SISTEMA ECONOMICO IN GENERALE E NOZIONI MATEMATICHE DI BASE

 

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IL SISTEMA ECONOMICO

Sia l'economia che il diritto studiano il gruppo umano, ma da due differenti punti di vista

Alla base dei comportamenti economici ci sono i bisogni

Le "risorse" o "fattori di produzione" consentono di produrre beni e servizi

I beni economici. I servizi. La utilita’

La classificazione dei beni e dei servizi: Strumentali, di consumo, durevoli, non durevoli

La classificazione dei beni e servizi: Intermedi e finali

Le merci. I manufatti

La scarsita' delle risorse

Allocazione pubblica e allocazione privata delle risorse

L'homo oeconomicus

I soggetti economici

Le attivita' economiche

"Reddito monetario" e "reddito reale" di un soggetto economico

"Reddito nazionale reale" e "reddito nazionale monetario" di una intera nazione

"Ricchezza"

 

I  PROBLEMI DELLA SCIENZA ECONOMICA

Comportamento del consumatore

Comportamento dell'imprenditore

Il funzionamento del mercato

Gli alti e bassi della attività economica

Lo sviluppo economico

La distribuzione del reddito

Le banche e la moneta

Il commercio internazionale e i cambi

Politica economica

 

IL METODO DELL’ECONOMIA

Possiamo  prevedere il comportamento economico degli esseri umani?

 

NOZIONI MATEMATICHE DI BASE

Il  linguaggio della scienza economica

Le  coordinate cartesiane e la rappresentazione geometrica di grandezze numeriche

La  nozione di funzione

La  rappresentazione geometrica di una funzione. Grafico di una funzione

La  tangente ad una curva in un punto

La  pendenza di una curva. Pendenza finita e pendenza puntuale

Osserviamo la pendenza delle tangenti per determinare il tipo di curva

Classificazione  delle curve in base al diverso rapporto tra Δx e Δy

Curva di pendenza costante ed eguale a zero

Curva di pendenza infinita

Curva di pendenza positiva e costante

Curva di pendenza positiva e crescente

Curva di pendenza positiva e decrescente

Curva di pendenza negativa e costante

Curva di pendenza negativa e crescente in valore assoluto

Grafico del rapporto direttamente proporzionale tra due grandezze

Grafico del rapporto inversamente proporzionale tra due grandezze

Riepilogo della classificazione delle curve

Calcoli  con valori percentuali

 

I RAPPORTI TRA I SOGGETTI DEL SISTEMA ECONOMICO

Il circuito famiglie-imprese. La legge di Say.

I flussi tra i soggetti del sistema economico

 

 


IL SISTEMA ECONOMICO

 

 

Sia l'economia che il diritto studiano il gruppo umano, ma da due differenti punti di vista

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   Sia che l'economia che il diritto studiano il funzionamento del gruppo umano.

Sia l'economia che il diritto studiano il gruppo umano, ma da punti di vista differenti.

Il diritto vede il gruppo come un insieme di persone i cui comportamenti sono regolati da norme di condotta. Il nome che si dà a tale gruppo è Stato (più raramente: istituzione).

   Il punto di vista dell'economia.

L'economia vede il gruppo come un insieme di persone che hanno a disposizione delle risorse limitate (materie prime, lavoro, ecc.) e le impiegano per produrre beni o servizi con cui soddisfare i propri bisogni. Il gruppo visto dall'economista si chiama sistema economico.

 

 

Alla base dei comportamenti economici ci sono i bisogni

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   Cos'è un bisogno

Per "bisogno" si intende una sensazione penosa di insoddisfazione che spinge l'individuo a cercare i mezzi per eliminarla.

   Bisogni primari e bisogni secondari

     I bisogni primari sono quelli indispensabili alla sopravvivenza di un individuo

     I bisogni secondari o di civiltà (istruzione,trasporti, televisione, vacanze ecc) sono quelli la cui soddisfazione migliora la condizione di vita dell’individuo

   Bisogni individuali, bisogni collettivi, bisogni pubblici

Esistono "bisogni individuali" e "bisogni collettivi".

Questi ultimi sono avvertiti non da singoli individui, ma da tutta la collettività, poiché sono importanti per la sua (ordinata) sopravvivenza: bisogno di tribunali e di giustizia; bisogno d'ordine garantito da forze di polizia; bisogno di difesa dello stato da aggressioni militari, ecc.

