agricola,
la politica commerciale delle tariffe doganali verso i paesi extra-UE, la
politica monetaria (con l'attuazione dell'UEM), la politica carbo-siderurgica,
la gestione del mercato unico
Vi
sono invece numerose materie che non sono riservate alla esclusiva competenza
degli organi della Comunità. Si pensi alla politica ambientale, alla politica
sociale, alla politica della ricerca scientifica, ecc.
L'art.
3B del Trattato della Comunità Europea stabilisce che in tal caso si applica il
"principio di sussidiarietà" per stabilire il limite delle competenze
comunitarie e di quelle statali: "La Comunità agisce nei limiti delle
competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal
presente trattato. Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la
Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e
nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere
sufficientemente realizzati dagli stati membri e possono dunque, a motivo delle
dimensioni o degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati meglio a
livello comunitario. L'azione della Comunità non va al di là di quanto
necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente trattato".
Anche
l'articolo B, comma 2 del Trattato di Maastricht, stabilisce che "Gli
obiettivi dell'Unione saranno perseguiti conformemente alle disposizioni del
presente trattato, alle condizioni e secondo il ritmo ivi fissati, nel rispetto
del principio di sussidiarietà definito all'art. 3B del trattato che istituisce
la Comunità Europea".
Ma il
principio di sussidiarietà è stato anche
utilizzato per disegnare con precisione
le competenze della Comunità nei
vari settori, e sarà utilizzato per stabilire la ripartizione dei compiti
all’interno dell’Unione politica che si sta costituendo (secondo e terzo
pilastro dell’Unione Europea).
L’applicazione
del principio di sussidiarietà comporterà che in certi settori sarà
riconosciuta una esclusiva competenza del singolo stato.
In
altri settori, invece, vi sarà una “competenza concorrente” della Comunità
insieme con quella dei singoli stati, e l’azinoe della Comunità si può
coordinare con quella degli stati nel modo più vario: al livello più basso,
potrà consistere ad esempio nella fissazione di regole minime in taluni
settori, mentre gli stati possono adottare misure di protezione più ampie,
oppure in semplici azioni di incoraggiamento delle politiche di cui gli stati
rimangono i principali responsabili.
❍ Quali sono gli
obiettivi della PESC?
L'art.
J.1 secondo comma del trattato di Maastricht indica, come obiettivi: la
salvaguardia dei valori comuni, degli interessi fondamentali e
dell'indipendenza dell'Unione, il rafforzamento della sicurezza dell'Unione e
dei suoi Stati membri, il mantenimento della pace ed il rafforzamento della
sicurezza internazionale, conformemente ai principi dello Statuto delle Nazioni
Unite, nonché ai principi dell'Atto finale di Helsinki e agli obiettivi della
Carta di Parigi, la promozione della cooperazione internazionale, lo sviluppo e
il rafforzamento della democrazia e dello Stato di diritto nonché il rispetto
dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
La
politica estera e di sicurezza comune comprende tutte le questioni relative alla
sicurezza dell'Unione europea, ivi compresa la definizione a termine di una
politica di difesa comune, che potrebbe successivamente condurre ad una difesa
comune. L'UEO giocherà un ruolo importante nella difesa comune, come organo
esecutivo delle decisioni e delle azioni dell'Unione (art. J.4 comma 2)
❍ Quali sono le
procedure attraverso cui si attua la PESC?
In
base all'art. J.1 comma 3, l'Unione instaura "una collaborazione
sistematica tra gli stati membri per la condotta della loro politica". Tale
collaborazione, detta anche "cooperazione politica" si attua a
livello intergovernativo, ed utilizza gli organi delle Comunità solo come sede
di dibattito e di deliberazione.
Il
principio della cooperazione intergovernativa in materia di politica estera era
già stato introdotto dall'Atto Unico Europeo. Ma, mentre l'Atto Unico nulla
disponeva circa le forme della collaborazione intergovernativa, il Trattato di
Maastricht stabilisce (art. J.3) che il Consiglio europeo definisce gli
orientamenti generali della PESC, e il Consiglio delle Comunità Europee funge
da luogo di consultazione e informazione reciproca (art. J.2); la consultazione
ha luogo prima che i governi assumano posizioni definitive. Ogni governo è
invitato comunque a tenere conto delle posizioni degli altri governi.
Sempre
in sede di Consiglio delle Comunità, gli stati possono stabilire una posizione
comune o adottare una azione comune, qualora lo ritengano necessario.
E' il
Consiglio dei Ministri che, in base agli orientamenti del Consiglio Europeo,
stabilisce quando sia necessaria una posizione comune, precisandone la portata,
gli obiettivi, i mezzi, le procedure e le condizioni di attuazione.
Lo
stesso consiglio, decidendo all'unanimità, può indicare le questioni per le
quali le decisioni possono essere prese a maggioranza qualificata.
Gli
stati, una volta accordatisi, assicurano la conformità delle loro politiche
nazionali con le posizioni comuni e coordinano le loro azioni nell'ambito delle
organizzazioni internazionali nelle quali difendono le posizioni comuni.
La
Commissione partecipa alla cooperazione, principalmente con la sua presenza in
sede di Consiglio Europeo e di Consiglio dei Ministri.
Il
Parlamento è informato e a sua volta informa delle sue posizioni i governi.
I
direttori politici si riuniscono regolarmente nell'ambito del Comitato Politico
allo scopo di dare il necessario impulso, di mantenere la continuità della
cooperazione politica europea e di preparare la discussione tra i ministri. Le
competenze del Comitato politico si intrecciano in modo poco chiaro con quelle
del COREPER.
In
una dichiarazione allegata a Maastricht gli stati membri si impegnano a
coordinare meglio la azione dei due comitati. In base all'art. J.5, la
presidenza della cooperazione politica europea viene assunta da quello degli
stati che esercita la presidenza del Consiglio delle Comunità Europee (la
presidenza è tenuta a rotazione, per un semestre da ciascuno stato).
La
Presidenza è responsabile dell'attuazione delle azioni comuni. Una posizione
comune determina un atteggiamento comune nelle istituzioni internazionali e
nelle conferenze internazionali
Le
azioni comuni riguardano le questioni "che presentano importanti interessi
in comune". Nell'ambito dei lavori preparatori, quattro settori sono stati
individuati in particolare: il processo di realizzazione della OSCE; la
politica di disarmo e del controllo degli armamenti; la non proliferazione
nucleare; il controllo del trasferimento della tecnologia militare verso i
paesi terzi e l'esportazione delle armi. Successivamente, il consiglio europeo
di Lisbona del giugno 1992, ha anche individuato nel Maghreb, nel medio
oriente, nell'Europa dell'est e nell'ex Unione Sovietica le zone geografiche
che possono costituire oggetto di azioni comuni dell'unione. Il consiglio del
20 ottobre 1993 riunito a Bruxelles ha confermato le precedenti aree
geografiche, inserendovi altresì il Sud Africa e l'ex Yugoslavia. Per il Sud
Africa, l'Unione è chiamata ad attuare un quadro di cooperazione tale da
consolidare le basi economiche e sociali della transizione verso una società
multirazziale; per l'ex Yugoslavia si ribadisce l'esigenza di favorire una
soluzione negoziata e durevole del conflitto, lo svolgimento delle attività
umanitarie e l'applicazione di un piano di pace quando sarà accettato dalle
parti.
❍ Quali sono gli obiettivi della
cooperazione in materia di giustizia e di affari interni?
In
base all'art. K.1, la cooperazione riguarderà le più importanti attività di
polizia e la giustizia civile e penale:
● la
politica di asilo
● Le
norme che disciplinano l'attraversamento delle frontiere esterne degli stati
membri da parte delle persone e i relativi controlli
● La
politica di immigrazione
● La
lotta contro la tossicodipendenza
● La
lotta contro la frode su scala internazionale
● La
cooperazione giudiziaria in materia civile e penale
● La
cooperazione doganale
● La
lotta al terrorismo e la criminalità internazionale
L'azione
degli stati avverrà nel rispetto della Convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Roma il 4
novembre 1950 e della convenzione relativa allo status dei rifugiati del 28
luglio 1951.
❍ Quali sono le procedure della
cooperazione in materia di giustizia e affari interni?
Esattamente
come nel caso della PESC, "gli stati membri si informano e si consultano
reciprocamente, in seno al Consiglio, per coordinare la loro azione" (art.
K.3 comma 1)
In
aggiunta, essi realizzano una collaborazione permanente e uno scambio di
informazioni tra le loro amministrazioni preposte all'ordine e alla sicurezza
pubblica.
La
cooperazione può condurre ad adottare posizioni comuni ed azioni comuni, che
vengono decise dal Consiglio delle Comunità.
