TRIUMVIRATO

Suzanne Lilly

 

 

 

"Dobbiamo parlare"

Mia madre mi guardava dalla sua sedia al vecchio tavolo di legno della cucina, mentre stavo trasportando due borse della spesa. Com'è che, anche se ormai trent'anni, mia madre mi può dare degli sguardi che mi fanno sentire una ragazzina sorpresa sbirciare i regali di Natale?

"Mamma, c'è qualcosa che ti angoscia?".

"Siediti". Mia madre batté con la mano sulla sedia imbottita vicino a lei. Versò del tè nella mia tazza favorita.

"Hai comprato il tacchino?" Differii la seria conversazione imminente con argomenti ordinari. Misi le borse della spesa sul bancone della cucina e cominciai a tirar fuori le confezioni. Zucchero di canna, farina, noci di pecan.

"Sì, e l'ho messo nel freezer". I suoi occhi divennero due fessure e mi guardò con un'intensità ancora maggiore.

Perché mi sta guardando come se fossi sotto il microscopio? "Grazie per averlo fatto posto mio, mamma".

"Ho dovuto spostare alcune cose nel freezer per potercelo mettere"

"Oh?"

"Sì. Era praticamente pieno".

"È strano. Non lo uso tranne che per mettere la roba che preparo nei fine settimana".

"Il freezer non era pieno della roba che prepari nei fine settimana".

A chi importa che il mio freezer fosse pieno vuoto? "Forse Daniel ha fatto un po' di spesa anche lui". Evitai di sedermi nella sedia vicino a lei, passando oltre permettere gli acquisti sullo scaffale.

"Non era neanche pieno degli acquisti di Daniel" Si alzò e mise la sua mano sulla lattina di salsa in modo da costringermi a fermarmi e a guardarla.

Va bene. Ne ho avuto abbastanza di questa strana conversazione.

"Mamma, dimmi senza mezzi termini qual è il problema. Arriva al punto"

"Lo sai qual è il problema. Il problema è ciò che avevi nel freezer".

"Che cosa stai parlando? C'era troppo gelato o cose del genere? Sono incinta, lo sai. Ho diritto a qualche piccolo eccesso".

Lei cercò i miei occhi, scandagliandoli per qualcosa. Qualsiasi cosa fosse non lo trovò. "Non lo sai veramente, è così?"

"No. Perciò potresti dirmi di cosa si tratta". Misi il barattolo di salsa nella credenza e chiusi lo sportello con un colpo secco.

"Vieni che te lo faccio vedere". Si diresse verso la porta della cantina. "Ma ti devo confessare qualcosa"

Mi chiesi di cosa potesse trattarsi. Dal giorno in cui mamma andò in pensione si era tenuta occupata con dei lavoretti. Troppo tempo da gestire. Speravo che nel momento in cui il bambino sarebbe nato sarebbe troppo occupata per preoccuparsi delle minuzie.

Scendemmo per la stretta scala della cantina insieme, fino alla stanza da lavoro e della lavanderia, dove l'enorme freezer stava in un angolo, accanto la mia macchina da cucire.

Un cesto per biancheria di plastica era lì vicino, terra, pieno di confezioni di cibo surgelate, che si stavano sciogliendo, con le gocce di condensa che sgocciolavano.

"Mamma, perché ha lasciato questo cibo fuori?" sollevai la cesta, l'appoggiai con una mano al fianco e con l'altra aprii il freezer.

Non ci fu odore ad accompagnare la vista che mi attendeva, e l'ondata di aria congelata sulla mia faccia mi fece quasi pensare che mi stavo immaginando tutto. Poi il vapore si dissipò e mi dette una piena vista del contenuto del freezer. Lasciai cadere a terra il cesto della biancheria con un colpo secco. Si rovesciò di lato, sparpagliando tutte le confezioni congelate e le buste di verdura per il minestrone.

Il mio stomaco divenne pesante come pietra. Afferrai il cestino vicino alla macchina da cucire e vomitai un flusso di bile verde sui fili e gli scampoli di tessuto. Il mio cuore stava battendo colpi impazziti come se qualcuno mi percuotesse il petto con un martello da carpentiere. Mi strinsi le tempie e mi concentrai nell'inspirare e nell'espirare.

"Si tratta di Franklin?" Mi strangolai nel pronunciare il suo nome

"Sembra proprio di sì". Mia madre appoggiò le braccia ai lati dell'apertura del freezer scrutando il corpo ch'era al suo interno. "Sebbene col danno che la congelazione ha fatto alla faccia, in un primo momento non ero sicura". Spostò la coperta che copriva in parte il suo corpo scoprendo il suo torso.

La sua faccia e la sua postura rimasero calme, mortalmente calme, come l'aria immobile che precedeva la tempesta.