Si dicono “bisogni pubblici” i bisogni collettivi soddisfatti dallo Stato o da un altro ente pubblico, in quanto il loro soddisfacimento è sentito come particolarmente importante per la collettività

 

 

Le "risorse" o "fattori di produzione" consentono di produrre beni e servizi

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   Cosa sono le risorse

Per "risorse", o "fattori di produzione" si intende tutto ciò che può essere utilizzato per produrre beni e servizi che soddisfino bisogni umani.

   La risorsa o fattore di produzione “lavoro”

     Il lavoro è la capacità dell’uomo di svolgere una attività manuale o intellettuale

   Le risorse “beni capitali”

Il lavoro va combinato con degli strumenti (detti "beni capitali" o "beni strumentali", o semplicemente, "capitale fisico").

Tra i beni capitali includiamo sia i beni capitali durevoli, che possono essere usati ripetutamente per produrre (martello, pressa idraulica, autocarro, ecc...), sia i beni strumentali non durevoli, chiamati anche semilavorati o materie prime, che vengono distrutti nel ciclo produttivo senza possibilità di riutilizzazione (es.: la plastica delle bottiglie, il cuoio delle scarpe, i lingotti di ferro utilizzati per produrre le lamiere).

   La differenza tra “materie prime” e “risorse naturali”

     Alcuni beni strumentali non durevoli (semilavorati) prendono il nome di “materie prime”.

     Si distinguono “materie prime energetiche” (petrolio, uranio, carbone…) da “materie prime non energetiche” (ferro, gomma, legno…)

     Le materie prime non sono altro che dei semilavorati che possiedono le seguenti proprietà:

·    Hanno subito  un grado modesto di lavorazione, che le avvicina alle risorse naturali (con cui però non vanno confuse)

·    Sono utilizzabili per un gran numero di produzioni diverse (si pensi al petrolio, da cui si ricavano combustibili, fibre tessili, oggetti in plastica ecc)

   La risorsa "natura" o "risorse naturali"

Accanto alle materie prime esistono delle risorse prelevate direttamente dalla natura, senza nessuna trasformazione umana. Il mare, le foreste, i batteri utilizzati nella fermentazione della birra, sono tutti esempi di ciò che viene chiamato "risorse naturali" o "natura", a disposizione dell'uomo senza aver subito nessuna trasformazione precedente.

   Le conoscenze tecnologiche

Oltre a quelle che abbiamo elencato occorre un'altra risorsa: le conoscenze tecnologiche. Nessuno infatti produce il formaggio, pur avendo a disposizione latte e recipienti, se non conosce il giusto procedimento.

 

 

I beni economici. I servizi. La utilita’

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   Cosa intende l'economista per "bene"?

Per l'economista "bene" è qualsiasi oggetto che sia in grado di soddisfare, direttamente (se consumato) o indirettamente (se impiegato nel processo produttivo), un bisogno.

   Il bene deve essere utile

La caratteristica principale del "bene" è l'utilità. Si definisce utile un bene che è in grado di soddisfare direttamente o indirettamente un bisogno umano.

   La produzione dei beni

Alcuni beni utili si trovano già in natura, ma la maggior parte è il prodotto finale di un "processo produttivo" compiuto dall'uomo mediante la combinazione delle risorse.

   I "beni economici" sono un sottoinsieme dei "beni".

Gli economisti si occupano più spesso di quei beni che hanno una utilità nota, sono accessibili, sono presenti in quantità scarsa e non si occupano che marginalmente di oggetti che non abbiano queste caratteristiche.

   I "beni liberi" differiscono dai "beni economici"

L'aria, l'acqua del mare, le foreste, il sole, sono disponibili in quantità illimitata, e nessuno paga un prezzo per il loro utilizzo. Essi sono chiamati "beni liberi". Oggi gli economisti cominciano ad occuparsi dei beni liberi, poiché anche essi iniziano a diventare scarsi, ed è molto sentita l'esigenza di coordinarne l'uso tra i vari soggetti (stati, imprese, famiglie) per conservarli e sfruttarli razionalmente.

   Anche le "risorse" materiali (natura, materie prime, macchinari, ecc.) rientrano nella categoria dei "beni".