In
seno al consiglio, le procedure di decisione di azioni e posizioni comuni
prevedono un diritto di iniziativa diverso in base alle materie; soltanto gli
stati, ad esempio, e non la Commissione, possono proporre al consiglio azioni
relative alla cooperazione giudiziaria penale, alla cooperazione doganale ed a
quella fra le polizie; per le altre materie, invece , l'iniziativa è
riconosciuta anche alla commissione, e, per quanto attiene poi alle procedure
per le delibere all'unanimità o a maggioranza qualificata, le disposizioni sono
analoghe a quelle già esaminate in materia di politica estera e di sicurezza
comune.
Il
Consiglio ha la possibilità di procedere alla conclusione di convenzioni
internazionali di cui raccomanderà l'adozione agli stati membri secondo le
rispettive norme costituzionali. Un comitato di coordinamento composto da alti
funzionari agevola l'espletamento delle funzioni del Consiglio.
❍ Come
funzionava il sistema monetario europeo (SME)? Esiste ancora?
Nel
1978, al summit di Brema, tutti i paesi appartenenti alla Comunità, ad
eccezione della Gran Bretagna (che aderì nel 1990) aderirono ad un accordo che
prevedeva tassi di cambio fissi. Questo accordo fu definito “Sistema Monetario
Europeo” (SME).
Lo
SME cessa di avere vigore per i paesi che entrano nel gruppo della moneta
unica.
Nascerà
un nuovo sistema di cambio (SME2) per regolare i rapporti tra l’Euro e le
valute dei paesi dell’Unione Europea non partecipanti all’unificazione
monetaria (per libera decisione o perché non ancora in regola con i parametri);
ciò è finalizzato a impedire la
possibilità di svalutazioni competitive
da parte di questi ultimi; lo SME2 assume particolare importanza anche
in relazione alla politica di allargamento dell’Unione Europea a nuovi paesi
non ancora in grado di rispettare i parametri necessari per la partecipazione
all’Unione Monetaria.
❍ Quali sono le
tappe dell’Unione Economica e Monetaria?
L’Euro
è entrato ufficialmente in vigore il 1° Gennaio 1999 come moneta di conto
(detta anche scritturale), ossia concepita in termini puramente
contabili (i nuovi prestiti pubblici, per esempio, vengono emessi in euro, i
regolamenti tra le banche vengono denominati in euro ecc.) ,a non circolante
concretamente tra i paesi dell’Unione
Europea.
Ciò
avverrà soltanto a partire dal 1° Gennaio 2002. Le altre valute manterranno il
loro valore legale sino al 31 marzo dello stesso anno, periodo giudicato
necessario (e sufficiente) per il completamento del “cambio della guardia” e
anche per consentire alle popolazioni coinvolte in questo importante evento di
abituarsi alla nuova moneta.
Dal
1° Aprile 2002 l’Euro sarà l’unica moneta circolante fra i paesi che l’avranno
adottata e la moneta di riferimento dell’Unione Europea.
❍ Cosa sono i ”criteri di
convergenza” stabiliti dal trattato di Maastricht per l’ingresso di uno stato
nell’unione economica e monetaria?
I
criteri di convergenza fissati a Maastricht prevedevano che tutti i paesi
dovessero raggiungere, entro la fine del 1997, i seguenti risultati:
● Un
tasso di inflazione non superiore dell’1,5% rispetto alla media dei tre paesi
dell’Unione che avessero fatto registrare, nel corso dell’anno precedente, i
più bassi tassi di inflazione (o, come anche si è detto, la migliore
performance in termini di stabilità monetaria)
● Un
tasso di interesse a lungo termine non superiore del 2% rispetto alla media dei
tassi di interesse relativi ai tre paesi dell’Unione con la migliore
performance in termini di stabilità monetaria accertata nel corso dell’anno
precedente
● Una
condizione di permanenza della valuta nel Sistema Monetario Europeo (SME) da
almeno due anni senza svalutazioni
● Un
rapporto tra il disavanzo pubblico annuale e il Prodotto Interno Lordo
(deficit/PIL) non superiore al 3%
● Una
rapporto tra il debito pubblico e il Prodotto Interno Lordo (debito/PIL) non
superiore al 60%
Quest’ultimo
criterio, particolarmente difficoltoso da realizzare per alcuni paesi (in particolare il Belgio e
l’Italia) a causa dell’ingente indebitamento pubblico accumulatosi nel corso
degli ultimi decenni, non era prescrittivi come i precedenti. Una clausola
specifica dell’accordo (cosiddetta clausola di salvaguardia), infatti,
prevedeva che un paese fosse considerato “in linea” con i parametri di
stabilizzazione della propria economia qualora, pur non avendo raggiunto la
percentuale stabilita nell’accordo (il 60% del PIL), il volume del debito
pubblico avesse comunque manifestato una tendenza alla riduzione “in misura
sufficiente”, avvicinandosi “al valore di riferimento con ritmo adeguato”, in
armonia con le strategie di intervento attivate dalle autorità monetarie e
governative del paese per risanare i conti pubblici.
❍ I “criteri di convergenza”
avranno un ruolo importante anche dopo la creazione della Unione Economica e
Monetaria?
Passato
l'esame di ammissione, alcuni criteri stabiliti a Maastricht terminano la loro
funzione "selettiva". Per esempio, viene meno il requisito della
stabilità dei cambi semplicemente perché nell'Unione spariscono i cambi. Anche
i tassi si livelleranno in tutti i paesi, in quanto vi sarà libertà di
circolazione dei capitali. Infine, se i prezzi di un paese aumenteranno più di
quelli di un altro paese, le sue imprese diventeranno non competitive e si
scatenerà una disoccupazione che costringerà ad allineare l'inflazione con
quella degli altri paesi. Rimarranno
importanti, quindi, solo i parametri finanziari: deficit pubblico e debito
pubblico.
❍ L’Italia
rientra nei “criteri di convergenza”?
Va
anzitutto notato che il criterio del rapporto debito/PIL inferiore al 60%,
particolarmente difficoltoso da realizzare
per alcuni paesi (in particolare il Belgio e l’Italia) a causa
dell’ingente indebitamento pubblico accumulatosi nel corso degli ultimi
decenni, non era prescrittivo come i precedenti. Una clausola specifica
dell’accordo (cosiddetta clausola di salvaguardia), infatti, prevedeva
che un paese fosse considerato “in linea” con i parametri di stabilizzazione
della propria economia qualora, pur non avendo raggiunto la percentuale
stabilita nell’accordo (il 60% del PIL), il volume del debito pubblico avesse
comunque manifestato una tendenza alla riduzione “in misura sufficiente”,
avvicinandosi “al valore di riferimento con ritmo adeguato”, in armonia con le
strategie di intervento attivate dalle autorità monetarie e governative del
paese per risanare i conti pubblici.
Alla
fine del 1997, dei quindici paesi aderenti all’Unione Europea soltanto uno – la
Grecia – non era riuscito a centrare l’obiettivo della convergenza ed è stato,
quindi, escluso dalla moneta unica. Altre tre paesi – il Regno Unito, la
Danimarca e la Svezia – per distinte ragioni hanno deciso di non entrare
nell’area dell’Euro pur avendo raggiunto nel frattempo un soddisfacente livello
di stabilizzazione delle rispettive economie.
Per
quanto riguarda l’Italia, va osservato che il processo di risanamento dei conti
pubblici ha comportato sacrifici non indifferenti. Al momento in cui è stato
sottoscritto l’impegno alla costruzione dell’Unione Economica e Monetaria
l’Italia aveva un tasso di inflazione più che doppio rispetto a gran parte
degli altri partner europei, e un differenziale analogo con riferimento al
tasso di interesse a lungo termine. Inoltre, la lira era stata costretta a
uscire dal sistema monetario europeo e
si era fortemente svalutata. Le finanze pubbliche, infine, erano del tutto
“fuori norma”: il rapporto deficit/PIL era al 13% circa e il rapporto
debito/PIL superava ampiamente il 120%.
Nel
volgere di pochi anni l’Italia ha posto in essere politiche economiche
fortemente restrittive, orientate soprattutto al contenimento dei salari,
attraverso una severa politica dei redditi, e alla riduzione e riqualificazione
della spesa pubblica (specie di quella sociale, che tra tutte ha maggiori possibilità
di essere “compressa” in tempi brevi). Non sono però mancate manovre orientate
sulle entrate (va richiamata, a questo riguardo, l’istituzione di una
imposizione straordinaria definita “contributo straordinario per l’Europa”).
Ciò ha prodotto il duplice notevole risultato di portare il deficit di bilancio
al di sotto del limite fissato dal Trattato, e di invertire l’ormai storica
tendenza del debito pubblico a crescere.
