TEORIA DELLA PRODUZIONE |
Il concetto di produzione e le
scelte dell’impresa
Le grandezze della teoria
della produzione
Funzioni di produzione omogenee
Le economie interne (tra cui i
rendimenti di scala)
Effetto sull’isocosto di un
cambiamento dei prezzi dei fattori
L’equilibrio dell’imprenditore
determinato mediante isoquanto e isocosto
La legge della eguaglianza
delle produttivitŕ marginali ponderate
Brevissimo, breve, lungo,
lunghissimo periodo
Calcoliamo l’isoquanto dell’impresa Alfa
Il profitto normale e
l’extraprofitto
Le curve di breve periodo della
impresa tipica e i loro rapporti
Le curve di costo di lungo
periodo dell’impresa tipica
Le curve di costo di lungo
periodo dell’industria concorrenziale
Il concetto di produzione e le scelte dell’impresa
L’impresa
combina una data quantitŕ di fattori di produzione (input) per ottenere una
certa quantitŕ di prodotto (output)
L’imprenditore
si assume il compito di organizzare i fattori produttivi e affronta il rischio
della produzione: rischio tecnico (es. guasto degli impianti) e rischio
economico (es. mancata vendita del prodotto). Il compenso per il rischio č il
profitto.
L'economista
definisce produzione qualsiasi modificazione o trasformazione che aumenti la
utilitŕ di ciň che č a disposizione dei soggetti.
Si
distinguono vari tipi di trasformazione:
● Trasformazione materiale
Ad
es. un lingotto di metallo viene fuso per creare un gioiello; lamiere e altri
componenti vengono prodotti e assemblati per ottenere un'automobile
● Trasformazione nel tempo
Tutte
le operazioni di magazzinaggio, conservazione in celle frigorifere,
inscatolamento, essiccazione, salatura, liofilizzazione, permettono ad un
prodotto deperibile di essere consumato in un momento successivo (formaggi,
insaccati, frutta secca ecc.)
● Trasformazione nello spazio
Tutte
le operazioni di trasporto modificano la posizione dei beni nello spazio
● Trasformazione nel modo
Tutte
le operazioni svolte dai commercianti che acquistano merce sfusa dal grossista,
la mettono a disposizione in piccole porzioni o in esemplari singoli vicino
alla abitazione dei clienti, offrono servizi di consulenza, possono essere
considerate "trasformazioni nel modo"
L’imprenditore
ha di fronte delle scelte:
▸ Quali tecnologie produttive adottare
▸ Quali prodotti offrire
▸ Quale quantitŕ di prodotto immettere nel
mercato (prezzo-quantitŕ)
Il
fine dell’imprenditore č massimizzare i profitti
Osserviamo
la figura 0603060951, con lo schema dei rapporti tra famiglie e imprese in un
sistema economico semplificato:
L’impresa
Alfa produce automobili, utilizzando lamiere che paga lire 150 all’impresa
Beta.
L’impresa
Beta produce lamiere, utilizzando minerale che paga lire 50 all’impresa Gamma
L’impresa
Gamma produce minerale senza utilizzare beni strumentali acquistati da altre
imprese
I
beni finali prodotti dal sistema economico consistono in auto per un valore di
300 lire, che costituiscono l’incasso dell’impresa Alfa (freccia verticale
dalle famiglie all’impresa Alfa)
Ciascuna
impresa, una volta pagato il valore dei beni intermedi utilizzati, distribuisce
tutto il rimanente alle famiglie che hanno preso parte alla produzione, sotto
forma di flusso W+P di
● salari
● profitti
● stipendi
● interessi
● royalties (compensi per i brevetti
utilizzati)
● rendite (compenso ai proprietari dei terreni,
delle miniere e delle altre risorse naturali utilizzate)
Tra
le famiglie che hanno preso parte alla produzione includiamo ovviamente anche
quelle degli imprenditori.
Possiamo
subito vedere che i flussi W+P dalle imprese alle famiglie sono pari a
150+100+50 = 300, e cioč hanno lo stesso valore del prodotto finale, costituito
da automobili (300).
Ma
in questo grafico č anche vero che la produzione eguaglia la domanda aggregata
(in questo caso la sola domanda delle famiglie).
Per
“valore aggiunto” di una impresa si intende la differenza tra il ricavo o il
costo dei beni strumentali non durevoli impiegati. Tutto il valore aggiunto di
una impresa va alle famiglie. Il valore aggiunto di ciascuna impresa č quindi
pari al flusso verticale posto sotto di essa.
Come
si vede, in una economia chiusa, tre sono i concetti equivalenti che danno lo
stesso valore:
▸ Valore dei beni finali prodotti
▸ Somma dei valori aggiunti
▸ Domanda aggregata
In
sintesi, tutto il valore dei beni finali
prodotti dalle imprese nell’unitŕ di tempo (mese, anno, etc.) viene distribuito
alle famiglie sotto forma di flusso W+P di salari, stipendi, profitto, royalties,
rendite.
Le grandezze della teoria della
produzione
PTL(5) “Prodotto totale ottenuto con 5
unitŕ di fattore lavoro, tenendo fisso il fattore capitale”
Il
fattore lavoro č variabile e puň assumere i valori 1, 2, 3, … ecc., mentre il
fattore capitale č fisso (es. K = 7).
PTK(5) “Prodotto totale ottenuto con 5
unitŕ di fattore capitale, tenendo fisso il fattore lavoro”
Il
fattore capitale č variabile e puň assumere i valori 1, 2, 3, … ecc., mentre il
fattore lavoro č fisso (es. L = 7).
PMAL(5) “Prodotto marginale ottenuto con
l’ultima di 5 unitŕ di fattore lavoro impiegato, tenendo fisso il fattore capitale”
=
PMAK(5) “Prodotto marginale ottenuto con
l’ultima di 5 unitŕ di fattore capitale impiegato, tenendo fisso il fattore lavoro”
=
PMAPL(5) “Prodottivitŕ marginale ponderata della
5^ unitŕ di fattore lavoro impiegato, tenendo fisso il fattore capitale”
=
PMAPK(5) “Prodottivitŕ marginale ponderata della
5^ unitŕ di fattore capitale impiegato, tenendo fisso il fattore lavoro”
=
PMEL(5) “Prodotto medio ottenuto con 5 unitŕ
di fattore lavoro impiegato, tenendo fisso il fattore capitale”
=
PMEK(5) “Prodotto medio di 5 unitŕ di
fattore capitale impiegato, tenendo fisso il fattore lavoro”
=
K Quantitŕ
di fattore capitale impiegato
L Quantitŕ
di fattore lavoro impiegato
CT(5) “Costo totale di 5 unitŕ di prodotto”
Costo totale sostenuto per produrre n unitŕ di
prodotto
= CME(5) ⋅ 5
CMA(5) “Costo marginale della 5^ unitŕ di prodotto”
=
CT(5) – CT(4)
CME(5) “Costo medio di 5 unitŕ di prodotto”
CTF(5) “Costo totale fisso di 5 unitŕ di prodotto”
Costo dei fattori fissi impiegati per produrre 5
unitŕ di prodotto
CTV(5) “Costo totale variabile di 5 unitŕ di prodotto”
Costo dei fattori variabili impiegati per
produrre 5 unitŕ di prodotto
CMEF(5) “Costo medio fisso di 5 unitŕ di prodotto”
CMEV(5) “Costo medio variabile di 5 unitŕ di prodotto”
CTL(5) “Costo totale di lungo periodo di 5 unitŕ di prodotto”
CTFL(5) “Costo totale fisso di lungo periodo di 5 unitŕ di
prodotto”
CTVL(5) “Costo totale variabile di lungo periodo di 5 unitŕ di
prodotto”
CMEL(5) “Costo medio di lungo periodo di 5 unitŕ di prodotto”
CMEFL(5) “Costo medio fisso di lungo periodo di 5 unitŕ di prodotto”
CMEVL(5) “Costo medio variabile di lungo periodo di 5 unitŕ di
prodotto”
RT(5) “Ricavi totali di 5 unitŕ di prodotto”
Ricavi totali ottenuti dalla vendita di 5 unitŕ
di prodotto
= RME(5) ⋅ prezzo di vendita di 5 unitŕ
RME(5) “Ricavo medio di 5 unitŕ di prodotto”
RMA(5) “Ricavo marginale della 5^ unitŕ di prodotto”
= RT(5) – RT(4)
PRT(5) “Profitto totale di 5 unitŕ di prodotto”
Profitto ottenuto dalla vendita di 5 unitŕ di
prodotto
= RT(5) – CT(5)
= PRME(5) ⋅ 5
PRMA(5) “Profitto marginale della 5^ unitŕ di prodotto
Aumento dei profitti totali ottenuto a seguito
della vendita della 5^ unitŕ di prodotto
= PRT(5) – PRT(4)
= RMA(5) – CMA(5)
PRME(5) “Profitto medio di 5 unitŕ di prodotto
La
tecnologia č l’insieme di tutti i processi produttivi disponibili per produrre
un certo prodotto PT (output) a partire da una data quantitŕ di fattori
Una
tecnologia č rappresentata da una funzione di produzione.