   Anche le conoscenze tecnologiche sono considerate particolari tipi di beni ("beni immateriali")

   I "servizi"

Per "servizi" si intendono le modificazioni utili che una cosa o l’attività di una persona apporta ad un altro individuo per soddisfare i suoi bisogni, aumentando le utilità a sua disposizione. Si dice che mentre il bene è materiale, il servizio è immateriale. Il taglio dei capelli, la lezione di un professore, il trasporto da parte di un taxista sono tutti esempi di servizi, considerati dall'economista allo stesso modo dei beni.

 

 

La classificazione dei beni e dei servizi: Strumentali, di consumo, durevoli, non durevoli

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   Beni e servizi di consumo e beni e servizi strumentali

Sia i beni che i servizi possono essere suddivisi in due grandi categorie: a) beni o servizi di consumo; b) beni o servizi strumentali o di produzione. I primi possono essere impiegati direttamente per soddisfare un bisogno umano (ciclomotori, televisori, giornali, ecc.); i secondi possono essere utilizzati per produrre beni o servizi del primo tipo (autocarri, lingotti di ferro, servizi di vigilanza a negozi e a fabbriche, assicurazione per imprenditori, ecc.). I beni strumentali, anziché dai consumatori finali, sono utilizzati dai produttori (imprese).

   Beni durevoli e non durevoli

Sia i beni (o servizi) di consumo, sia i beni (o servizi) strumentali possono essere durevoli (= utilizzabili ripetutamente per più atti di produzione o di consumo) e non durevoli (= utilizzabili per un solo atto di produzione o di consumo).

   I beni immateriali

I beni incorporei come le invenzioni, le creazioni artistiche ecc. sono anche definiti “beni immateriali” (i servizi, anche se immateriali non sono inclusi tra ciò che si definisce “beni immateriali”).

   Riepilogo della classificazione dei beni e servizi

·    Beni

·    Beni liberi

·    Beni economici

·    Beni immateriali (invenzioni, creazioni artistiche ecc.)

·    Risorse naturali

·    Beni di consumo

·    Beni di consumo durevoli (automobili, televisori ecc.)

·    Beni di consumo non durevoli (giornali, generi alimentari, benzina, sigarette, ecc.)

·    Beni strumentali

·    Beni strumentali durevoli (autocarri, torni, martelli ecc.)

·    Beni strumentali non durevoli (lingotti di ferro, pelli, viti ecc.)

·    Materie prime

·    Altri beni strumentali non durevoli diversi dalle materie prime

·    Servizi

·    Servizi di consumo (resi ai consumatori) (taxi, taglio dei capelli)

·    Servizi strumentali (resi alle imprese) (servizi bancari, di vigilanza)

 

 

La classificazione dei beni e servizi: Intermedi e finali

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Un'altra distinzione è quella tra "beni finali" e "beni intermedi". Sono "beni finali" quelli che nel periodo considerato rappresentano il punto finale del processo produttivo, in quanto non saranno ulteriormente trasformati (es. autocarri o presse, che nell'anno di produzione si considerano non ancora impiegati per produrre altri beni), mentre sono "beni intermedi" quelli che nel periodo considerato verranno ulteriormente trasformati per ottenere il bene finale (ad esempio la gomma utilizzata per la costruzione di un pneumatico è da considerare bene intermedio, perché il processo produttivo prosegue, trasformandola nel bene finale pneumatico).

 

 

Le merci. I manufatti

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Sono chiamate merci i beni che vengono venduti e acquistati in un mercato; in altre parole che hanno un prezzo e si possono vendere e comperare. Normalmente tutti i beni economici sono da considerare merci.

Un altro termine utilizzato per indicare gli oggetti materiali prodotti con impiego di lavoro umano è quello di "manufatti".

 

 

La scarsita' delle risorse

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   Il concetto di "scarsità" è collegato ai bisogni.

In tutti i sistemi economici osservabili le risorse disponibili (lavoro, beni strumentali, natura, conoscenze tecnologiche) non sono sufficienti per soddisfare tutti i bisogni. Questa situazione viene definita "situazione di scarsità delle risorse".

Per "risorse scarse" si intende "scarse rispetto ai bisogni da soddifare". Malgrado l'uomo sia riuscito ad aumentare la quantità di beni prodotti dall'inizio della sua storia ad oggi, rimangono ancora molti bisogni insoddisfatti, ed inoltre sono nati bisogni nuovi, cosicché si può dire che, anche se il numero di beni di cui possiamo disporre è aumentato a dismisura rispetto ad altri periodi storici, viviamo ancora in una situazione di scarsità di risorse.