❍ Che differenza c’è tra “area di
libero scambio”, “Unione doganale”, “Mercato unico” e “Unione economica e
monetaria”?
● Un'area
di libero scambio è caratterizzata unicamente dalla eliminazione delle barriere
al passaggio delle merci. Ciascuno stato dell'area mantiene, nei confronti dei
paesi che non ne fanno parte, i rapporti commerciali e doganali che meglio
crede.
● Una
unione doganale ha in più, una tariffa doganale comune. Con essa gli stati
membri perdono la possibilità di modificare a loro piacimento i dazi doganali e
trasferiscono tale compito ad un organismo comune.
● Un
"Mercato unico" realizza non solo la libertà di merci, ma anche
quella di tutti i fattori di produzione, inclusi persone, servizi e capitali, e
si basa sulla armonizzazione della legislazione commerciale e fiscale.
● Una
"Unione Economica e Monetaria" costituisce un mercato unico con una
moneta comune e una politica monetaria comune. I singoli stati rimangono liberi
di attuare politiche di bilancio autonome ma non indipendenti, bensì
coordinate. La legislazione di diritto civile, di diritto tributario e di
diritto commerciale e le norme tecniche dovrebbero, a termine, diventare
uniformi e non solo armonizzate.
❍ Quali sono le
libertà su cui si basa il Mercato Unico?
L’art.
13 dell’Atto Unico Europeo stabilisce che venga realizzato, a partire dal 1993,
un unico grande mercato in Europa, inteso come “uno spazio senza frontiere
interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle
persone, dei servizi e dei capitali”
❍ Quali sono i
principi in materia di libertà di concorrenza?
L'art.
3 del trattato C.E. stabilisce che "l'azione della comunità comporta fra
l'altro, l'istituzione di un regime inteso a garantire che la concorrenza non
sia falsata nel mercato comune".
Nei
sistemi economici ispirati all'economia 'di mercato', per conseguire i migliori
risultati, le decisioni inerenti agli equilibri fra domanda ed offerta debbono
essere adottate liberamente da produttori e consumatori In tale contesto,
l'elemento essenziale è costituito dalla libertà di concorrenza che permette ai
consumatori di godere di un'ampia scelta di prodotti differenti per qualità e
prezzi ed alle imprese di utilizzare al meglio le loro capacità produttive per
ridurre i costi e migliorare i prodotti.
L'equilibrio
fra due posizioni apparentemente antitetiche - il consumatore che aspira al
prodotto migliore con il costo più basso ed il produttore che aspira invece al
maggior ricavo - è il risultato del corretto funzionamento di una economia di
mercato guidata da adeguate regole sulla libertà di concorrenza. Questo ideale
equilibrio è naturalmente contrastato dall'azione delle imprese che tendono con
ogni meccanismo alla realizzazione di un maggiore profitto e dall'azione degli
stati che direttamente o indirettamente, e spesso in una visione
protezionistica del proprio mercato o con strumenti distorti di politica
industriale, ostacolano lo svolgimento del libero gioco delle concorrenza.
Obiettivo
del diritto comunitario è pertanto la fissazione di principi e di successive
norme di attuazione volte ad eliminare gli ostacoli alla libera concorrenza
posti in essere dalle imprese e dagli stati.
Le
disposizioni comunitarie intese alla
realizzazione di un mercato interno europeo non si occupano degli aspetti
puramente nazionali della concorrenza e quindi i due sistemi normativi - quello
nazionale e quello comunitario - possono agevolmente convivere perseguendo
obiettivi conformi, ma in ambiti diversi.
L'Italia,
come noto, è rimasta per anni priva di una legislazione in materia. Dopo
reiterati e infruttuosi tentativi è stata adottata la legge 10 ottobre 1990 n.
287, largamente ispirata ai principi del trattato, nel cui art. 1, utilizzandosi
espressioni tipiche del trattato, espressamente si prevede che essa si applica
"alle intese, agli abusi di posizione dominante ed alla concentrazione di
imprese".
❍ Cosa sono i Regolamenti della
Unione Europea? In cosa si differenziano dalle Direttive della Unione Europea?
I
regolamenti sono atti normativi dotati di portata generale: si applicano
automaticamente in tutti gli stati membri e hanno efficacia diretta e
immediata. Sono quindi obbligatori per tutti i cittadini dell’Unione ed entrano
a far parte dell’ordinamento giuridico di ciascun paese membro, senza bisogno
che essi vengano recepiti da una legge nazionale. Si tratta di una eccezione di
ampia portata rispetto alle regole del diritto internazionale. Infatti di norma
le decisioni degli organismi internazionali vincolano gli stati, ma non
obbligano direttamente i cittadini, finché il loro contenuto non è stato
riprodotto in una legge dello stato stesso.
Poiché
i regolamenti comunitari hanno la stessa
efficacia delle leggi interne, quale rapporto si stabilisce tra queste due
fonti del diritto? Il problema è stato risolto nel trattato istitutivo: nelle
materie di competenza dell’Unione Europea i regolamenti prevalgono sulle leggi
interne dei singoli stati membri. Ciò significa che se il Parlamento italiano
approva una legge in contrasto con un regolamento comunitario, il giudice
italiano è tenuto a disapplicare la disposizione della legge italiana e a tener
conto soltanto delle norme contenute nel regolamento.
I
regolamenti dell’Unione Europea sono quindi fonti del diritto italiano e più
precisamente fonti primarie a competenza speciale. Quest’ultima espressione
significa che nelle materie affidate alla competenza dell’Unione Europea i
regolamenti europei prevalgono, come abbiamo visto, sulle leggi, che sono
invece fonti a competenza generale.
Le
direttive sono atti normativi che vincolano gli stati membri a cui si
rivolgono: esse fissano i risultati da raggiungere, ma lasciano agli stati la
scelta delle forme e dei mezzi da adottare. Si tratta quindi di atti normativi
indirizzati agli stati e non direttamente ai cittadini (non sono fonti del
diritto interno dei singoli stati). Gli stati a cui la direttiva è rivolta sono
tenuti a emanare propri atti normativi che si adeguino al contenuto della direttiva
stessa. Lo strumento della direttiva viene
usato principalmente per
realizzare l’armonizzazione delle
legislazioni nazionali, che è uno degli obiettivi fondamentali dell’Ue. In
questi casi, anziché procedere essa stessa
a emanare norme uniformi per tutti i paesi (come potrebbe fare con un
regolamento) l’Ue preferisce emanare una direttiva, lasciando ai singoli stati il compito di adattare di
conseguenza la propria legislazione nazionale.
❍ Qual è il
procedimento di approvazione dei regolamenti e delle direttive?
I
regolamenti e le direttive sono approvati dal Consiglio dei Ministri (che ha
potere legislativo). Il processo legislativo si mette in moto per iniziativa
della Commissione che predispone un testo di regolamento o di direttiva e lo
presenta al consiglio, il quale, dopo averlo discusso, lo invia a sua volta al
Parlamento europeo.
A
questo punto sono previste diverse
procedure, spesso molto complicate, che vanno applicate a seconda della materia
regolata dall’atto normativo:
● Secondo
la procedura di consultazione, che è quella tradizionale, il parere del
Parlamento non è vincolante e quindi il consiglio può non tener conto del
parere ricevuto
● Secondo
le procedure della cooperazione e della codecisione (introdotte rispettivamente
dall’atto unico europeo e dal trattato di Maastricht) il parlamento può
approvare modifiche ai testi di regolamento o di direttiva che gli vengono
sottoposti e il consiglio dei ministri non può respingerle se non
all’unanimità. In caso di disaccordo tra parlamento e consiglio può intervenire
un comitato di conciliazione che stabilisca una posizione comune ai due organi.
Una
volta approvati dal consiglio, i regolamenti e le direttive sono pubblicati
sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee. Anche la Gazzetta
Ufficiale italiana ne riporta il testo in appositi fascicoli periodici.
❍ Cosa si
intende per “principio della preminenza del diritto comunitario”?
Si
intende che le norme dei trattati e le norme dei regolamenti della Comunità,
emanati in base ai trattati, hanno forza superiore a quella delle leggi
ordinarie del Parlamento: la norma comunitaria abroga la norma di legge
ordinaria, ma non è da essa abrogabile. Una norma di legge ordinaria in
contrasto con una norma comunitaria deve essere disapplicata dal giudice
italiano.
❍ Quali sono le
principali politiche della Comunità Europea?