La
funzione di produzione č la relazione che collega un gruppo di grandezze che
rappresentano la quantitŕ di fattori impiegati alla grandezza che rappresenta
il prodotto che con esse si ottiene.
Dati
n fattori la funzione di produzione viene presentata nei testi di economia con
il simbolismo:
PT
= f(F1, F2, …, Fn)
dove
F1,…, Fn sono i fattori impiegati (input) e PT č la
quantitŕ di prodotto ottenuta (output).
Malgrado
i fattori di produzione siano numerosi gli economisti, per semplicitŕ, li
raggruppano in tre categorie:
▸ Natura
▸ Beni strumentali
▸ Lavoro
Mettendo
insieme natura e beni strumentali sotto la dicitura “K” (capitale fisico) e aggiungendo
“L” (lavoro) essi studiano una funzione di produzione semplificata, con soli
due fattori, capitale K e lavoro L:
PT
= f(K,L)
In
questa espressione PT si definisce “output” e la combinazione di K ed L
utilizzata per produrlo si definisce “input”.
La
funzione puň assumere la forma di una formula matematica del piů vario tipo:
PT
= K + L
PT
= 3K + 2L
PT
= 2K2 + 2L3
Una
funzione di produzione molto conosciuta č la funzione di Cobb-Douglas:
PT
= a ⋅
Lb ⋅
Kc b + c = 1
Una
funzione di produzione puň essere visualizzata in un grafico come quello
sottostante.
In
tale grafico il fattore lavoro puň essere indifferentemente misurato in numero
di lavoratori occupati o in ore-lavoro.
In
tale grafico, ogni punto rappresenta una combinazione di capitale K e di lavoro
L:
A
= 5 unitŕ di capitale + 2 unitŕ di lavoro
B
= 4 unitŕ di capitale + 5 unitŕ di lavoro
C
= 2 unitŕ di capitale + 3 unitŕ di lavoro
Data
una funzione di produzione a coefficienti flessibili, ad ogni punto č associato
una determinato output, cioč il prodotto ottenuto dalla combinazione di fattori
rappresentata dal punto.
Consideriamo
ad un esempio la funzione di produzione:
PT
= 3K + 2L
avremo
allora:
A ➙ PT
= 3 ⋅ 5 + 2 ⋅ 2 = 19
B ➙ PT
= 3 ⋅ 4 + 2 ⋅ 5 = 22
C ➙ PT
= 3 ⋅ 2 + 2 ⋅ 3 = 12
e potremo visualizzare questi valori sul
grafico 0603060952:
oppure
(solo per alcune coppie di valori che scegliamo) in una tabella:
TAB. 0603022051 |
||
K |
L |
PT |
1 |
2 |
7 |
1 |
3 |
9 |
2 |
2 |
10 |
2 |
3 |
12 |
3 |
4 |
17 |
3 |
5 |
19 |
4 |
5 |
22 |
5 |
6 |
27 |
6 |
7 |
32 |
8 |
10 |
44 |
La
visualizzazione tramite tabella o grafico č necessaria quando la relazione tra
input e output č ottenuta da misurazioni empiriche e non si riesce a trovare
una formula matematica che le esprima con precisione.
La
funzione di produzione indica, per ciascuna combinazione di capitale e lavoro,
l’output ottenibile con la tecnica piů efficiente disponibile nel momento
considerato. Le tecniche meno efficienti non sono quindi considerate.
Nel
grafico della funzione di produzione (figura 0603060953) una retta che passa
per l’origine individua tutte le combinazioni che hanno in comune la stessa
proporzione tra capitale e lavoro. Ad es. la retta r individua tutte le
combinazioni in cui la quantitŕ di capitale č doppia di quella di lavoro
(cosiddetti metodi di produzione “capital-intensive”, tipici dei paesi
industrializzati), mentre la retta s individua tutte le combinazioni in cui la
quantitŕ di lavoro č doppia di quella di capitale (cosiddetti metodi di
produzione “labour-intensive”, tipici dei paesi sottosviluppati). Rapporti
differenti (linee differenti) individuano differenti processi o metodi di
produzione. Un processo o metodo di produzione consiste in un dato rapporto in
cui vengono combinati i fattori.
Non
necessariamente la tecnologia consente di produrre con qualsiasi combinazione
di fattori (ad es. č impossibile produrre scarpe con solo lavoro e zero beni
strumentali come cuoio). Esistono funzioni di produzione dette “a coefficienti
fissi”, che non permettono di ottenere un output per qualsiasi combinazione
produttiva (es. č possibile produrre una scarpa con 1 kg di cuoio e 1 ora di
lavoro ma non con 1 grammo di cuoio e 10 ore di lavoro). Tra di esse vi sono
quelle che consentono di adottare solo un numero finito di processi produttivi:
ad esempio, nel grafico di figura 0603060954, le uniche combinazioni attuabili
sono quelle lungo le rette r,s,t,u, cioč rispettivamente il metodo di
produzione che utilizza due unitŕ di capitale per una unitŕ di lavoro, il
metodo che utilizza due unitŕ di lavoro per ogni unitŕ di capitale, il metodo
che utilizza una unitŕ di lavoro per ogni unitŕ di capitale e il metodo che
utilizza tre unitŕ di capitale per ogni unitŕ di lavoro.
Nei
testi di economia vengono prevalentemente studiate funzioni a coefficienti
flessibili: anche noi supporremo che ogni punto del grafico rappresenti una
combinazione attuabile, che fornisce un determinato output.
Funzioni di produzione omogenee
Quando
si verifica la condizione:
f(n
⋅
K , n ⋅
K) = nα ⋅
f(K , L)
si
ha una funzione omogenea di grado α (con α che puň assumere i valori
1, 2, …)
Una
funzione omogenea di grado 1 sarŕ pertanto una funzione del tipo:
f(n
⋅
K , n ⋅
K) = n1 ⋅
f(K , L) = n ⋅
f(K , L)
Con
una tale funzione, se raddoppiamo, triplichiamo ecc. la quantitŕ di tutti i
fattori, la quantitŕ di prodotto raddoppia triplica ecc.
Le
funzioni omogenee non sono le sole che possono presentare un tale fenomeno: ma
le funzioni non omogenee lo presentano solo per determinate combinazioni di
fattori e non per altre, oppure possono mostrare una variazione della
proporzionalitŕ in relazione ai livelli di produzione.
● Esternalitŕ positive:
guadagni che una attivitŕ
produttiva o di consumo fa realizzare ad un altro produttore o consumatore, ma
che non si riesce a farsi pagare.
Chiameremo
le esternalitŕ positive realizzate dal produttore economie esterne di produzione e le esternalitŕ positive realizzate
dal consumatore economie esterne di
consumo.
Esempio:
le coltivazioni di alberi da frutta di un agricoltore favoriscono la produzione
di miele di un altro agricoltore
Esempio:
il fatto che una bella ragazza frequenti una palestra o uno stabilimento
balneare giova agli affari dell'impresa che gestisce la palestra o lo
stabilimento balneare
Esempio:
Il fatto che lo stato fornisca cure mediche e istruzione alla popolazione
favorisce le imprese, che hanno lavoratori piů istruiti e meno assenze per
malattia
● Esternalitŕ negative:
Danni economici che una
attivitŕ produttiva o di consumo provoca ad un'altro produttore o consumatore,
ma che non si č tenuti a pagare.
Chiameremo
le esternalitŕ negative realizzate dal produttore diseconomie esterne di produzione e le esternalitŕ positive
realizzate dal consumatore diseconomie
esterne di consumo.
Esempio:
Una discoteca provoca rumori e schiamazzi notturni che disturbano gl occupanti
di un appartamento e ne riducono persino il valore
Esempio:
Una impresa che immette fumi nell'atmosfera costringe le famiglie a lavare piů
frequentemente tende e abiti, e quindi ad una maggiore spesa per detersivi
Le economie interne (tra cui i
rendimenti di scala)
Nel
lungo periodo l’impresa puň variare la quantitŕ di tutti i fattori impiegati.
Se
i costi medi di una impresa diminuiscono all’aumentare della quantitŕ prodotta
si dice che essa va incontro ad economie
di scala.