   La scarsità delle risorse richiede che il sistema economico prenda delle decisioni

Già quanto detto mostra che l'utilizzo delle risorse per soddisfare i bisogni del gruppo richiede che vengano prese delle decisioni; poiché non si può soddisfare i bisogni di tutti né produrre tutto quel che si vuole occorrerà stabilire:

·    Cosa produrre

Poiché le risorse sono scarse, occorre decidere quali beni o servizi produrvi, rinunciando a beni e servizi meno utili. Domande del tipo: "dovremmo utilizzare il ferro per produrre mezzi militari o balconi per abitazioni?"; "impiegheremo più terreni come campi da gioco che come aree fabbricabili o viceversa?" costituiscono il problema definito "problema di allocazione delle risorse" consistente appunto del determinare l'uso da fare di risorse scarse.

·    In quale misura distribuire ai singoli il prodotto ottenuto

Stabilire il reddito monetario, e cioè la somma guadagnata da un individuo che ha preso parte al processo di produzione, vuol dire attribuirgli una frazione più o meno grande di quel prodotto.

Domande come: "dovranno essere più alti i redditi dei camionisti o degli avvocati?" "Chi stabilisce la parte dei ricavi che va all'imprenditore come profitto e la parte destinata ai salari?" costituiscono appunto quello che in economia si chiama "il problema della distribuzione" (delle risorse)

   Un sistema economico, più che come una macchina per produrre, viene visto dall'economista come una macchina per prendere decisioni.

Il sistema economico può essere visto come una grande macchina per prendere queste ed altre importanti decisioni.

Un sistema economico è quindi anche e principalmente un sistema che prende decisioni e in cui circolano informazioni.

   Il sistema dei prezzi serve a scambiare informazioni tra i soggetti nei sistemi economici in cui le decisioni vengono prese con il contributo di un gran numero di individui

In un sistema economico capitalistico, tutti contribuiscono, col loro comportamento, a formare queste decisioni: ad esempio le famiglie, domandando una maggiore quantità di un determinato bene rispetto ad altri ne fa crescere i prezzi, e questo segnala agli imprenditori quali sono le produzioni più richieste.

A loro volta gli imprenditori devono fare i conti con il costo delle materie prime e degli altri fattori produttivi, cercando di economizzare le risorse più scarse (più costose) e di impegare invece quelle più abbondanti (meno costose).

Un alto prezzo di vendita della merce da parte dell'imprenditore segnalerà ai consumatori che tale sostituzione non è pienamente riuscita, e che per la produzione del bene vengono impiegate risorse scarse, che occorre economizzare.

 

 

Allocazione pubblica e allocazione privata delle risorse

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Anche lo stato contribuisce a indirizzare l'attività produttiva, privando, i cittadini ,con il prelievo fiscale, del potere di spendere una parte dei loro redditi come essi vorrebbero, e producendo con le somme prelevate beni e servizi che ritiene (maggiormente) utili per la collettività.

Quando a decidere i beni da produrre sono i singoli attraverso la loro spesa si parla di "allocazione privata delle risorse"; quando invece è lo stato a stabilire cosa produrre attraverso il prelievo fiscale si parla di "allocazione pubblica delle risorse".

In entrambi i casi si può dire che sono sempre i singoli membri del sistema a "votare" quali beni produrre: nella allocazione privata attraverso ogni lira spesa per questo anziché per quel bene ("una lira - un voto", potremmo dire); nella allocazione pubblica attraverso la elezione dei propri rappresentanti al Parlamento ("una testa - un voto", potremmo dire).

 

 

L'homo oeconomicus

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Poiché le risorse sono scarse è interesse di tutti utilizzarle nel modo migliore possibile. L'economista studia il comportamento dell'individuo che, consapevole della necessità di non sprecare risorse, cercherà sempre di ottenere la massima utilità da quanto ha a disposizione. Dovrà quindi agire razionalmente: la persona razionale, che ha come scopo la massimizzazione della utilità che può ricavare dalle risorse viene chiamata "homo oeconomicus".