● Politica
del mercato unico
Vedi
più avanti su questa politica
● Politica
agricola comune (PAC)
Si
tratta della politica più antica della
Comunità e di maggior peso economico (assorbe da sola i due terzi del bilancio
della Comunità). Lo scopo della politica agricola è quello di garantire gli
approvvigionamenti e di correggere gli squilibri presenti nelle agricolture dei
singoli paesi. Il suostrumento principale è il fondo europeo agricolo di orientamento
e garanzia (FEOGA), mediante il quale la Comunità provvede a ritirare le
eccedenze di prodotti agricoli, pagandone il prezzo agli agricoltori ed
evitando un eccessivo ribasso dei prezzi.
● Politica
sociale
Sotto
questo titolo sono ricompresse le misure dirette a correggere gli squilibri che
esistono tra diverse regioni europee e a favorire lo sviluppo delle regioni più
povere, la riconversione delle aree industriali in declino, la crescita dei
psoti di lavoro ecc. Tale politica è stata introdotta dall’Atto Unico Europeo
del 1987 e ha assunto un’importanza crescente dnegli ultimi anni. In pratica la
UE finanzia quei progetti elaborati dalle singole regioni che rientrino in uno
dei cinque obiettivi:
● Promuovere
lo sviluppo delle regioni in ritardo di sviluppo
● Promuovere
la riconversione di aree gravemente colpite dal declino industriale
● Lotta
contro la disoccupazione di lunga durata
● Facilitare
l’inserimento professionale dei giovani
● Promuovere
la modernizzazione dell’agricoltura e lo sviluppo delle zone rurali
A
questo fine la UE ha destinato uan quota rilevante del proprio bilancio ai
fondi strutturali (il Fondo Europeo di sviluppo regionale e il Fondo sociale
europeo) che servono a finanziare tali interventi. Un numero crescente di opere
pubbliche (in Italia come negli altri paesi europei) è attualmente realizzato
con il contributo dell’Unione europea attraverso l’impiego di tali fondi
strutturali
❍ Cos’è la
“cittadinanza europea”?
Con
l’istituzione della cittadinanza dell’Unione sono stati riconosciuti ai
cittadini degli stati membri precisi diritti civili e politici. Tra i
principali ricordiamo:
● Libertà
di circolazione e soggiorno in tutto il territorio dell’Unione
● Diritto
di elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali nello stato membro di
residenza
● Anche
per le elezioni del parlamento europeo i cittadini dell’Unione possono
esercitare il diritto di elettorato attivo e passivo nello stato membro in cui
risiedono.
❍ Le norme comunitarie dei
trattati prevalgono sulla Costituzione italiana? Le norme comunitarie dei
regolamenti emanate in base ai trattati prevalgono sulla Costituzione italiana?
La
corte di giustizia delle comunità europee ha sempre affermato la preminenza
delle norme comunitarie nei confronti delle costituzioni nazionali
La
posizione della Corte Costituzionale italiana non è del tutto chiara. Essa ha
dichiarato che non ha competenza per dichiarare l’incostituzionalità dei regolamenti non essendo questi norme
interne dell’ordinamento giuridico italiano. Tuttavia, dalle sue sentenze pare
di capire che la Corte Costituzionale interverrebbe nel caso di violazione dei
principi fondamentali della Costituzione (ad es. in materia di diritti umani)
❍ Quali sono i
principali organi della Unione Europea?
● Consiglio
dei Ministri
E’ il
massimo organo dell’Unione Europea. Esercita il potere legislativo; ha infatti
l’ultima parola sull’approvazione delle “leggi” dell’Unione: i regolamenti e le
direttive.
E’
formato dai ministri dei governi degli
stati membri. Non è un organo permanente. Si riunisce secondo le necessità con
la partecipazione dei ministri dei singoli governi competenti per le questioni
che sono di volta in volta in discussione.
La
presidenza del Consiglio è tenuta a rotazione per un periodo di 6 mesi, da
ciascun paese dell’Unione
Il
Consiglio non è politicamente responsabile di fronte al Parlamento europeo (da
cui non può ricevere la sfiducia) né di fronte a qualsiasi altro organismo
europeo. I singoli ministri che prendono parte dalle riunioni del consiglio
continuano a rispondere delle loro scelte esclusivamente di fronte ai
rispettivi parlamenti nazionali
Per
le materie più importanti , direttive e regolamenti debbono avere
l’approvazione di tutti gli stati membri (unanimità), mentre per le altre è
sufficiente la maggioranza. Per il
calcolo della maggioranza i singoli stati non dispongono di un voto a testa ma di un numero di voti
proporzionale alla loro dimensione . I 4 paesi maggiori (Germania, Francia,
Italia e gran Bretagna) dispongono di 10 voti ciascuno, la Spagna 8, il Belgio
5 e così via
● Consiglio
Europeo
E’
formato dai capi di stato o di governo degli stati membri, nonché dal
presidente della commissione. Si riunisce almeno due volte l’anno nel
territorio del paese che ha la presidenza di turno.
Per
lungo tempo incontri di questo genere
sono stati tenuti informalmente, perché non erano previsti dal trattato
istitutivo della Comunità. Sono stati poi istituzionalizzati dall’Atto Unico
Europeo e più esplicitamente dal trattato di Maastricht secondo cui “il
Consiglio Europeo dà all’Unione l’impulso necessario al suo sviluppo e ne
definisce gli orientamenti politici generali”.
Il
consiglio europeo non ha tuttavia competenze formali: non ha potere legislativo
(che spetta al consiglio dei ministri) e non può prendere alcuna decisione
giuridicamente vincolante per l’Unione. Ma gli indirizzi che scaturiscono dalle
riunioni del consiglio europeo hanno un’enorme importanza pratica: essi
orientano l’attività di tutti gli organi comunitari
● Commissione
delle Comunità Europee
Svolge
funzioni simili a quelle dei governi degli stati nazionali: preparar le
deliberazioni del consiglio e dirige gli apparati amministrativi dell’Unione;
dispone cioè del potere esecutivo.
E’ un
organo permanente formato da 20 commissari. I commissari sono designati di
comune accordo dagli stati membri su proposta dei singoli governi nazionali. I
cinque maggiori stati membri (Germania, Francia, Italia, Gran Bretagna e Spagna) hanno il diritto di
proporre due commissari ciascuno. Gli altri paesi ne propongono uno. Una volta
designata, al commissione si presenta al parlamento europeo da cui deve
ottenere l’approvazione. L’attività della commissione è posta sotto il
controllo del parlamento che può darle la sfiducia e costringerla alle
dimissioni.
Resta
in carica 5 anni. Viene nominata subito dopo le elezioni del parlamento e
decade al momento delle elezioni successive.
I
commissari non hanno il compito di rappresentare gli interessi dei paesi a cui
appartengono e non dipendono dai propri governi, ma devono agire collegialmente
in base agli interessi dell’Unione nel suo complesso. Ogni commissario si
occupa di un settore di attività (in analogia con i ministri nei governi
nazionali).
Il
presidente della commissione ha funzioni simili a quella del capo del governo
nei singoli stati
La
commissione ha due compiti principali:
· Ha potere di iniziativa rispetto al consiglio dei ministri; ossia
prepara le proposte di regolamento o di direttiva da sottoporre alla
deliberazione del consiglio
· Cura l’esecuzione delle decisioni del consiglio, assicurandosi
che le norme del trattato e i terolamenti siano rispettati dagli stati membri.
A questo fine può denunciare gli stati membri alla Corte di Giustizia
La
commissione ha un proprio apparato burocratico, formato dai cosiddetti
“burocrati” o “burocrati europei”. Ha sede a Bruxelles in Belgio, dove si
trovano gli uffici cenTrali dell’Unione Europea
● Parlamento
europeo
Viene
eletto a suffragio universale (dal 1979) ogni 5 anni dai cittadini di tutti i
paesi dell?unione. Ha sede a Strasburgo, in Francia. E’ formato da 6256
deputati. Il numero di deputati che viene eletto da ciascun paese è fissato in modo da tener conto della
diversa dimensione di ognuno, ma anche in maniera da garantire ai paesi più
piccoli una rappresentanza sufficiente. Ogni paese elegge i propri deputati
secondo i suoi sistemi elettorali.
Ha
poteri molto ridotti, essenzialmente di tipo consultivo:
· Partecipazione alla funzione legislativa
pur
non avendo il potere di fare le leggi il parlamento collabora con il consiglio
dei ministri alla formulazione dei regolamenti e delle direttive in modo più o
meno intenso a seconda che riapplichino la procedura di consultazione (il
parlamento dà solo un parere non vincolante al consiglio dei ministri) o
di cooperazione o codecisione (in cui le
scelte del parlamento acquistano un peso maggiore).