Viceversa,
se i costi medi di una impresa aumentano all’aumentare della quantitŕ prodotta,
si dice che essa va incontro a diseconomie
di scala.
Gli
economisti distinguono le economie
esterne e diseconomie esterne, da
un lato, influenzate da fattori per cui l’impresa paga un costo ed economie interne e diseconomie interne, influenzate da fattori per cui l’impresa non
paga un costo o non riceve un risarcimento. Di queste ultime parleremo piů
avanti.
Tra
le economie interne gli studiosi hanno preso in esame i rendimenti di scala,
cioč i casi in cui l’impresa aumenta tutti i fattori della stessa proporzione
(es. ne raddoppia, triplica, ecc. la quantitŕ), ottenendo una variazione della
produzione che puň essere proporzionale, piů che proporzionale o meno che
proporzionale.
Mentre
i rendimenti di scala sono un caso di economie di scala dovute a fattori
tecnici, esistono economie di scala dovute a fattori non tecnici (es.
monetari).
In
sintesi, abbiamo il seguente prospetto, che ci aiuta ad inquadrare i rendimenti
di scala all’interno della categoria delle economie di produzione:
Come
si č giŕ detto, il fenomeno dei rendimenti di scala si presenta nel lungo
periodo quando i fattori vengono variati tutti nella stessa proporzione. Esso
si presenta quando l’impresa si muove lungo una linea che passa per l’origine,
come quelle giŕ mostrate in fig. 0603060953
Si
hanno rendimenti di scala crescenti se la produzione cresce piů che
proporzionalmente al crescere dei fattori.
Si
hanno rendimenti di scala costanti se la produzione cresce proporzionalmente al
crescere dei fattori
Si
hanno rendimenti di scala decrescenti se la produzione cresce meno che
proporzionalmente al crescere dei fattori.
Ad
esempio si puň verificare che una funzione del tipo:
PT
= 2L + K
ha
rendimenti di scala costanti
Una
funzione di produzione omogenea di grado α presenta rendimenti decrescenti
di scala se α < 1, rendimenti crescenti di scala se α > 1 e
rendimenti costanti di scala se α = 1
La
esistenza di rendimenti crescenti di scala č dovuta a indivisibilitŕ tecniche
e/o manageriali. Generalmente, mentre č possibile raddoppiare la scala per la maggior parte dei
processi, puň non essere possibile dimezzarla.
Consideriamo
ad esempio la tabella 0603052031 che mostra tre processi:
TABELLA
0603052031 |
||||
Processo |
Scala |
Lavoro |
Capitale |
Output (PT) |
A |
piccola |
1 |
1 |
1 |
B |
media |
50 |
50 |
100 |
C |
grande |
100 |
100 |
400 |
In
tutti e tre i processi la proporzione dei fattori č 1 : 1, ma i rendimenti sono
crescenti: passando dal processo A al processo B i fattori vengono moltiplicati
per 50 mentre il prodotto risulta moltiplicato per 100; passando dal prodotto B
al prodotto C i fattori vengono raddoppiati, mentre il prodotto quadruplica.
Se
supponiamo – come accade nella realtŕ – che il processo di scala media non puň
essere utilizzato per produrre meno di 100 unitŕ e il processo di grande scala
non puň essere utilizzato per produrre meno di 400 unitŕ una impresa che sta
crescendo non potrŕ utilizzare il processo B fino a che non sarŕ arrivata a
produrre 100 unitŕ e non potrŕ utilizzare il processo C fino a che non sarŕ
arrivata a produrre 400 unitŕ.
Una
delle ragioni per cui i processi di grande scala risultano piů efficienti
risiede nella specializzazione del lavoro che essi consentono di attuare.
In
una piccola macelleria, una sola persona, per macellare un bovino, deve
compiere 100 distinte operazioni, cambiando di volta in volta strumenti.
In
una grande macelleria, che macella 100 bovini anziché un bovino al giorno,
possono essere impiegate 100 persone, ciascuna delle quali potrŕ specializzarsi
in una sola operazione, che essa compirŕ piů velocemente rispetto al lavoratore
della piccola macelleria.
La
specializzazione del lavoro č tipica delle societŕ moderne e industrializzate
ed č andata aumentando a partire dal medioevo.
La
specializzazione del lavoro comporta a sua volta un incremento degli scambi nel
sistema: ciascun membro del sistema economico si specializza in una sola
attivitŕ e deve ricevere dagli altri tutto ciň che egli non produce.
Un’altra
importante causa di aumento di produttivitŕ del lavoro č la meccanizzazione o
automazione. Piů grande č la scala del processo produttivo, piů conveniente č
introdurre l’uso di macchine, che sono normalmente costose e vanno ammortizzate
su grandi volumi di produzione. Un esempio tipico č l’industria
automobilistica, dove il crescere delle dimensioni delle cause produttrici ha
permesso l’introduzione della catena di montaggio.
Graficamente,
se la funzione di produzione č omogenea e a rendimenti costanti di scala essa
si presenta come nel grafico di figura 0603031651:
Se
la funzione di produzione č omogenea e a rendimenti crescenti di scala essa si
presenta come nel grafico di figura 0603031653:
Se
la funzione di produzione č omogenea e a rendimenti crescenti di scala essa si
presenta come nel grafico di figura 0603031655:
Il
caso piů frequente dovrebbe essere quella dei rendimenti costanti: se tutti i
fattori vengono applicati in quantitŕ crescenti, ma sempre nella medesima
proporzione, non vi č alcuna ragione per attendersi che il prodotto cresca in
misura diversa.
Le
ragioni per cui una impresa va incontro a rendimenti crescenti o decrescenti di
scala saranno esaminate piů avanti, quando si parlerŕ dei costi di lungo
periodo.
Un
isoquanto č l’insieme dei punti che rappresentano combinazioni che forniscono
lo stesso prodotto totale (figura 0603061000):
Gli
isoquanti sono tracciati tenendo conto della funzione di produzione della
impresa. Quando la funzione di produzione dell’impresa cambia gli isoquanti si
spostano
Ad
esempio, se il progresso tecnico consente di mettere a punto tecniche di
produzione piů efficienti, uno stesso isoquanto si sposta verso l’origine
(figura 0603061001):
La
forma normale dell’isoquanto č convessa verso l’origine a causa della legge del
rendimento decrescente del fattore variabile (figura 0603061002):
Come
vedremo, se un fattore viene lasciato fisso (es. K = 3 nel grafico) e viene
costantemente aumentato il fattore variabile (es. ad un terreno agricolo di
estensione fissa vengono aggiunti sempre piů fertilizzante e manodopera)
arriverŕ il momento che quantitŕ successive di fattore variabile produrranno
incrementi sempre minori della produzione. Questo č proprio ciň che si vede dal
grafico: i segmenti AB, BC, CD sono via via piů lunghi e questo vuol dire che,
per passare da 100 a 200 a 300 a 400 unitŕ prodotto necessita una quantitŕ
sempre maggiore di fattore variabile (lavoro).
Eccezionalmente
gli isoquanti potrebbero avere anche altre forme (figure 0603061003 e fig.
0603061004):
ma
gli economisti si occupano prevalentemente di quelli indicati nel primo
grafico.
Per
“processo produttivo” o “metodo produttivo” intendiamo un processo che combina
i fattori in una data proporzione.
A
diverse proporzioni nella combinazione dei fattori corrispondono, secondo
l’economista, diversi metodi produttivi (fig. 0603061005):
Come
vediamo dalla figura 0603061005, la stessa quantitŕ di prodotto puň essere
ottenuta utilizzando 4 unitŕ di capitale e 5 unitŕ di lavoro oppure 3 unitŕ di
capitale e 7 unitŕ di lavoro. Si tratta di due diversi metodi o processi
produttivi.
Nella
figura 0603031615 le linee che partono dall’origine corrispondono a diversi
processi produttivi: i punti di ogni linea rappresentano combinazioni in cui
capitale e lavoro sono combinati sempre nella stessa proporzione. Ad esempio la
linea r č quella delle combinazioni in cui la quantitŕ di lavoro č doppia di
quella di capitale, mentre la linea s č quella delle combinazioni in cui la
quantitŕ di capitale č doppia di quella del lavoro.
Esistono
infinite linee che attraversano uno stesso isoquanto, e questo significa che
una stessa quantitŕ di prodotto puň essere ottenuta con una varietŕ infinita di
tecniche produttive.