Onde di panico si scatenarono attraverso il velo di dolore nella mia testa. È un bel guaio da rimediare quello in cui mi sono cacciata.

"Mamma, come ha potuto finire lì?"

Mi afferrai lo stomaco e mi lanciai nuovamente verso il cestino, mentre un'altra onda di convulsioni mi percorreva.

"Questo è quello che vorrei chiedere a te"

Senti i miei occhi dilatarsi. Stava accusando me, la sua unica figlia, di aver messo nel freezer il corpo del tuo boyfriend? "Mamma, ti giuro, non so niente di tutto questo!"

Mia madre si appoggiò al freezer e scostò i capelli dal mio volto. "Ti credo. È ovvio che non avevi mai visto questo". Aggrottò le sopracciglia, estrasse un pacchetto di sigarette dalla tasca dell’abito. Un tremito scosse le sue dita mentre azionava l'accendino. Quasi lasciò cadere la sigaretta. "Come già detto, ti devo fare una confessione"

"Come è potuto capitare il corpo di Franklin nel mio freezer?"

Lei lascio andare una lunga nuvola di fumo mentre mi guardava col suo sguardo grigio e freddo.

"Se lo sapessi, te lo starei chiedendo? Comunque non è questo il problema adesso. Il problema principale, adesso, è che hai un morto nel tuo freezer. Cosa ne facciamo?"

"Pensi che dovremmo chiamare la polizia?" Per favore rispondi no, per favore rispondi no, per favore, in nome di Dio rispondi no.

Lei si voltò e scosse un po' di cenere sulla faccia del suo amante. "Non è un'opzione praticabile. Scopriranno chi l'ha ucciso e ti sospenderanno di aver occultato l'omicidio nascondendo il corpo"

Il buco vuoto che era diventato il mio stomaco si contrasse nuovamente e il mio bambino non ancora nato si agitò e scalciò. Il bambino riesce sentire la mia paura?

"Stai dicendo che hai qualcosa a che fare con tutto questo?" Di proposito avevo evitato la parola "morte", e la sua parente, "omicidio". Suonavano troppo forti.

La relazione della mamma con Franklin era stata nei migliori dei casi tumultuosa, e  violenta nei peggiori. L'ultima volta che era stato a casa nostra era terribilmente sbronzo. Il pranzo di Pasqua, otto mesi prima. Poi era scomparso. Nessuno l'aveva rimpianto, non realmente. Ci eravamo solamente chiesi dove diavolo fosse finito. Quando se n'era andato mamma era ritornata la persona che era prima, più felice.

Due sbuffi di fumo uscirono dal naso di mia madre. Guardò il mio ventre, e ricordando che ero incinta lasciò cadere la metà della sigaretta non fumata nella tazza di tè. "L'ultima volta che l'ho visto è stata Pasqua. Ricordi che ho chiamato un taxi per lui?"

Di sopra, la porta di casa si aprì e si chiuse. Guardai l'orologio nel muro. Erano le cinque. "Daniel è a casa!" Sibilai. "Dobbiamo nascondere tutto questo!" Mi chinai e afferrai le confezioni di surgelati che erano sparse dappertutto. Mia madre gettò la cesta piena di cibo semi-congelato sui resti irrigiditi e il suo amante morto. Io afferrai le ultime confezioni che avevo raccolto, le buttai dentro e vi infilai alla fine anche il tacchino. Chiudemmo la porta del freezer proprio nel momento in cui Daniel si affacciava dalla porta in cima alle scale.

"Cosa state facendo, voi due bellissime signore, laggiù?"

"S-Stavamo mettendo il tacchino nel freezer" Mi avrà sentito incespicare nelle parole?

"Avreste dovuto lasciare che lo facessi io". Scese le scale. "Non voglio che la mia suocera e la mia moglie incinta trasportino su e giù per le scale un tacchino da 20 once. E la prossima volta lasciate che mi occupi io"

"Non volevamo che andasse a male. Vero mamma?"

Lei annuì, improvvisamente muta.

"Beh, avete lasciato un surgelato fuori”. Si fece avanti, dal fondo delle scale, afferrò un sacchetto di piselli surgelati e aprì lo sportello del freezer. L'aria della cantina mi si congelò nei polmoni. Trattenni il respiro nel momento in cui lui scandaglia l'interno. Una parte della trapunta sporgeva da un lato del tacchino.

"Un bel tacchino". Si chinò a baciarmi e fece una faccia un po' disgustata. Doveva aver annusato il vomito sulla mia bocca. "Hai ancora le nausee mattutine?"

Mia madre ritrovò la voce. "Perché non andiamo di sopra? Farò a Kayla una tazza di tè alla menta per rimettere a posto il suo stomaco". Prese sottobraccio a Roberto e lo condusse su per le scale.

"Vado a prendere delle compresse per il mio mal di testa" fuggì nella stanza da letto e aprii l'armadietto delle medicine.