· Bilancio
Il
Parlamento ha potere deliberativo sulle spese
facoltative dell’Ue e può respingerne il bilancio
· Controllo del potere esecutivo
Il
Parlamento approva la commissione, una
volta che essa è stata designata dai governi nazionali, e può darle la
sfiducia, costringendola alle dimissioni
● Corte
di Giustizia
Il
controllo giurisdizionale sull’osservanza dei trattati e degli atti normativi
dell’Unione europea è svolto dalla Corte di giustizia, con sede a Lussemburgo,
che è formata da 15 giudici designati di comune accordo dai governi, per una
durata di 6 anni
La
corte ha il compito di risolvere le controversie che insorgono tra gli stati membri oppure tra
soggetti privati in merito all’applicazione del trattato istitutivo e del diritto comunitario. A essa può
rivolgersi la commissione quando ritenga che uno stato non rispetti gli impegni
comunitari. Le sentenze della Corte possono ordinare allo stato inadempiente di
provvedere ad adeguare la propria legislazione al diritto comunitario
❍ Quali sono le fonti di
finanziamento della Unione Europea? Come avviene al riscossione?
● Prelievi
agricoli Sono prelievi sui prodotti agricoli extra UE nel quadro della PAC,
nonché contributi e altri diritti previsti nel quadro dell'organizzazione
comune dei mercati nel settore d dello zucchero.
● Dazi
doganali.
● Imposta
sul valore aggiunto. Ottenute mediante l'applicazione di un tasso che non può
superare l'1% su una base imponibile detrerminata in modo uniforme per gli
stati membri secondo norme comunitarie. Con le decisioni adottate nel vertice
europeo di Edimburgo, il tasso di prelievo per l'IVA sarà ridotto
progressivamente dall'1,4% all'1% per tappe uguali nel periodo 1995-1999
● Prelievi
e prestiti della CECA.
● Contributi
degli stati secondo la decisione del 24 giugno 1988 Stabilisce che oltre ai
prelievi agricoli ed ai dazi doganali costituiscono risorse proprie della
Comunità le entrate provenienti da: a) dall'applicazione di una aliquota
uniforme, valida per tutti gli stati membri, sull'imponibile IVA determinato in
modo uniforme per gli stati membri secondo regole comunitarie; tuttavia
l'imponibile di uno stato membro da prendere in considerazione non può superare
il 55% del PNL; b) dall'applicazione di un'aliquota, determinata nel quadro
della procedura del bilancio e tenuto conto delle altre entrate, riferite alla
somma dei PNL di tutti gli stati membri, stabilita secondo norme comunitarie
che sono oggetto di una direttiva emanata dal consiglio. Per i paesi il cui PNL
per abitante è inferiore al 90% della media comunitaria, l'indice da prendere
in relazione per l'applicazione della terza risorsa è limitato, a partire dal
1995, al 50% del prodotto nazionale lordo dello stato in questione in
sostituzione dell'attuale 55%: anche questa modifica sarà posta in esecuzione
graduale dal 1995 al 1999
● Altre
entrate. Provenienti da altri contributi, che sono istituiti nell'ambito di una
politica comune, conformemente alle disposizioni del Trattato che istituisce la
Cee e del trattato che istituisce l'Euratom
La
riscossione continua ad essere affidata alle autorità nazionali.
❍ Cosa vuol dire che un
regolamento è “direttamente applicabile” in ciascuno degli stati membri?
Vuol
dire che per la norma del regolamento non si applica pa procedura che invece è
necessaria per dare valore di legge alle norme di un trattato internazionale.
La norma comunitaria del regolamento
deve essere immediatamente
considerata dal giudice e dal
cittadino italiano norma di diritto italiano
Le
fasi per la introduzione della norma di
un trattato internazionale (che riapplicano ancora a tutti gli accordi
intergovernativi e ai trattati relativi all’Unione Europea) sono invece:
· Stipulazione, ad opera dei rappresentanti diplomatici (organi del
ministero degli esteri e, nei casi più importanti, ministri e primi ministri
· Ratifica da parte del Presidente della Repubblica (per i trattati
più importanti occorre che il Presidente
sia autorizzato con legge del Parlamento)
· Ordine di esecuzione che dà efficacia nell’ordinamento italiano
(con decreto del Presidente o nella legge di autorizzazione)
❍ Quali sono gli aspetti positivi
della moneta unica?
● L'Euro
potrebbe diventare una nuova moneta mondiale in competizione col dollaro
Nel
commercio internazionale molte transazioni vengono effettuate privilegiando
determinate valute. Attualmente esse sono il dollaro statunitense e lo yen
giapponese. Queste valute vengono utilizzate come mezzo di pagamento
universalmente accettato e come riserva di valore (come l'oro) perché gli
operatori economici ed i governi ritengono estremamente improbabile una loro
improvvisa, rapida e consistente svalutazione. Questo giudizio è a sua volta la
conseguenza, oltre che della serietà della guida politica e quindi delle
politiche economiche adottate, soprattutto della solidità economica dei paesi,
ritenuti capaci di produrre con continuità beni e servizi a prezzi competitivi.
Ognuno di essi costituisce un vasto mercato al quale si rifornisce la domanda
internazionale, e sono al riparo sia dai rischi di inflazione sia da crisi
economiche tali da costringerli a svalutare le loro monete. Questa situazione
(che rende impossibili gli attacchi speculativi, per i motivi appena esaminati)
presenta, per chi ne è il soggetto, tre straordinari vantaggi:
· Tassi di interesse contenuti, a causa dell'afflusso da tutto il
mondo id capitali in cerca di investimenti sicuri
· Possibilità di risolvere le difficoltà di bilancio stampando
moneta senza che essa is svaluti, perché è molto grande la quantità complessiva
già in circolazione (sia per le dimensioni economiche dello stato, sia perché
essa viene utilizzata come mezzo di pagamento e riserva di valore in tutto il
mondo) e quindi la quantità aggiuntiva rappresenterebbe comunque e soltanto una
piccola e ininfluente frazione dello stock complessivo;
· Scomparsa del problema del deficit commerciale: anche l'eventuale
eccedenza delle importazioni viene pagata stampando moneta. A partire dalla
seconda guerra mondiale il dollaro americano è stato una moneta chiave per le
riserve delle banche centrali del mondo intero. La ragione non stava nel fatto
che l'america possiede l'arsenale nucleare più grande, ma perché il prodotto
nazionale lordo americano si colloca tra un quarto e un quinto di quello
mondiale. Nessun altro singolo paese può competere: ad esempio, il prodotto
nazionale lordo del Giappone costituisce solo un decimo di quello globale, ed è
anche calato nel corso degli anni novanta. Ma se gli undici paesi europei che
hanno dato vita alla moneta unica vengono visti come una sola nazione allora il
confronto in termini di area, popolazione e produzione è diverso. E' possibile
allora che un giorno l'euro possa costituire una valida moneta di riserva
capace di competere con il dollaro. Non sarebbe una tragedia per l'america, né
un colpo mortale per Wall Street.
● Riduzione
sensibile dei prezzi dei prodotti
Con
la moneta unica crolla l'ultimo ostacolo alla circolazione delle merci:
l'instabilità dei cambi e i costi di transazione tra importatori ed
esportatori. I consumatori dovrebbero perciò avere a disposizione una maggiore
scelta di prodotti simili, provenienti dalle varie parti della Unione Europea.
● Le
autorità italiane saranno costrette ad una politica economica più rigorosa ed
efficace
Private
della possibilità di ricorrere alle spese in disavanzo per stimolare
l'economia, le autorità italiane saranno costrette, per stimolare lo sviluppo,
a seguire vie più rigorose e più valide, come lo stimolo agli investimenti,
l'efficienza della amministrazione, le infrastrutture per le imprese e simili.
Il risanamento già attuato e gli impegni ulteriori hanno ottenuto il risultato
di farci apparire più affidabili agli occhi degli investitori esteri, e ha
permesso di diminuire gli interessi che questi esigevano sui prestiti pubblici.
La spesa per interessi rappresenta la componente prevalente se non esclusiva
del disavanzo pubblico. La fiducia dei mercati ha consentito di diminuire tale
spesa e quindi il disavanzo.
L'Europa
è un pungolo che costringe i nostri governanti a tenere dei comportamenti
corretti e rigorosi che altrimenti non sarebbero in grado di tenere. Fornisce
anche loro la giustificazione, agli occhi degli elettori, per provvedimenti
impopolari che altrimenti costerebbero loro la rielezione. Come dice l'ex
cancelliere tedesco Helmut Schmidt, "per 40 anni l'Europa ha funzionato
come un pungolo per imporre comportamenti virtuosi che la classe politica
italiana, da sola, non riesce a seguire".