All'"homo oeconomicus" si contrappone lo "sciocco" o "soggetto non razionale". L'"homo oeconomicus", essendo un individuo razionale, posto di fronte ad una scelta, reagirà in modo prevedibile, qualora se ne conoscano gli obiettivi.

Una persona razionale, di fronte a due bancarelle che espongono la stessa merce a prezzi diversi sceglierà quella dal prezzo più basso, perché il suo obiettivo è tipicamente di massimizzare la propria utilità.

Mentre è possibile creare una teoria che preveda il comportamento razionale dell'"homo oeconomicus", il comportamento dello sciocco è difficilmente prevedibile.

Su di lui, sulle sue motivazioni e le sue strategie gli economisti non possono fare previsioni e quindi non possono costruire una scienza del suo comportamento che permetta descriverne i meccanismi e di prevederlo.

Nell'esempio fatto sopra, lo sciocco potrebbe scegliere la bancarella col prodotto più costoso, ma venduto dalla fruttivendola con la scollatura.

Una famiglia razionale, per fare ancora un esempio, se dispone di sole 10.000 lire cercherà di acquistare con le prime mille lire una dose del bene per essa più utile e cointinuerà scegliendo via via cosa acquistare tra i beni rimasti più utili.

 

 

I soggetti economici

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   I soggetti economici

Famiglie, imprese, stato ed enti pubblici (comuni, regioni, IRI, ENI, ecc.), resto del mondo (cioè famiglie, imprese e autorità del resto del mondo) sono i soggetti economici.

   Le "famiglie"

Per "famiglia" si intende più precisamente la unità di consumo: una persona o un gruppo che prendono unitariamente le decisioni di consumo: cosa consumare.

Un soggetto che vive solo è una famiglia, come pure un convento, una nave straniera che approda in un porto italiano e il cui capitano fa acquisti per la navigazione.

   Le "imprese"

Impresa è la unità di produzione: una persona o un gruppo di persone (soci) che produce beni o servizi prendendo decisioni del tipo: quanto produrre, cosa produrre, come produrre. L'economista considera "impresa" sia un colosso come la General Motors che l'hippie che fabbrica collanine all'angolo della strada, sia il piccolo negoziante che vende generi alimentari.

   Il "resto del mondo"

Come già detto, si tratta delle imprese, delle autorità e delle famiglie estere

   Soggetti diversi svolgono attività (parzialmente) diverse.

Il ruolo dei soggetti che operano nel sistema è quindi diverso. Famiglie, imprese e Stato risparmiano. Le famiglie consumano. Le imprese e lo stato producono. Le imprese e lo stato investono. Imprese, famiglie e stato scambiano.

 

 

Le attivita' economiche

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   I soggetti economici svolgono un certo numero di attività:

·    Il consumo

·    Lo scambio

·    La distribuzione del prodotto alle varie famiglie

·    La produzione

   La produzione

L'economista definisce produzione qualsiasi modificazione o trasformazione che aumenti la utilità di ciò che è a disposizione dei soggetti.

Si distinguono vari tipi di trasformazione:

·    Trasformazione materiale

Ad es. un lingotto di metallo viene fuso per creare un gioiello; lamiere e altri componenti vengono prodotti e assemblati per ottenere un'automobile

·    Trasformazione nel tempo

Tutte le operazioni di magazzinaggio, conservazione in celle frigorifere, inscatolamento, essiccazione, salatura, liofilizzazione, permettono ad un prodotto deperibile di essere consumato in un momento successivo (formaggi, insaccati, frutta secca ecc.)

·    Trasformazione nello spazio

Tutte le operazioni di trasporto modificano la posizione dei beni nello spazio

·    Trasformazione nel modo

Tutte le operazioni svolte dai commercianti che acquistano merce sfusa dal grossista, la mettono a disposizione in piccole porzioni o in esemplari singoli vicino alla abitazione dei clienti, offrono servizi di consulenza, possono essere considerate "trasformazioni nel modo"

   Il risparmio

Gli economisti definiscono risparmio l'atto con cui un soggetto economico che dispone di un reddito rinuncia a consumare il suo reddito cioè non lo utilizza per effettuare consumi.

   L'investimento

E' l'atto con cui le imprese chiedono/acquistano nuovi beni strumentali durevoli per aumentare il numero di quelli già posseduti, oppure chiedono/acquistano nuovi beni strumentali non durevoli per aumentare la quantità di quelli che utilizzano abitualmente, oppure chiedono/acquistano beni strumentali durevoli per rimpiazzare quelli messi fuori uso dal processo produttivo.