Un
metodo di produzione A č tecnicamente efficiente rispetto ad un altro metodo B
se A usa meno di almeno un fattore e non di piů degli altri fattori rispetto al
metodo B. Per esempio, dei due metodi:
A
: 2L + 3K = 1 unitŕ di prodotto
B
: 3L + 3K = 1 unitŕ di prodotto
il
metodo B č chiaramente il meno efficiente.
Ci
sono invece dei metodi non confrontabili:
C
: 2L + 3K = 1 unitŕ di prodotto
D
: 3L + 2K = 1 unitŕ di prodotto
In
questo caso non possiamo concludere né che C sia piů efficiente di D né il
contrario. Entrambi i metodi vanno perciň considerati efficienti.
La
forma completa dell’isoquanto č mostrata nella figura 0603061006. Oltre le
linee tratteggiate si puň vedere che i processi produttivi diventano
inefficienti perché impiegano, rispetto alle combinazioni indicate dai punti,
piů capitale e piů lavoro per produrre la stessa quantitŕ di prodotto. Noi
limiteremo pertanto lo studio degli isoquanti alla parte contenuta tra le linee
tratteggiate.
La
pendenza finita dell’isoquanto relativa all’arco AB viene chiamata “saggio
marginale di sostituzione” e indica la quantitŕ di capitale necessaria per
sostituire una unitŕ di lavoro:
Nel
grafico di figura 0603031709 si vede come, per spostarsi da A a B o da B ad A
occorre sostituire due unitŕ di lavoro con una unitŕ di capitale o viceversa.
Si
definisce “saggio marginale di sostituzione tecnica del fattore lavoro al
fattore capitale” (piů brevemente, “saggio marginale di sostituzione di L a K”)
č il rapporto tra una quantitŕ di fattore capitale e della quantitŕ di fattore
lavoro che č in grado di sostituirla fornendo lo stesso output. Nella figura
essa č data dal rapporto CA/CB
Il
saggio marginale di sostituzione tecnica del lavoro al capitale SMSL,K
sarŕ pertanto:
Il
saggio marginale di sostituzione del lavoro al capitale equivale al rapporto
tra l’incremento di prodotto ottenuto con la quantitŕ di lavoro CB e
l’incremento di prodotto ottenuto con la quantitŕ di capitale CA:
Un
isocosto č l’insieme dei punti che rappresentano combinazioni capitale-lavoro
che hanno per l’imprenditore lo stesso costo totale (CT) (fig. 0603061007):
Gli
isocosti sono tracciati supponendo che una unitŕ di fattore capitale costi 4 €
e che una unitŕ di fattore lavoro costi 3 €
Come
si puo vedere, se consideriamo un costo maggiore, l’isocosto si sposta verso
destra parallelamente a se stesso.
Effetto sull’isocosto di un cambiamento
dei prezzi dei fattori
Nella
figura 0603051009 la linea A č stata tracciata supponendo che l’imprenditore
disponga di una somma di 12 €, che una unitŕ di capitale abbia un prezzo di 2 €
e che una una unitŕ di lavoro abbia un prezzo di 2 €.
La
linea B č stata tracciata supponendo che il prezzo del lavoro si dimezzi a 1 €
La
linea C č stata tracciata supponendo che il prezzo del lavoro raddoppi a 4 €
Nella
figura 0603051012 la linea D č stata tracciata supponendo che l’imprenditore
disponga di una somma di 40 €, che una unitŕ di capitale abbia un prezzo di 8 €
e che una una unitŕ di lavoro abbia un prezzo di 5 €.
La
linea E č stata tracciata supponendo che il prezzo del capitale si dimezzi a 4
€
La
linea C č stata tracciata supponendo che il prezzo del lavoro raddoppi a 16 €
(in questo caso l’imprenditore potrŕ acquistare solo 2,5 unitŕ di fattore
capitale).
Nella
figura 0603051015 la linea G č stata tracciata
supponendo che l’imprenditore disponga di una somma di 30 €, che una
unitŕ di capitale costi 6 € e che una unitŕ di lavoro costi 5 €
Se
il prezzo del capitale e del lavoro raddoppiano si passa dalla linea G alla
linea I
Se
il prezzo del capitale e del lavoro dimezzano si passa dalla linea G alla linea
H
Nella
figura 0603051018 la linea L č stata tracciata
supponendo che l’imprenditore disponga di una somma di 30 €, che una
unitŕ di capitale costi 6 € e che una unitŕ di lavoro costi 5 €
Se
la somma a disposizione dell’imprenditore raddoppia (60 €) si passa dalla linea
L alla linea M
Se
la somma a disposizione dell’imprenditore dimezza (15 €) si passa dalla linea L
alla linea N
Nella
figura 0603051028 l’isocosto č stato tracciato supponendo che l’impresa
disponga di 24 €, che il prezzo di una unitŕ di capitale sia di 4 € e che il
prezzo di una unitŕ di lavoro sia di 2 €.
La
pendenza dell’isocosto č data dal rapporto
Il
valore assoluto di questo rapporto equivale a quello tra il costo di una unitŕ
di lavoro e quello di una unitŕ di capitale:
L’equilibrio dell’imprenditore
determinato mediante isoquanto e isocosto
Con
l’isocosto e l’isoquanto viene studiato il comportamento dell’impresa che ha un
obiettivo che puň essere formulato in due modi:
▸ Dato un budget fisso (cioč data una certa
somma) massimizzare il prodotto (cioč ottenere il prodotto maggiore possibile)
▸ Dato un prodotto che si vuole ottenere,
minimizzare i costi (cioč sostenere i costi piů bassi possibili)
In
entrambi i casi si parla di “combinazione ottima dei fattori” per indicare la
combinazione capitale-lavoro che permette di raggiungere uno dei due obiettivi.
Noi
ci riferiremo al problema nella prima forma: dato un isocosto, determinare il
punto di massima produzione
Supponendo
quindi che nella figura 0603051049 l’imprenditore disponga di una somma tale
per cui il suo isocosto č quello mostrato, egli dovrŕ scegliere il punto
dell’isocosto che gli fornisce il massimo prodotto totale.
Egli
scarterŕ il punto D, che gli fornisce solo 100 unitŕ di prodotto.
Scarterŕ
anche i punti B e C perché gli forniscono solo 200 unitŕ di prodotto
Scarterŕ
anche il punto E, perché non č raggiungibile con la somma di cui dispone.
Il
punto scelto sarŕ pertanto il punto A, in cui l’isocosto ha tangenza con uno
degli isoquanti.
Ricordiamo
che questa č una analisi di lungo periodo, perché nel caso del breve periodo la
figura 0603051459 mostra come, dato un isoquanto, l’imprenditore, che utilizza
3 unitŕ di fattore fisso, ha la sola scelta, per produrre il massimo possibile,
di impiegare 6 unitŕ di fattore variabile.
Nella
figura 0603051503 possiamo vedere l’effetto, sulla scelta dell’imprenditore, di
un aumento del prezzo del fattore lavoro:
Mentre
l’isocosto prima della variazione di prezzo (isocosto 1) individuava il punto
di equilibrio A, il nuovo isocosto (isocosto 2) č ruotato verso l’origine ed č
ora tangente al punto C, che č il nuovo punto di equilibrio. A seguito di un
aumento di prezzo l’impresa ha ridotto l’impiego del fattore lavoro da 5 unitŕ
a 2 unitŕ.
La
linea che, nel lungo periodo, unisce tutti i punti si equilibrio toccati da una
impresa che aumenta la produzione prende il nome di “sentiero dell’espansione
(dell’output)”. Si tenga presente che questa linea non č necessariamente retta.
La legge della eguaglianza delle
produttivitŕ marginali ponderate
Come
si puň vedere dalla figura 0603051847 la pendenza dell’isoquanto e la pendenza
dell’isocosto differiscono.
La
pendenza dell’isocosto č pari a
La
pendenza dell’isoquanto č pari a
Abbiamo
giŕ notato come il valore assoluto del rapporto č pari al rapporto tra
la quantitŕ di prodotto ottenuta passando dal punto D al punto C e la quantitŕ
di prodotto ottenuta passando dal punto D al punto A:
Ma
l’aumento di prodotto ottenuto passando da D a C č la produttivitŕ marginale
del lavoro PMAL, mentre l’aumento di prodotto ottenuto passando da D
ad A non č altro che la produttivitŕ marginale del capitale PMAK.
Possiamo cosě scrivere:
e
cioč:
Se
consideriamo archi piů piccoli di AC per calcolare la pendenza finita, il punto
C si avvicina al punto B. Considerando archi sempre piů piccoli, BD e CD
tenderanno quindi a coincidere. Per archi infinitamente piccoli sull’isoquanto
la differenza tra la lunghezza di BD e di CD sarŕ trascurabile, e potremo
quindi scrivere:
Dalla
eguaglianza cosě ottenuta:
si
ricava:
e
cioč:
PMAPL
= PMAPK
Questa
č la condizione di equilibrio dell’imprenditore, ed č nota come legge
dell’eguaglianza delle produttivitŕ marginali ponderate.