● Maggiore
competitività commerciale del "made in Europe"
I
prodotti che l'Ue potrà vendere fra qualche anno godranno, grazie alla valuta
unica, di prezzi più competitivi di quanto non avviene oggi. Ma già oggi
produttori e distributori di molti beni devono immettere sul mercato europeo
solo prodotti di cui siano in grado di garantire la sicurezza. Ciò vale per i
prodotti di grande consumo, ma anche per quelli specifici. Norme molto precise
in materia di etichettatura impongono di visualizzare immediatamente le
caratteristiche principali dei prodotti e sette simboli impongono di informare
sulle sostanze pericolose (dai detersivi ai solventi alle sostanze infiammabili
o esplosive). Nello spazio più dinamico con una sola moneta , le imprese
potranno scegliere un ambiente istituzionale e un'offerta di servizi pubblici
diversi da quelli della nazione di appartenenza e svolgere un'influenza
politica sulle tensioni tra territorio e istituzioni statali.
● Incentivo
ad una maggiore efficienza dello Stato
Con
la libertà di stabilimento, se l'amministrazione pubblica di uno stato e le
infrastrutture che uno Stato offre sono inefficienti, le imprese si sposteranno
in altri stati, costringendo così gli stati inefficienti a migliorare la
propria efficienza. Anche i sistemi fiscali diverranno più efficienti e gli
sprechi pubblici diminuiranno. Sprechi pubblici e inefficienza fiscale
vorrebbero infatti dire una maggiore tassazione, che spingerebbe le imprese a lasciare
il paese.
● Risparmi
amministrativi
I
risparmi amministrativi realizzati dalle imprese olandesi grazie alla scomparsa
delle frontiere interne dell'Unione raggiungono un valore di 538.000 fiorini
l'anno. Le imprese non debbono più utilizzare impiegati e risorse materiali per
occuparsi delle formalità del passaggio dalle frontiere.
● La
moneta unica darà un potente impulso all'abbattimento degli ostacoli che ancora
rimangono al commercio tra i paesi dell'Unione, e il volume di scambi crescerà.
Il
Commissario responsabile del Mercato interno Mario Monti riferisce che, sino a
oggi, quanto fatto per l'abbattimento di barriere alla circolazione di merci e
di servizi ha fatto registrare una crescita del 20-30% negli scambi comunitari,
un calo dell'inflazione dell'1-1,5%, una crescita del Pil dell'1-1,5%,
un'esplosione di investimenti dai paesi extracomunitari e infine la creazione
di 900.000 posti di lavoro. Tra gli ostacoli che la moneta unica abbatterà vi
sono quelli legati ai cambi: una impresa che acquista frequentemente all'estero
non solo doveva svolgere un gran numero di operazioni amministrative, ma doveva
anche tener conto delle oscillazioni dei cambi e doveva compiere altre
operazioni per trovare la valuta estera necessaria. Tutto questo ostacolava il
commercio.
● Turisti,
lavoratori e studenti, potranno circolare in Europa molto più facilmente
Non
saranno ostacolati dalla diversità delle monete e dalla necessità del cambio.
In uno studio della Commissione europea si riporta una storiella. Un signore
parte dall'Italia con in tasca un milione di lire e attraversa tutti e 15 i
paesi dell'Unione. Ogni volta che varca una frontiera cambia i propri soldi
nella moneta locale. Al termine del viaggio ed effettuato l'ultimo cambio per
ritornare in possesso di lire italiane, ecco la sorpresa: pur non avendo fatto
alcun acquisto, quel signore si ritroverà in tasca non più il milione iniziale
ma soltanto 500.000 lire. Soltanto per aver pagato almeno una quindicina di
volte le commissioni bancarie e aver subito le oscillazioni quotidiane delle
varie monete di cui di è via via trovato in possesso.
● Maggiore
trasparenza nei prezzi e maggiore concorrenza tra produttori
Se
oggi uno stesso prodotto può avere anche prezzi molto diversi in differenti
aree europee, con la valuta unica il diverso costo sarà più evidente, quindi si
dovrebbe creare, soprattutto nelle zone di frontiera, una rapida
armonizzazione.
● Calo
dei tassi di interesse
Come
si è detto, l'euro, diventando una moneta di pagamento internazionale,
consentirà un calo dei tassi di interesse a cui importanza per qualsiasi paese
è notevole. Questa importanza viene ulteriormente dimostrata da un raffronto
con gli Stati Uniti. Se un governo è costretto a mantenere tassi d interesse
elevati per evitare fughe di capitali e attacchi speculativi, devia il flusso
del risparmio verso le obbligazioni, e in particolare verso i tranquilli
investimenti in titoli di stato, sottraendo alle attività produttive la linfa
vitale del capitale di rischio (si ricordi che l'acquisto, da parte degli
investitori, delle azioni di nuova emissione di un'impresa, equivale, per
quell'impresa, ad un finanziamento a costo zero: Le imprese sono pertanto
costrette a sostenere elevati costi di finanziamento, che incidono sulla
competitività del prodotto. E' esattamente ciò che accade in Europa:
nell'ottobre 1996 la commissione europea ha pubblicato un rapporto sulla
competitività, dal quale risulta tra l'altro che nel vecchio continente si
guadagna di più investendo in titoli pubblici a lungo termine piuttosto che
nell'industria. Cento lire investite in titoli di stato ne fruttano in media 8,
nell'industria 7. Invece negli stati uniti 100 dollari ne fruttano 7 se
investiti in titoli pubblici a lungo termine, e ben 15 (mediamente) se
investiti nell'industria. Ciò significa che negli Usa il profitto medio delle
imprese quotate in borsa è pari ad oltre il doppi del rendimento dei titoli
pubblici a lungo termine, mentre in Europa si guadagna l'un per cento in più
investendo in titoli pubblici anziché in un'impresa. Si tratta di una
situazione paradossale: di solito il maggior guadagno va a chi è disposto a
rischiare di più; in Europa invece, a causa dei pesanti deficit pubblici e ai
conseguenti pressanti bisogni di credito dei governi, chi rischia
nell'investimento azionario è svantaggiato rispetto a chi sceglie il pacifico
godimento delle cedole dei titoli di stato. Inoltre il denaro investito
nell'industria crea molti più posti di lavoro di quello prestato allo stato: i
minori tassi di interesse negli Usa sono una delle cause della minore
disoccupazione. Una delle principali conseguenze del controllo dei deficit e
dei debiti pubblici imposto dalla moneta unica, e del generale calo e i tassi
di interesse che ne segue, consiste proprio nell'indirizzar verso
l'investimento azionario una quota maggiore di risparmio, riducendo i costi di
finanziamento delle imprese. La maggior parte degli economisti italiani ritiene
che in Italia i tassi di interesse, in seguito all'unificazione monetaria,
potranno scendere di almeno due o tre punti percentuali: per lo stato italiano,
che è fortemente indebitato, ciò significherebbe una riduzione della spesa per
interessi dell'ordine di almeno 50.000 miliardi all'anno, mentre le imprese
pagherebbero circa 16.000 miliardi di interessi in meno alle banche per i
prestiti ottenuti; ne risulterebbe complessivamente, un enorme risparmio di
risorse, da destinare alla ricerca scientifica, all'istruzione, agli
investimenti, e alla riduzione del prelievo fiscale sulle imprese (si ricorda
che complessivamente il carico fiscale e contributivo sui redditi di impresa è
in Italia il più elevato del mondo
● Accrescimento
del ruolo dell'Unione europea, nel sistema monetario internazionale
A
seguito dell'unificazione monetaria, l'Unione Europea può diventare un attore
principale nel sistema di regolazione del sistema monetario internazionale e
potrà avere voce in capitolo nella determinazione della politica monetaria
internazionale, specie quella riguardante il dollaro. In tal modo è probabile
che americani, europei e giapponesi adotteranno politiche monetarie e del tasso
di cambio più cooperative, volte a cercare soluzioni comuni piuttosto che
unilaterali, ai problemi monetari internazionali.
● Fine
del predominio del marco
Oggi
i paesi europei sono costretti, anche contro le esigenze delle proprie
economie, a seguire la Germania quando adotta politiche monetarie restrittive
per attirare capitali (in pratica alza i tassi di interesse per attirare
investimenti nella ex Germania est). La banca centrale europea sarà invece
diretta da un consiglio in cui vale il principio "un paese, un voto",
epr cui si può ragionevolmente pensare che gli interessi dei partner della
Germania verranno adeguatamente presi in considerazione.