Pensa, Kayla, pensa. Che cosa è successo la Pasqua scorsa?

Rividi tutto con l'occhio della mente. Franklin aveva mangiato il pranzo, e si era ubriacato. Dopo un po' di bicchieri di Pinot Noir, non era proprio nello spirito pasquale. Si era bevuto tutto il regalo che mi aveva portato per Pasqua, e aveva cominciato a urlare a mia madre, biascicando così tanto che non lo potevamo neanche capire. Aveva sempre rovinato le nostre feste familiari con la sua rabbia da alcolizzato. Io ero andato in cucina per iniziare a rigovernare e stare lontana. Mia madre gli aveva chiamato un taxi, e ci aveva detto che lei avrebbe passato la notte a casa nostra. Non aveva forse Franklin preso il taxi che mia madre aveva chiamato per lui? Quando ero uscita dalla cucina se n'era già andato, e mia madre era nel bagno. Daniel aveva acceso il fuoco.

"Se n'è andato?" Avevo chiesto quando non avevo visto il suo soprabito sull'appendiabiti.

"Sì, il taxi se n'è appena andato", Roberto si sfregò le mani di fronte al fuoco. Come la Pasqua scorsa, c'era ancora un leggero strato di neve fuori.

Mia madre era rientrata nella stanza, spalmando una crema emolliente sulle sue mani. "Un buon modo di liberarsi della spazzatura"

Quella era stata l'ultima volta che avevo visto Franklin. Se n'era andato, proprio così, e non aveva più chiamato o mandato lettere o mail. Mia madre aveva detto che non era neanche tornato a prendere i suoi abiti dal suo appartamento. Più tardi quell'estate, li gettò nel bidone dell'immondizia. La vita era andata avanti, molto più calma ora che Franklin era uscito dalle nostre esistenze.

Fino a questo pomeriggio volevo dire.

Inghiottì le pillole degli antidolorifici.

"Pensi che sia stata io?" Mi voltai di scatto al suono della voce di mia madre. Mi aveva seguito nella stanza da letto. "Tu pensi che io abbia messo il suo corpo nel freezer"

Mi stava leggendo in mente. "Cosa dovrei pensare?"

"Bene pensa a questo. Io ti voglio bene. Più che a qualsiasi altra persona o cosa al mondo. Non ti avrei mai messo in pericolo in questo modo". Mi afferrò per le spalle. "Inoltre, perché ti avrei mostrato il corpo se l'avesse ucciso io? L'avrei già portato via. Non l'avrei mai lasciato lì per non metterti a rischio"

Mi tirò vicino a sé e mi abbracciò. Avvolse le sue braccia intorno a me. Io volevo crederle.

"Questo lascia una sola persona" sussurrò.

La spinsi via e la guardai negli occhi. "Cosa diavolo stai dicendo?"

"L'unica altra persona qui quel giorno era Daniel"

"Mamma, io ho fiducia in Daniel! Non è stato lui!" Mi districai dal suo abbraccio e sedetti sull'orlo del letto. Il martello continuava a battere sulle mie tempie, ora più violentemente. Presi un'altra pillola di antidolorifici.

"È il padre del mio bambino. Non m'importa di ciò che pensi l'abbia fatto"

"Effettivamente dovrei ringraziare Daniel". Si sedette vicino a me con le spalle afflosciate. "Franklin non se ne sarebbe mai andato dalla mia vita, non importa quante volte avessi continuato a dirglielo. Era solo questione di tempo. O lui o io"

"Mamma non sono sicura che dovresti dirmi questo. Certamente non dovresti dire niente a Roberto"

Mi prese la mano. "Una cosa è certa. Dobbiamo disfarci del corpo. Se qualcun altro trova Franklin e nel freezer, tu o Roberto o tutti noi andremo in prigione"

Non Roberto. Devo tenerlo in salvo.

"Mamma, ti devo fare una confessione. Non sono completamente innocente"

Mia madre si risiedette sul letto. "Cosa intendi? Mi hai appena detto che non ha niente a che fare con questo"

"Io non sapevo che Franklin fosse nel mio freezer. Veramente non lo sapevo. Ma ti ricordi quando Roberto si fece male alla schiena il marzo scorso? Il dottore gli diede dell’Oxycontin. Io presi parecchie compresse, le sbriciolai, e le misi nella porzione di patate di Franklin, a pranzo".

Mia madre si coprì il volto con le mani. Ora che avevo cominciato a parlare dovevo dire tutto d'un colpo. Le parole uscirono dalla mia bocca come proiettili, raccontando la storia prima che potessi cambiare idea. Dovevo scagionare Roberto.