Brevissimo, breve, lungo, lunghissimo
periodo
● Il periodo brevissimo (o “periodo di cassa” o
“periodo di magazzino”) non consente all’impresa di variare alcun fattore
Perciň
se aumenta la domanda dei consumatori l’impresa non č in grado di aumentare la
produzione e l’unica cosa che puň fare č alzare i prezzi
● Nel periodo breve non tutti i fattori possono
essere variati: almeno un fattore č fisso e non aumentabile. Gli altri prendono
il nome di “fattori variabili”.
Un
tipico fattore fisso nel breve peruiodo sono gli impianti (capitale). Una volta
installati gli impianti (capannoni, macchinari ecc.) l’imprenditore puň solo
decidere quanti lavoratori impiegare, perché la dotazione di capitali nel breve
periodo č fissa.
● Nel periodo lungo tutti i fattori possono
variare, ma non la tecnologia
Nel
periodo lungo anche i fattori naturali possono essere aumentati tramite nuove
invenzioni (dal legno al carbone, dal carbone al petrolio, dal petrolio
all’energia atomica, dall’energia atomica all’energia di fusione e all’energia
solare ecc.)
● Nel periodo lunghissimo varia anche la
tecnologia
Non
esiste una misura precisa di tali periodi: in un settore industriale il periodo
breve potrebbe essere addirittura di anni (nel settore energetico la messa in
funzione di una nuova diga o centrale richiede diversi anni) o di poche
settimane (una panetteria puň ordinare e farsi istallare un nuovo forno in
alcune settimane).
● Funzione di produzione:
● Funzione di domanda:
Domanda
= 100 – Prezzo ⋅
10
(si
tratta dell’equazione della curva di domanda dell’impresa mostrata in figura
0603080922)
● Quantitŕ di fattore fisso impiegata nel breve
periodo: K = 5
● Costo di una unitŕ di fattore lavoro: 4 €
● Costo di una unitŕ di fattore capitale: 8 €
Calcoliamo l’isoquanto dell’impresa
Alfa
Il
grafico dell’isoquanto puň essere calcolato a partire dalla formula della
funzione di produzione:
da
cui:
Se
in questa formula diamo a PT un valore costante (es. PT = 100) otteniamo
l’isoquanto dei punti che forniscono PT = 100:
In
questa formula K č la variabile dipendente (asse verticale) e L č la variabile
indipendente (asse orizzontale).
Otteniamo
cosě la tabella 0603061008:
TAB. 0603061008 |
|
L |
K |
1 |
33,3 |
2 |
23,6 |
3 |
19,3 |
4 |
16,7 |
5 |
14,9 |
6 |
13,7 |
7 |
12,6 |
8 |
11,8 |
9 |
11,1 |
10 |
10,5 |
Per
capire il procedimento, calcoliamo ad esempio il valore di K relativo ad L = 5
ed ad un livello di produzione PT = 100
La
formula da utilizzare č:
Troncando
14,94 alla prima cifra decimale si ottiene il valore 14,9 della tabella.
Per
“prodotto totale di n unitŕ del fattore L” o “produttivitŕ totale di n unitŕ
del fattore L” PTL(n) si intende, nel breve periodo, il prodotto
ottenuto con n unitŕ di L impiegando una quantitŕ fissa di K. Essa si calcola a
partire dalla funzione di produzione, sostituendovi i valori di K ed L (vedi
esempio piů avanti).
Il
prodotto medio PMEL(n) si ottiene dividendo il prodotto totale PTL(n)
per n
Per
“prodotto marginale di un fattore” o “produttivitŕ marginale di un fattore” si
intende la variazione della produzione in corrispondenza di una variazione
dell’impiego del fattore:
dove
f č la funzione di produzione, K̅
č un livello fisso di fattore capitale e
∆L č una variazione del fattore lavoro.
La
nozione matematica di prodotto marginale considera variazioni ∆L molto
piccole, vicine allo zero. Utilizzando un foglio elettronico normalmente, per ottenere
la nozione matematica di prodotto marginale, si utilizzano variazioni
dell’ordine di 0,00000000001.
La
definizione matematica precisa č quella di “derivata parziale della funzione di
produzione rispetto al lavoro”:
che
si legge: “limite, per ∆L che tende a zero, del rapporto tra la
variazione di f e della variazione di L”
Nei
testi didattici di economia, invece, viene considerato ∆L = 1, in modo
che la formula diventa:
Conformemente
a questa formula, nei testi didattici il prodotto marginale di un dato fattore
viene definito come “l’incremento che si ottiene nella produzione per effetto
dell’aggiunta di una unitŕ del fattore considerato” oppure come
“la
variazione dell’output risultante da una variazione (molto piccola) del fattore
stesso, mantenendo tutti gli altri
fattori costanti”.
Noi
utilizzeremo quest’ultima formula per calcolare il prodotto marginale
Consideriamo
il breve periodo, in cui il fattore K č fisso (K = 5)
TABELLA
0603042018 |
|||||
K |
L |
PTL(L) |
PTL(L–1) |
PMAL(L) |
PMEL(L) |
5 |
1 |
15,00 |
0,00 |
15,00 |
15,00 |
5 |
2 |
21,15 |
15,00 |
6,15 |
10,57 |
5 |
3 |
25,95 |
21,15 |
4,80 |
8,65 |
5 |
4 |
30,00 |
25,95 |
4,05 |
7,50 |
5 |
5 |
33,45 |
30,00 |
3,45 |
6,69 |
5 |
6 |
36,60 |
33,45 |
3,15 |
6,10 |
5 |
7 |
39,60 |
36,60 |
3,00 |
5,65 |
5 |
8 |
42,30 |
39,60 |
2,70 |
5,28 |
5 |
9 |
45,00 |
42,30 |
2,70 |
5,00 |
5 |
10 |
47,40 |
45,00 |
2,40 |
4,74 |
Calcoliamo
ad esempio PTL(5) tenendo fermo K = 5, tenendo presente che per
ottenere la corrispondenza con la tabella vanno utilizzati valori di divisioni,
moltiplicazioni o radici troncati a due cifre:
Per
calcolare PMAL(5) si puň utilizzare la formula:
PMAL(5)
= PTL(5) – PTL(4) = 33,45 – 30 = 3,45
Per
calcolare PMEL(5) utilizziamo la formula:
Nella
tabella 0603072105 calcoliamo invece i valori relativi al capitale, e cioč PTK,
PMAK, PMEK:
TABELLA
0603072107 |
|||||
K |
L |
PTK(K) |
PTK(K–1) |
PMAK(K) |
PMEK(K) |
5 |
1 |
15,00 |
12,00 |
3,00 |
3,00 |
5 |
2 |
21,15 |
16,92 |
4,23 |
4,23 |
5 |
3 |
25,95 |
20,76 |
5,19 |
5,19 |
5 |
4 |
30,00 |
24,00 |
6,00 |
6,00 |
5 |
5 |
33,45 |
26,76 |
6,69 |
6,69 |
5 |
6 |
36,60 |
29,28 |
7,32 |
7,32 |
5 |
7 |
39,60 |
31,68 |
7,92 |
7,92 |
5 |
8 |
42,30 |
33,84 |
8,45 |
8,46 |
5 |
9 |
45,00 |
36,00 |
9,00 |
9,00 |
5 |
10 |
47,40 |
37,92 |
9,48 |
9,48 |
Calcoliamo
ad esempio PTK(5) tenendo fermo L = 4, tenendo presente che per
ottenere la corrispondenza con la tabella vanno utilizzati valori di divisioni,
moltiplicazioni o radici troncati a due cifre:
Per
calcolare PMAK(5) si puň utilizzare la formula:
PMAK(5)
= PTK(5) – PTK(4) = 30 – 24 = 6
Per
calcolare PMEK(5) utilizziamo la formula:
Nel
breve periodo esistono fattori fissi che non possono variare, e fattori
variabili. I costi dei fattori fissi prendono il nome di “costi fissi”.
Esempi
di costi fissi sono:
▸ Le spese per il pagamento di interessi
▸ Le spese pubblicitarie
▸ Le spese di sorveglianza
▸ Le spese di pulizia dei locali
▸ Gli ammortamenti degli impianti, le spese per
il deperimento e la riparazione degli edifici, le spese per la conservazione
dei terreni ecc.