● Eliminazione
del rischio di cambio
Uno
dei maggiori vantaggi della moneta unica deriverà dall'annullarsi del rischio
di svalutazione del cambio tra i paesi aderenti all'unione monetaria. Ciò
comporta: Tutto questo genererà una ulteriore spinta alla generale diminuzione
dei tassi di interesse: infatti una parte delle differenze tra i tassi di
interesse derivava dai diversi rischi di svalutazione. Garanzia per gli
imprenditori di non incorrere in perdite legate al cambio nei rapporti
commerciali tra i paesi aderenti alla moneta unica
● Eliminazione
delle svalutazioni competitive
L'Unione
monetaria impedirà ai paesi aderenti di utilizzare lo strumento delle
svalutazioni competitive, che generalmente si concludono con effetti recessivi
per tutti
● Eliminazione
dei costi di transazione
L'eliminazione
delle operazioni di cambio tra le valute comunitarie annulla i costi di
transazione, con un risparmio, per le imprese e per gli individui, valutabile
tra lo 0,3 e lo 0,4 per cento del pil comunitario
● Stabilità
dei mercati finanziari
La
Creazione di una nuova grande area valutaria darà maggiore stabilità ai mercati
obbligazionari e azionari dei paesi dell'Unione europea; infatti il ridotto
rischio di svalutazione dell'euro e le conseguenti minori oscillazioni dei
tassi di interesse ridurranno gli spostamenti di capitali a scopo speculativo,
consentendo una maggiore tutela del risparmi da improvvise e sensibili
variazioni delle quotazioni.
● Ricerca
della massima efficienza
L'impossibilità
di favorire le esportazioni con la svalutazione del cambio, costringerà gli
imprenditori a ricercare la massima efficienza - per ridurre i costi di
produzione e quindi i prezzi - e a curare il miglioramento della qualità del
prodotto e la sua costante innovazione.
● Responsabilizzazione
dei governi
L'unificazione
monetaria imporrà un comportamento responsabile ai governi; questi sono sempre
inclini a non affrontare i problemi, aggirandoli nel breve periodo con
politiche inflazionistiche e di svalutazione del cambio, vantaggiose dal punto
di vista del consenso elettorale immediato, ma che nel medio-lungo periodo
intaccano la solidità e la competitività del sistema economico nazionale.
Inoltre lo statuto della banca centrale europea è praticamente una copia di
quello, severissimo, della Bundesbank tedesca, e ciò dovrebbe allontanare dalle
economie dell'unione europea ogni rischio di inflazione. Infine, il vincolo
posto al disavanzo e al debito pubblico costringerà anche i governi a
combattere seriamente l'evasione fiscale, e a ridurre gli sprechi e
l'inefficienza della pubblica amministrazione.
● Garanzia
per le generazioni future
I
vincoli al debito pubblico garantiranno le generazioni future dal dover sopportare
eccessivi sacrifici, che diverrebbero necessari per rimborsare i debiti
contratti dalle generazioni precedenti con le politiche di spesa facile
● Freno
alle rivendicazioni salariali
Le
rivendicazioni sindacali saranno costrette a restare compatibili con il
mantenimento della concorrenzialità internazionale di ciascun sistema
produttivo nazionale; questo perché i sindacati sanno di non poter più contare
né su politiche di bilancio espansive della spesa pubblica, né su manovre del
cambio a difesa dell'occupazione. Inoltre i vincoli derivanti dalla
partecipazione all'unione monetaria renderanno improbabili le contrattazioni a
tre (sindacati, imprenditori, governo), che determinano aumenti dei salari e
dei benefici sociali a spese della finanza pubblica, non collegati alla
crescita della produttività.
● Vantaggi
per l'economia internazionale
Se
esistesse un'autentica moneta europea, i partecipanti agli scambi
internazionali godrebbero di un'alternativa effettiva al dollaro come strumento
di liquidità internazionale. Sembra assai probabile che sarebbero incentivati
ad adottare lo strumento che offrisse maggiori garanzie di stabilità, minori
rischi di cambio. Le autorità europee e
americane ei sforzerebbero di impedire la cacciata dal mercato internazionale della
propria moneta, che conseguirebbe ad una sua pronunciata instabilità. La
stabilità dell'intero sistema di pagamenti verrebbe accresciuta, con beneficio
per il sistema monetario internazionale e per tutti i partecipanti agli scambi
internazionali.
● Vantaggi
già incassati
Derivano
dalle politiche di risanamento dei bilanci pubblici avviate da alcuni governi
europei, che difficilmente sarebbero state approvate in assenza del progetto di
unificazione monetaria
❍ Quali sono gli
aspetti negativi della moneta unica?
● All'interno
dell'Europa gli spostamenti di lavoratori sono troppo limitati per garantire
una bassa disoccupazione e una bassa inflazione
Paul
Samuelson, premio Nobel per l'economia, rileva che "il miracolo americano
è che quando la West Virginia è in recessione e la California in crescita, gli
americani si spostano in lungo e in largo per il paese. Questa mobilità, da
sola, fornisce equilibrio al sistema con un alto tasso di occupazione e una
inflazione limitata. Teoricamente, questo può avvenire anche nel Vecchio
continente: i disoccupati italiani possono già spostarsi liberamente in Europa
verso migliori opportunità di impiego. Ma di fatto in Europa, diversamente
dall'America, il linguaggio e la cultura cambiano già a 50 chilometri dal luogo
di nascita e sono poche le persone disposte a spostarsi all'interno del
continente come fanno gli americani". Se in uno stato americano c'è
carenza di manodopera, i salari rimangono stabili e non si scatena la spirale
salari-prezzi-salari, perché altri lavoratori arrivano subito dagli stati dove
la disoccupazione è alta. Mentre in America si parla una sola lingua, in Europa
le barriere linguistiche sono formidabili. Per potersi spostare da un capo
all'altro dell'Unione Europea un lavoratore dovrebbe conoscere non meno di
due-tre lingue.
● Le
politiche deflazionistiche troppo prolungate e vigorose, attuate per poter
entrare e rimanere nell'euro, possono danneggiare l'economia dell'Italia e di
altri paesi.
Le
manovre di politica economica adottate in Italia sin dai primi anni Novanta
hanno assunto la duplice finalità di contenere la crescita del disavanzo e del
debito pubblico e di adeguare il sistema ai parametri di convergenza stabiliti
dal Trattato. L'improvvisa accelerazione del processo di adattamento alle
regole di Maastricht, se da un lato ha spinto verso politiche di risanamento
comunque necessarie per il Paese, dall'altro ha rischiato di generare effetti
inaspettati e sacrifici maggiori di quelli inizialmente previsti. Lo sforzo
italiano di aderire dal 1999 all'Unione Monetaria porta con sé il rischio di
entrare a far parte di un sistema omogeneo ed efficiente nei propri meccanismi
finanziari e monetari, con costi particolarmente elevati in termini di crescita
economica e sociale (disoccupazione), almeno nel breve periodo. Tali problemi
non riguardano solo l'Italia. Anche paesi come il Belgio, la Spagna, il
Portogallo e l'Irlanda, che ora si trovano costretti a rimediare in poco tempo
le conseguenze di una gestione non rigorosa delle proprie finanze, rischiano di
pagare alti costi sociali (disoccupazione) ed economici. La pressione fiscale
necessaria per il risanamento dei conti pubblici in tempi brevi ha già
raggiunto livelli record e minaccia il benessere soprattutto delle classi a
reddito fisso.
● I
paesi con le condizioni finanziarie più solide sono preoccupati dal pericolo
che l'Italia non riesca a mantenere la sua convergenza.
Questi
paesi dubitano che l'Italia riesca a mantenere una convergenza necessaria a
rimanere nell'ambito della moneta unica. Non solo perché le sue finanze sono
fragili, ma anche perché vi è una grande instabilità politica, che sconcerta e
disorienta i governanti. Kohl nel 1992 parlava di Europa con Giuliano Amato;
nel 1993 parlava con Ciampi; nel 1994 parlava con Berlusconi; nel 1995 parlava
con Dini; nel 1996 parlava con Prodi...
● Se
l’Europa imboccherà la strada della competizione economica con i paesi
extraeuropei le condizioni del lavoratori peggioreranno
Nel
resto del mondo oneri sociali e fiscali sulle imprese sono molto più bassi. Il
mercato del lavoro è più flessibile. Se i paesi europei si incammineranno per
questa strada, il ceto medio rischia di veder peggiorata la propria situazione,
sia come reddito, sia come sicurezza di lavoro. Già paesi come Irlanda e
Inghilterra hanno abbassato le imposte sulle società e diminuito gli oneri
sociali. Ma questo vuol dire che il fisco è obbligato a rivolgersi ai
lavoratori del ceto medio, e ad introdurre l'imposta sul patrimonio. Vuole
anche dire che (per la diminuzione degli oneri sociali) le pensioni pubbliche
saranno sempre più modeste e i lavoratori si dovranno pagare le pensioni
private. Vuole anche dire (se il mercato del lavoro diventerà più flessibile)
che i lavoratori non potranno più avere un posto fisso, ma dovranno
accontentarsi di lavori temporanei della durata di tre-cinque anni. Tutto
questo peggiorerà la situazione dei ceti medi.