"Non ti ricordi che quel giorno fui io a fare i piatti in cucina? Adulterai le sue patate e ci misi molta salsa, sperando che non sentisse il sapore dell'Oxycontin. Lui mangiò così voracemente che probabilmente non sentì neanche il gusto di ciò che ingurgitava. Io rimasi confusa quando non accade niente. Pensai che dovesse avere il cuore di un cavallo. Poi, quando quella notte lui non tornò a casa, pensai che ci fosse stata una reazione ritardata. Pensai che era andato in giro come un ratto che aveva mangiato una polvere velenosa, e che era caduto a terra e morto in qualche vicolo. Continuai a cercare sui giornali e su Internet notizie ogni giorno, per settimane, ma nessuno trovò il suo corpo"

Mia madre scosse la testa. "E dal momento che aveva rotto completamente con suo figlio lontano 3.000 miglia a New York, non c'era nessuno che potesse dichiarando scomparso tranne me. Ma io avevo una buona ragione per non dichiarando scomparso"

"Non sei arrabbiata con me?"

"Anche io devo farti una confessione. Non penso che sia stato ucciso dall'Oxycontin"

Mamma probabilmente non capisce quanto sia letale una grossa dose di Oxycontin, specialmente se mescolata col vino.

"Sono stata io a uccidere Franklin" La sua voce divenne acuta mentre indicava se stessa con il dito. "Non tu. Avevo preso una bottiglia della medicina per l'epilessia del nostro cane, fenobarbitale, e l'avevo sciolto in una caraffa di vino. Ho fatto in modo che Franklin fosse l'unico che bevesse dalla caraffa. Ricordi che l'ho messa proprio vicino a lui e che invece ho versato il vino dalla bottiglia per Roberto e per te?".

"Ho pensato che fosse strano". Ricordavo come lei sorvegliava il suo bicchiere e lo spingeva a bere di più. "Mi ero chiesta perché gli avessi dato un'intera caraffa di vino quando lui diventava così sgradevole con l'alcol"

"Così sono stata io quella che l'ha ucciso, non te". Rovistò nella sua tasca e tirò fuori un'altra sigaretta, ma non l'accese. "Ho pensato che sia andato in coma nel taxi e che il guidatore ha preso i suoi soldi e scaricato il suo corpo da qualche parte. Immagina la mia sorpresa oggi quando l'ho trovato nel tuo freezer".

"Se tu non hai messo il corpo nel freezer, non ce l'ho messo io…". E mie parole svanirono, quando realizzammo le implicazioni di ciò che stavo pensando.

Daniel si schiarì la gola. Mia madre e io facemmo un salto e ci afferrammo l'una all'altra. Da quanto tempo stava ascoltando accanto alla porta? Quanto aveva sentito?

"Spiacente, signore, sbagliate entrambe. Nessuna di voi due lo ha ucciso. Mi sono occupato della minaccia io stesso". Dette a ciascuna di noi una tazza di tè alla menta.

"Di cosa stai parlando?"

"Quando tua madre andò in bagno, e tu andasti in cucina, invitai Franklin di sotto per fargli vedere i miei ultimi lavori di falegnameria. Era così ubriaco che poteva a malapena a tenersi dritto. Ora io so che aveva un intero cocktail di farmaci e il suo sangue. Ci volle solamente una leggera spinta sulle spalle per mandarlo a ruzzolare giù per le scale. Si ruppe il collo. Era così ottenebrato dei farmaci che probabilmente non ha sofferto per niente"

"Perché non ce l'hai detto? Perché non è detto che un incidente non ha chiamato la polizia?" Chiesi.

"Non l'ho fatto perché ti ho messo vedere qualcosa nelle sue patate. Non sapevo cos'era in quel momento, ma non volevo rischiare di perderti se il Coroner avesse trovato delle sostanze nel suo sangue". Si passò nervosamente la mano tra i capelli. "La schiena riprese farmi male quando sollevai il morto e lo misi nel freezer, e quando aprii l'armadietto delle medicine, vidi che metà della bottiglia di Oxycontin era vuota".

Le mie spalle si abbassarono quando realizzai la preoccupazione che avevo causato a Roberto. Non mi aveva mai detto niente. Aveva tenuto il mio segreto per tutti quei mesi.

ci guardammo in faccia tutti e tre, mentre il significato di ciò che avevamo fatto penetrava nelle nostre menti. Eravamo diventati un triunvirato non ufficiale, avevamo emesso una sentenza nei confronti di quella persona violenta e l'avevamo eseguita.

All'unanimità.

Mia madre fu la prima a parlare. "Cosa facciamo ora?"

"Non c'è la luna nuova stasera? "Chiesi. "Perché non usciamo con l'auto per qualche via di campagna per guardare le stelle?"

"Mi porterò delle pale" disse mamma.

"Io vado ad accendere l'auto" dissi.

"Io prendo Franklin" disse Roberto. "Ha sempre amato le uscite serali in auto".