Per
“ammortamento” di un determinato bene strumentale durevole gli economisti
intendono le somme che rappresentano il logorio annuale di tale bene. In
pratica, per poter rimpiazzare un bene strumentale acquistato, l’impresa deve
accantonare, per ogni anno della sua vita utile, una somma di denaro che
consenta, quando il bene non produrrŕ piů, di acquistare un bene analogo.
Queste somme annuali sono considerate il valore del logorio del bene
strumentale, e chiamate ammortamenti. Esse sono costi fissi, che l’impresa paga
sia che sfrutti l’impianto sia che non lo sfrutti.
Possiamo
anche definire gli ammortamenti il costo annuale di un bene strumentale
durevole: esso si ottiene all’incirca dividendo il costo del bene per il numero
di anni durante i quali esso risulterŕ utile.
▸ Le spese di amministrazione generale
(retribuzioni del personale di ufficio, degli addetti ai magazzini, del
personale di sorveglianza ecc.)
▸ I costi di assicurazione ed i fitti, i canoni
di locazione finanziaria (es. leasing degli impianti).
Il
costo totale dei fattori fissi prende il nome di “costo totale fisso”. Esso non
varia al variare della quantitŕ prodotta.
Il
costo medio dei fattori fissi prende il nome di “costo medio fisso”. Esso
diminuisce all’aumentare della quantitŕ prodotta, perché viene a ripartirsi su
un numero via via maggiore di unitŕ.
Il
costo totale dei fattori variabili prende il nome di “costo totale variabile”.
Sono
esempi di costi per fattori variabili i salari, il costo delle materie prime
utilizzate, dell’energia elettrica, dei combustibili, delle riparazioni
ordinarie ecc. I costi variabili dipendono direttamente dal volume di
produzione.
Il
costo medio dei fattori variabili prende il nome di “costo medio variabile”.
Il
costo totale č la somma dei costi totali fissi e dei costi totali variabili
Il
costo medio č la somma dei costi medi fissi e dei costi medi variabili.
Il
costo marginale č la variazione del costo totale conseguente alla variazione
della quantitŕ prodotta:
dove
PT č una determinata quantitŕ di prodotto.
La
nozione matematica di costo marginale considera variazioni ∆PT molto
piccole, vicine allo zero. Utilizzando un foglio elettronico normalmente, per
ottenere la nozione matematica di costo marginale, si utilizzano variazioni
dell’ordine di 0,00000000001.
La
definizione matematica precisa č quella di “derivata della funzione di costo
rispetto alla quantitŕ prodotta”:
che
si legge: “limite, per ∆PT che tende a zero, del rapporto tra la
variazione di CT e della variazione di PT”
Nei
testi didattici di economia, invece, viene considerato ∆PT = 1, in modo
che la formula diventa:
Conformemente
a questa formula, nei testi didattici il costo marginale di un dato fattore
viene definito come “l’incremento dei costi totali per effetto della produzione
di una unitŕ in piů di prodotto”
Noi
utilizzeremo quest’ultima formula per calcolare il costo marginale
Consideriamo
il breve periodo, in cui il fattore K č fisso (K = 5)
TABELLA
0603042101 |
||||||||||
PT |
K |
L |
CT(PT) |
CT(PT–1) |
CTF(PT) |
CTV(PT) |
CMA(PT) |
CME(PT) |
CMEF(PT) |
CMEV(PT) |
5 |
5 |
0,11 |
40,44 |
40,28 |
40,00 |
0,44 |
0,15 |
8,08 |
8,00 |
0,08 |
10 |
5 |
0,44 |
41,76 |
41,44 |
40,00 |
1,76 |
0,32 |
4,17 |
4,00 |
0,17 |
15 |
5 |
1,00 |
44,00 |
43,48 |
40,00 |
4,00 |
0,52 |
2,93 |
2,66 |
0,26 |
20 |
5 |
1,77 |
47,08 |
46,40 |
40,00 |
7,08 |
0,68 |
2,35 |
2,00 |
0,35 |
25 |
5 |
2,77 |
51,08 |
50,24 |
40,00 |
11,08 |
0,83 |
2,04 |
1,60 |
0,44 |
30 |
5 |
4,00 |
56,00 |
54,92 |
40,00 |
16,00 |
1,08 |
1,86 |
1,33 |
0,53 |
35 |
5 |
5,44 |
61,76 |
60,52 |
40,00 |
21,76 |
1,23 |
1,76 |
1,14 |
0,62 |
40 |
5 |
7,11 |
68,44 |
67,00 |
40,00 |
28,44 |
1,44 |
1,71 |
1,00 |
0,71 |
45 |
5 |
9,00 |
76,00 |
74,40 |
40,00 |
36,00 |
1,59 |
1,68 |
0,88 |
0,80 |
50 |
5 |
11,11 |
84,44 |
82,68 |
40,00 |
44,44 |
1,75 |
1,68 |
0,80 |
0,88 |
Eseguiamo
alcuni calcoli esemplificativi, tenendo presente che per ottenere la
corrispondenza con la tabella vanno utilizzati valori di divisioni,
moltiplicazioni o radici troncati a due cifre:
● Calcoliamo ad esempio CT(10)
Per
far questo abbiamo bisogno di sapere quanto lavoro impiega l’imprenditore per
produrre 10 unitŕ di prodotto, tenendo conto che vengono utilizzate 5 unitŕ di
capitale (fattore fisso).
Per
saperlo, occorre anzitutto risolvere rispetto ad L la formula della funzione di
produzione:
ottenendo:
Quindi
occorre sostituire in tale formula i valori dati di PT e di K, ottenendo:
Il
costo del lavoro impiegato per produrre 10 unitŕ di prodotto č quindi pari a 0,44
⋅
4 = 1,76
Il
costo del capitale impiegato per produrre 10 unitŕ di prodotto č invece pari a
5 ⋅
8 = 40
Il
costo totale di 10 unitŕ di prodotto č quindi di 41,76
● Calcoliamo ad esempio CTF(10)
Tenendo
conto che vengono impiegate 5 unitŕ di fattore fisso, ciascuna delle quali
costa 8 € abbiamo che CTF(10) = 40 €
● Calcoliamo ad esempio CTV(10)
Tenendo
conto che vengono impiegate 0,44 unitŕ di lavoro (vedi sopra il calcolo di
CT(10)) ciascuna del costo di 4 € abbiamo che CTV(10) = 0,44 ⋅ 4 = 1,76 €
● Calcoliamo ad esempio CMA(10)
Poiché
CMA(10) = CT(10) – CT(9) e sappiamo che CT(10) = 41,76, occorre calcolare CT(9)
con lo stesso sistema utilizzato per CT(10), ottenendo:
CT(9)
= 41,44
e
quindi:
CMA(10)
= CT(10) – CT(9) = 41,76 – 41,44 = 0,32
● Calcoliamo ad esempio CME(10)
Il
costo medio di 10 unitŕ di prodotto č dato da:
● Calcoliamo ad esempio CMEF(10)
Tenendo
conto che (vedi sopra) CTF(10) č pari a 5 ⋅ 8 = 40 € abbiamo:
● Calcoliamo ad esempio CMEV(10)
Tenendo
conto che (vedi sopra) CTV(10) č pari a 1,76 € abbiamo:
Il profitto normale e l’extraprofitto
La
nozione di costo per l’economista č alquanto differente di quella dell’addetto
alla contabilitŕ. L’economista considera un costo anche le spese che
l’imprenditore risparmia grazie a fattori di sua proprietŕ (es. proprietŕ dei
locali in cui esercita una impresa di ristorazione).
L’insieme
dei ricavi che l’imprenditore potrebbe ottenere cedendo ad altre imprese l’uso
dei fattori di sua proprietŕ che egli impiega nella propria impresa costituisce
un insieme di costi che va sotto il nome di “profitto normale”.
Tra
tali costi possiamo ricordare:
● Costi legati al lavoro dell’imprenditore
nell’impresa. Per ogni ora di lavoro dirigenziale svolta dall’imprenditore
viene contabilizzato un costo pari a quanto egli riceverebbe lavorando come
direttore generale presso imprese di terzi
● Costi legati all’impiego di capitali
dell’imprenditore. Viene contabilizzato un costo pari agli interessi che
l’imprenditore ricaverebbe dando in prestito tali capitali a terzi
● Costi legati all’impiego di risorse naturali
o beni immobili (es. edifici) di proprietŕ dell’imprenditore. Viene
contabilizzato un costo pari al canone di locazione che l’imprenditore potrebbe
ricavare cedendo a terzi l’uso di tali beni
● Costi legati all’impiego di beni strumentali
di proprietŕ dell’imprenditore. Se l’imprenditore utilizza la propria auto per
spostamenti aziendali si contabilizza un costo pari a ciň che potrebbe ottenere
noleggiando l’auto a terzi.