● La
Unione Monetaria si è fatta troppo presto
Esistono
ancora seri ritardi del mercato unico, che potranno avere gravissimi effetti
sulla tenuta della moneta unica, e d'altra parte gli organi della comunità non
hanno i poteri e l'autorità di imporre ai singoli stati il superamento di
questi ostacoli. Solo alcuni esempi per comprendere il problema. Nella
fiscalità, il regime comune dell'Iva ancora non esiste,m la doppia tassazione è
un problema in discussione. Ma se non verrà eliminata, all'avvio dell'euro ci
troveremo gli investimenti tassati diversamente a seconda degli stati. Gli
stati approvano ogni anno 450 nuovi regolamenti tecnici, rendendo vano lo
sforzo di armonizzazione della Commissione.
● Il
vincolo di riduzione del debito pubblico sotto il 60% imporrà delle politiche
di bilancio restrittive per almeno cinque (ma probabilmente dieci) anni,
scatenando recessione e disoccupazione.
Sebbene
il rapporto disavanzo/Pil sia sceso sotto il 3%, il rapporto debito
pubblico/Pil è sceso nell'ultimo anno solo di un punto percentuale: il debito
pubblico rappresenta il 124% del Pil italiano. Per scendere al 60% sarà
necessario contenere le spese pubbliche mantenendo sistematicamente il tasso di
crescita del disavanzo al disotto del tasso di crescita del Pil. Lo stato non
potrà quindi che diminuire le spese pubbliche e questo, per il meccanismo del
(de)moltiplicatore keynesiano, aumenterà la disoccupazione, che già oggi è del
12%. Diversi economisti ritengono che
protrarre per dieci anni una simile cura sia insostenibile a meno di non
aumentare l'export e la produzione. Ma nel 1997 il Pil è cresciuto di poco più
dell'1% e le speranze di produzione e occupazione non sembrano molto fondate.
● L'Euro
si pone in diretta competizione con il dollaro come moneta internazionale. Gli
stati uniti potrebbero preparare pesanti ritorsioni.
Fino
ad oggi gli Stati Uniti si sono avvantaggiati del fatto che il dollaro era
accettato come moneta di pagamento internazionale. In conseguenza di questo,
unici tra tutti i paesi del mondo, essi hanno sinora potuto pagare le proprie
importazioni direttamente in dollari, senza doverle cambiare nella moneta del
paese da cui acquistavano, e questo ha loro consentito di non doversi preoccupare
della bilancia commerciale (che infatti è in passivo da vent'anni) e di fare
notevoli investimenti all'estero, dove con il dollaro possono acquistare
imprese e partecipazioni in società. Se l'Euro fosse accettato come moneta
rivale, essi si troverebbero costretti a rinunciare almeno in parte a questi
privilegi. Potrebbe derivarne una guerra finanziaria dagli esiti difficilmente
prevedibili.
● L'Euro
in realtà non farà diminuire i tassi di interesse italiani.
Se il
nostro debito pubblico si manterrà elevato, il governo sarà costretto ad alzare
i tassi di interesse su tale debito per attirare la quantità di capitali
necessari, e di conseguenza anche le imprese si troveranno, come sempre, di
fronte a tassi di interesse elevati.
● Ci
attende un decennio di litigi tra i paesi europei, che potrebbe, invece che
rafforzare la coesione tra di loro, avere l'effetto opposto.
Tutti
gli stati dell'Unione dovrebbero prepararsi a un decennio di litigi ad
altissima intensità. I distinguo sul rispetto dei criteri e poi la multe enormi
che dovranno pagarsi dal 1999 per la loro violazione porteranno ad alimentare
attriti dimenticati da decenni.
● Le
disparità salariali tra le varie zone della Unione potrebbero scatenare
rivendicazioni sindacali con conseguente inflazione da costi.
● Le
sanzioni Ue agli stati che non si uniformano ai parametri sono troppo pesanti.
● Secondo
molti economisti le norme del patto di stabilità sarebbero eccessivamente
severe, e potrebbero costituire un serio freno per l'economia e per
l'occupazione nei paesi dell'Unione perché renderebbero impossibili politiche
di bilancio espansive a fini anticongiunturali.
● Fine
della possibilità per un singolo paese (es. Italia) di svalutare la moneta
nazionale per tutelare l'occupazione con una politica espansiva.
● Fine
della possibilità per un singolo paese in crisi economica (es. l'Italia) di
abbassare i tassi di interesse per favorire la ripresa economica.
● Fine
della possibilità per un singolo paese in crisi (es. l'Italia) di fare
politiche monetarie espansive aumentando la quantità di moneta in circolazione.
● Limite
per un singolo paese in crisi (es. l'Italia) della possibilità di politiche di
bilancio espansive. Una politica di bilancio espansiva finanziata con debito
pubblico farebbe superare al disavanzo il tetto del 3% e costringerebbe il
paese ad uscire dalla Unione Europea.
● Il
Trattato di Maastricht non prevede parametri legati al livello dell'occupazione
Questo
fa temere a certuni che le politiche di controllo della finanza pubblica e
dell'inflazione saranno portate avanti anche a costo di scatenare una grave
disoccupazione, visto che gli stati (specie quelli più forti, come la Germania)
non hanno voluto assumere impegni precisi su questo punto.
● Eccessiva
riduzione della tutela salariale e giuridica dei lavoratori.
L'impossibilità
di stimolare l'occupazione attraverso la svalutazione del cambio e la
realizzazione di politiche economiche espansive imporrà una drastica
deregolamentazione del mercato del lavoro ed un sensibile calo dei salari.
● Rigidità
dei parametri di Maastricht.
Molti
sostengono la necessità di utilizzare i parametri con maggiore elasticità, per
ridurre i sacrifici che essi comportano. In particolare si dovrebbe valutare
non solo il debito di uno stato ma anche il patrimonio di cui esso dispone; si
dovrebbero considerare, nel porre limiti al disavanzo, le necessità di
interventi in periodo di crisi; il limite al disavanzo non dovrebbe impedire
gli investimenti necessari per assicurare produttività alla pubblica
amministrazione; si dovrebbe valutare il disavanzo in termini reali (ossia al
netto dell'inflazione) e non in termini nominali.
● Le
politiche deflazionistiche che la BCE attuerà per garantire la stabilità
dell'Euro potranno facilmente scatenare la stagnazione e la protesta sociale.
Per
tutelarsi contro i rischi di speculazione contro l'euro (che avverrebbe se tale
moneta si mostrasse debole e si prevedesse una sua svalutazione) e per
convincere i paesi extra-Ue a servirsi dell'euro come moneta internazionale le
autorità monetarie europee dovranno seguire una rigorosissima politica di
stabilità monetaria, tenendo estremamente bassa l'inflazione con politiche
restrittive, le quali andranno a deprimere l'economia. In tali condizioni,
l'Europa rischia di diventare, invece che un'area di sviluppo e benessere,
un'enorme area di recessione percorsa da ondate di malcontento popolare che potrebbero
facilmente rovesciare i governi di oggi, favorevoli all'Europa, e far andare al
potere governi di estrema destra o di estrema sinistra che si oppongono, per
ragioni differenti (quelli di sinistra per tutelare i lavoratori; quelli di
destra per ragioni nazionalistiche) all'Europa.
● I
risparmiatori dei paesi come la Germania, convertirebbero i risparmi che essi
avevano in una moneta forte nell'Euro, che è una moneta messa a rischio dalla
inflazione che potrebbe essere scatenata da paesi come l'Italia.
● Si
sono unificate le politiche monetarie, ma non si sono unificate le politiche di
bilancio
Ciascuno
stato potrebbe attuare politiche di bilancio che mettono in pericolo l'unione
monetaria. Si pensi al caso in cui l'Italia espanda le sue spese pubbliche:
questo creerebbe inflazione all'interno della Unione Europea. Ma non basta: nel
tentativo di finanziare le sue spese pubbliche l'Italia potrebbe aumentare i
tassi di interesse sulle obbligazioni del tesoro e costringere tutti gli altri
paesi ad innalzare i tassi per trattenere i capitali in cerca di investimento.
● All'interno
di una Europa senza barriere protezionistiche ciascuno stato si dovrà
specializzare solo nelle produzioni in cui è più abile: infatti la concorrenza
spazzerà via le imprese nazionali meno favorite in un dato stato. Questo avrà
come conseguenza che quando tali imprese entreranno in crisi, ai cittadini di
uno stato non resterà che emigrare.