● Costi legati all’impiego di brevetti di
proprietŕ dell’imprenditore. Se l’imprenditore utilizza brevetti su proprie
invenzioni viene contabilizzato un costo pari a quanto egli potrebbe ricavare
concedendo a terzi lo sfruttamento dell’invenzione.
Tutto
ciň che l’impresa guadagna oltre il profitto normale viene chiamato
“extraprofitto” e coincide con la nozione comune di “profitto” a cui siamo
abituati a pensare.
Il
ricato totale č dato dalla moltiplicazione:
Numero
di unitŕ vendute ⋅
prezzo di vendita
e
cioč:
RT
= PT ⋅
p
Il
prezzo varia al variare della quantitŕ prodotta dalla impresa, perché le
famiglie accetteranno una data quantitŕ solo al prezzo che esse ritengono
conveniente, e aumenteranno i loro acquisti solo se il prezzo scende (vedi
figura 0603080935):
Dalla figura si vede che l’impresa potrŕ
vendere 40 unitŕ ad un prezzo di 6 €, realizzando un ricavo totale RT(60) = 240
€, ma potrŕ vendere 80 unitŕ al prezzo piů basso di 2 € realizzando un ricavo
totale piů basso RT(80) = 160 €
Il
ricavo marginale č la variazione del costo totale conseguente alla variazione
della quantitŕ prodotta:
dove
PT č una determinata quantitŕ di prodotto.
La
nozione matematica di ricavo marginale considera variazioni ∆PT molto
piccole, vicine allo zero. Utilizzando un foglio elettronico normalmente, per
ottenere la nozione matematica di ricavo marginale, si utilizzano variazioni
dell’ordine di 0,00000000001.
La
definizione matematica precisa č quella di “derivata della funzione di ricavo
rispetto alla quantitŕ prodotta”:
che
si legge: “limite, per ∆PT che tende a zero, del rapporto tra la
variazione di RT e della variazione di PT”
Nei
testi didattici di economia, invece, viene considerato ∆PT = 1, in modo
che la formula diventa:
Conformemente
a questa formula, nei testi didattici il ricavo marginale di un dato fattore
viene definito come “l’incremento dei ricavi totali per effetto della
produzione di una unitŕ in piů di prodotto”
Noi
utilizzeremo quest’ultima formula per calcolare il ricavo marginale
Consideriamo
il breve periodo, in cui il fattore K č fisso (K = 5)
TABELLA
0603042236 |
|||||
PT |
p |
RT(PT) |
RT(PT–1) |
RMA(PT) |
RME(PT) |
5 |
9,50 |
47,50 |
38,40 |
9,10 |
9,50 |
10 |
9,00 |
90,00 |
81,90 |
8,10 |
9,00 |
15 |
8,50 |
127,50 |
120,40 |
7,10 |
8,50 |
20 |
8,00 |
160,00 |
153,90 |
6,10 |
8,00 |
25 |
7,50 |
187,50 |
182,39 |
5,11 |
7,50 |
30 |
7,00 |
210,00 |
205,89 |
4,11 |
7,00 |
35 |
6,50 |
227,50 |
224,39 |
3,11 |
6,50 |
40 |
6,00 |
240,00 |
237,89 |
2,11 |
6,00 |
45 |
5,50 |
247,50 |
246,39 |
1,11 |
5,50 |
50 |
5,00 |
250,00 |
249,89 |
0,11 |
5,00 |
Eseguiamo
alcuni calcoli esemplificativi, tenendo presente che per ottenere la
corrispondenza con la tabella vanno utilizzati valori di divisioni,
moltiplicazioni o radici troncati a due cifre:
● Calcoliamo ad esempio RT(10)
Per
far questo abbiamo bisogno di sapere qual č il prezzo al quale i consumatori
sono disposti ad acquistare 10 unitŕ di prodotto.
Data
la funzione di domanda dei consumatori:
Domanda
= 100 – Prezzo * 10
risolvendo
per il prezzo otteniamo:
da
cui, inserendo il valore della domanda (10) otteniamo:
Moltiplicando
il prezzo unitario di 9 € per la quantitŕ di unitŕ vendute (10 unitŕ) otteniamo
un ricato totale RT(10) = 90 €
● Calcoliamo ad esempio RMA(10)
Poiché
RMA(10) = RT(10) – RT(9), calcoliamo, come visto sopra, i due valori:
RT(10)
= 90
RT(9)
= 81,90
e
dalla loro differenza otteniamo:
RMA(10)
= 90 – 81,9 = 8,10
● Calcoliamo ad esempio RME(10)
Il
ricavo medio di 10 unitŕ di prodotto č dato da:
Il
profitto marginale č la variazione del profitto totale conseguente alla
variazione della quantitŕ prodotta:
dove
PT č una determinata quantitŕ di prodotto.
La
nozione matematica di profitto marginale considera variazioni ∆PT molto
piccole, vicine allo zero. Utilizzando un foglio elettronico normalmente, per
ottenere la nozione matematica di profitto marginale, si utilizzano variazioni
dell’ordine di 0,00000000001.
La
definizione matematica precisa č quella di “derivata della funzione di profitto
rispetto alla quantitŕ prodotta”:
che
si legge: “limite, per ∆PT che tende a zero, del rapporto tra la
variazione di PRT e della variazione di PT”
Nei
testi didattici di economia, invece, viene considerato ∆PT = 1, in modo
che la formula diventa:
Conformemente
a questa formula, nei testi didattici il profitto marginale di un dato fattore
viene definito come “l’incremento dei profitti totali per effetto della
produzione di una unitŕ in piů di prodotto”
Noi
utilizzeremo quest’ultima formula per calcolare il profitto marginale
Consideriamo
il breve periodo, in cui il fattore K č fisso (K = 5)
TABELLA
0603042249 |
|||||||
PT |
RT |
CT |
PRT |
RMA |
CMA |
PRMA |
PRME |
5 |
47,50 |
40,44 |
7,06 |
9,10 |
0,15 |
8,95 |
1,41 |
10 |
90,00 |
41,76 |
48,24 |
8,10 |
0,32 |
7,78 |
4,82 |
15 |
127,50 |
44,00 |
83,50 |
7,10 |
0,52 |
6,58 |
5,56 |
20 |
160,00 |
47,08 |
112,92 |
6,10 |
0,68 |
5,42 |
5,64 |
25 |
187,50 |
51,08 |
136,42 |
5,11 |
0,83 |
4,28 |
5,45 |
30 |
210,00 |
56,00 |
154,00 |
4,11 |
1,08 |
3,03 |
5,13 |
35 |
227,50 |
61,76 |
165,74 |
3,11 |
1,23 |
1,88 |
4,73 |
40 |
240,00 |
68,44 |
171,56 |
2,11 |
1,44 |
0,67 |
4,28 |
45 |
247,50 |
76,00 |
171,50 |
1,11 |
1,59 |
-0,48 |
3,81 |
50 |
250,00 |
84,44 |
165,56 |
0,11 |
1,75 |
-1,64 |
3,31 |
Eseguiamo
alcuni calcoli esemplificativi, tenendo presente che per ottenere la corrispondenza
con la tabella vanno utilizzati valori di divisioni, moltiplicazioni o radici
troncati a due cifre:
Per
calcolare il profitto totale di 10 unitŕ PRT(10) sottraiamo al ricavo totale di
10 unitŕ il costo totale di 10 unitŕ:
PRT(10)
= RT(10) – CT(10) = 90 – 41,76 = 48,24
Per
calcolare il profitto marginale della decima unitŕ PRMA(10) sottraiamo al
ricavo marginale della decima unitŕ RMA(10) il costo marginale della decima
unitŕ CMA(10):
PRMA(10)
= RT(10) – CMA(10) = 8,10 – 0,32 = 7,78
Il
profitto medio di 10 unitŕ PRME(10) si ottiene dalla formula:
Le curve di breve periodo della impresa tipica e i loro
rapporti
Analizziamo
la situazione dell’impresa nel breve periodo (cosiddetta “analisi di breve
periodo”).
La
legge dei rendimenti decrescenti dei fattori dice che nel breve periodo ad
incrementi del fattore o fattori variabili corrisponderanno incrementi sempre
minori (= meno che proporzionali) della produzione. Un esempio tipico si ha con
le risorse naturali che, nel periodo breve non sono aumentabili: aumentando la
flotta dei pescherecci aumenta di poco o al limite non aumenta il pescato.
Come
si vede dalla figura 0603051136 la legge dei rendimenti decrescenti si
riferisce all’andamento della produttvitŕ marginale a partire dal punto A.
Normalmente una impresa che nel breve periodo vuole espandere la produzione si
trova oltre il punto A, anche se in qualche caso imprese con grandi impianti
non utilizzati possono per lungo tempo operare in una situazione di rendimenti
crescenti (zona prima del punto A).
La
legge dei rendimenti decrescenti dei fattori non ha a che fare con la
disponibilitŕ limitata di risorse naturali, perché esse possono essere
aumentate nel lungo periodo.
Dal
rendimento (= produttivitŕ marginale) decrescente del fattore variabile deriva,
come si vede dalla figura 0603051136 l’andamento prima piů che proporzionale
poi meno che proporzionale e infine decrescente del grafico del prodotto
totale. Fino al punto B la produzione cresce a ritmo crescente; dal punto B al
punto C la produzione aumenta a ritmo decrescente; dal punto C in poi la
produzione diminuisce.
A
partire dal punto B (cioč oltre il settimo lavoratore impiegato o, a seconda
delle unitŕ di misura scelte, della settima ora di lavoro impiegata) il
prodotto totale non aumenta, ma anzi inizia a diminuire.
Dal
rendimento (= produttivitŕ marginale) decrescente del fattore variabile deriva
anche, nel breve periodo, la tipica forma dei costi “a scodella”.
Per
spiegare la legge dei rendimenti decrescenti del fattore variabile facciamo
l’esempio di un cantiere edile dove sono impiegati dieci operai. Volendo
espandere la produzione (per esempio, accelerare la costruzione di uno
stabile), vengono impiegati via via altri oprai. La produzione allora manifesta
un andamento crescente, ma il ritmo con cui cresce č progressivamente
declinante: la produzione del cantiene aumenta in misura meno che proporzionale
rispetto all’aumento degli operai occupati. Ciň si verifica perché, all’aumentare delle unitŕ lavorative
in uno stesso posto di lavoro, ci si allontana gradatamente dalla “dimensione
ottima”: il lavoro diviene piů difficilmente gestibile, i controlli sono piů
sporadici e cosě via Si perde, insomma, una certa razionalizzazione della
produzione. Se nel cantiene venissero impiegati ulteriori operai, prima o poi
si arriverebbe a un punto di “saturazione”. I lavoratori utilizzati finirebbero
per ostacolarsi nello svolgimento delle proprie mansioni, creando le premesse
per un rallentamento della produzione. Da una crescita della produzione, sia
pure a ritmo decrescente, si passerebbe a una diminuzione della produzione. E’
questa la fase in cui la produttivitŕ marginale diviene prima nulla, poi negativa.
La
nozione matematica di prodotto marginale PMAL(6) relativo ad una
produzione ottenuta con 6 unitŕ di prodotto č la pendenza della linea R
tangente nel punto P.
La
nozione matematica di prodotto medio PMEL(6) ottenuto con l’impiego
di 6 unitŕ di fattore lavoro č la inclinazione della linea S, che unisce
l’origine al punto P
Dalla
figura 0603051209 possiamo vedere che anche il prodotto o produttivitŕ media,
per la stessa legge dei rendimenti marginali decrescenti dei fattori č prima
crescente poi decrescente fino a diventare negativo
Dal
rendimento (= produttivitŕ marginale) decrescente del fattore variabile deriva
anche, nel breve periodo, la tipica forma dei costi a scodella e la conseguente
forma della linea di costo totale (fig. 0603051152).
Come si vede dalla figura 0603051152 se i
costi marginali decrescenti (a sinistra della linea tratteggiata) i costi
crescono meno che proporzionalmente rispetto alla produzione (la pendenza della
linea di costo č decrescente), mentre se i costi marginali sono crescenti (a
destra della linea tratteggiata) i costi crescono piů che proporzionalmente
rispetto alla produzione (pendenza crescente della linea di costo).
Se,
per ogni livello di produzione PT sommiamo il costo totale fisso col costo
totale variabile otteniamo il grafico di figura 0603051355:
La
nozione matematica di costo marginale relativo ad un prodotto OQ di 30 unitŕ č
data dalla pendenza della retta S, mentre la nozione matematica di costo medio
relativo a 30 unitŕ di prodotto č data dalla pendenza della retta R (fig.
060305 1355).
Le
figura 0603051220 mostra l’andamento del costo medio fisso: aumentando le unitŕ
prodotte i costi fissi vengono ripartiti su un numero sempre maggiore di unitŕ
e quindi diminuiscono.
La
figura 0603051225 mostra l’andamento del costo medio variabile: anch’esso, per
la legge dei rendimenti decrescenti del fattore variabile, ha una forma a
scodella.
Anche
la curva del costo marginale (fig. 0603051220) per la legge dei rendimenti
decrescenti del fattore variabile ha forma a scodella.
L’esatta
posizione reciproca delle due curve CMA e CME č mostrata nella figura
0603051225. Come si puň vedere, in tutti i punti in cui il costo medio č sopra
il costo marginale il costo medio decresce; in tutti i punti in cui il costo
medio č al disotto del costo marginale il costo medio cresce; Nel punto in cui
i due costi sono uguali, il costo medio tocca un valore minimo.
Le curve di costo di lungo periodo dell’impresa tipica
Nel
lungo periodo si suppone che tutti i fattori produttivi diventino variabili.Mentre
il costo totale di breve periodo viene ottenuto considerando, per ciascun
livello produttivo una sola combinazione di fattori, quella che l’imprenditore
č costretto a scegliere avendo un fattore fisso (almeno nel caso in cui esista
un solo fattore variabile), nel caso dei costi totali di lungo periodo il
costo, per ciascun livello di produzione, č dato dalla combinazione ottima dei
fattori.
La
curva di costo medio di lingo periodo CMEL č ottenuta dalle curve di costo
medio di breve periodo, che in questo paragrafo chiameremo CMEB.
La
figura 0603051258 e la figura 0603052108 mostrano come la curva CMEL dei costi
medi di lungo periodo sia costituita dai tratti discendenti delle curve di
costo di breve periodo. All’aumentare del numero delle curve di costo di breve
periodo considerato si ottengono le figure 0603051250, 0603051302 e 0603051253
rispettivamente per il caso di rendimenti di scala decrescenti, costanti e
crescenti.
Le
figure 0603051320 e 0603051321 mostrano come una impresa che nel lungo periodo
incontra rendimenti costanti di scala (il prodotto cresce in proporzione alla
crescita della quantitŕ impiegata dei fattori) ha una curva di costo medio di
lungo periodo CMEL costante (parallela all’asse orizzontale), che corrisponde
ad un andamento rettilineo dei costi totali CTL
Le
figure 0603051329 e 0603051330 mostrano come una impresa che nel lungo periodo
incontra rendimenti crescenti di scala (il prodotto cresce piů che
proporzionalmente rispetto alla crescita della quantitŕ impiegata dei fattori)
ha i costi medi di lungo periodo CMEL che diminuiscono, ciň che corrisponde ad
un andamento rettilineo dei costi totali CTL a pendenza via via decrescente
Le
figure 0603051331 e 0603051332 mostrano come una impresa che nel lungo periodo
incontra rendimenti decrescenti di scala (il prodotto cresce meno che
proporzionalmente rispetto alla crescita della quantitŕ impiegata dei fattori)
ha i costi medi di lungo periodo CMEL che aumentano, ciň che corrisponde ad un
andamento dei costi totali CTL a pendenza via via crescente.
Si
noti che i costi totali partono dall’origine, a differenza che nel caso di
breve periodo, perché tutti i fattori possono essere variati, e quindi ad una
produzione zero non ci sono fattori fissi, cosicché il costo č zero.
Le curve di costo di lungo periodo dell’industria
concorrenziale
Nel
lungo periodo, se il prezzo č superiore ai costi delle imprese, nuove imprese
entreranno nel mercato facendo aumentare la produzione e diminuire il prezzo.
Se
il prezzo diviene invece inferiore ai costi delle imprese, le imprese
ultramarginali usciranno dal mercato facendo diminuire la produzione ed
aumentare il prezzo.
Entrambi
questi meccanismi garantiscono che il costo medio di lungo periodo sia pari al
costo medio.
Nelle
figure 0603060803, 0603060809, 0603060811 vengono mostrate le curve di offerta
di lungo periodo rispettivamente per una industria a costi costanti, crescenti
o decrescenti. Mano a mano che aumenta la domanda sia la curva di offerta che
la curva di domanda di breve periodo si spostano, dando luogo ai punti che
formano la curva di offerta di lungo periodo.