In sintesi l'investimento è l'acquisto di nuovi beni strumentali (nuovi impianti e macchinari, una maggiore quantità di scorte in magazzino, ecc.).

 

 

"Reddito monetario" e "reddito reale" di un soggetto economico

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   Il "reddito monetario" di un soggetto

Si definisce "reddito monetario" di un soggetto la quantità di denaro che questi guadagna annualmente o comunque periodicamente.

   Il "reddito reale" di un soggetto

Si definisce "reddito reale" l'insieme dei beni che possono essere acquistati col reddito monetario. Nei paesi primitivi alle persone viene dato direttamente reddito reale, in quanto vangono pagati in natura (sacchi di fagioli, formaggi, chiodi, pentole).

 

 

"Reddito nazionale reale" e "reddito nazionale monetario" di una intera nazione

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   "Reddito nazionale reale"

Si parla anche di "reddito nazionale reale", intendendo la quantità di beni e servizi prodotti da una nazione in un anno.

   "Reddito nazionale monetario"

Il "reddito nazionale monetario" non è altro, allora, che il valore in moneta del reddito nazionale reale.

 

 

"Ricchezza"

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   La "ricchezza"

Si definisce "ricchezza" l'insieme dei beni già prodotto a disposizione di un singolo soggetto o di una nazione. Mentre la ricchezza indica beni che già esistevano all'inizio di un certo periodo, il reddito indica i beni di nuova produzione che saranno creati in quel periodo.

 

 

 

 

I  PROBLEMI DELLA SCIENZA ECONOMICA

 

 

Comportamento del consumatore

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E' la branca della economia che si occupa di rispondere a domande del tipo:

In che modo le famiglie scelgono i beni da consumare?

Conoscendo il prezzo di due beni e il reddito della famiglia, possiamo ragionevolmente prevedere cosa acquisterà e quanto risparmierà?

In un paese composto prevalentemente di giovani il risparmio sarà più alto che in un paese con una popolazione anziana?

Un paese arabo con la ricchezza concentrata nelle mani della persona del sultano consumerà più beni di lusso di un paese democratico che dispone della stessa ricchezza, ma ripartita equamente tra i cittadini?

 

 

Comportamento dell'imprenditore

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E' la branca della economia che si occupa di rispondere a domande del tipo:

In che modo gli imprenditori scelgono la quantità di beni che produrranno?

In un paese come l'India, è più probabile che scelgano di produrre tessuti utilizzando molti macchinari e pochi operai, o viceversa?

Perché ci sono periodi in cui gli imprenditori investono moltissimo e periodi in cui lasciano persino logorare i beni capitali esistenti?

 

 

Il funzionamento del mercato

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E' la branca della economia che si occupa di rispondere a domande del tipo:

Perché determinati beni risultano molto costosi, mentre altri hanno un prezzo molto basso?

I consumatori possono sperare di ottenere dagli imprenditori in un tempo ragionevole i beni desiderati al prezzo che sarebbero disposti a pagare?

Le imprese possono manipolare il mercato a danno dei consumatori?

 

 

Gli alti e bassi della attività economica

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E' la branca della economia che si occupa di rispondere a domande del tipo:

Perché a periodi di prosperità economica, con alti stipendi, possibilità di facile occupazione, ecc. seguono sempre dei periodi di attività economica ridotta, con disoccupazione, diminuzione della produzione, ecc.?

Perché nei periodi di disoccupazione e ridotta attività economica si verifica anche un aumento dei prezzi?

 

 

Lo sviluppo economico

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E' la branca della economia che si occupa di rispondere a domande del tipo:

Perché certo sistemi economici (Giappone, Corea del sud) crescono più velocemente degli altri?

Quali effetti sul sistema economico ha una crescita troppo rapida del prodotto di un paese?

Perché molti paesi del terzo mondo stentano ad industrializzarsi?

 

 

La distribuzione del reddito

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E' la branca della economia che si occupa di rispondere a domande del tipo:

Perché un camionista o un idraulico guadagnano più diun impiegato o di un professioinsta?

Perché bisogna pagare somme più alte ai proprietari di certi appartamenti rispetto ad altri?

Che rapporto c'è tra una crisi economica e i salari degli operai?

 

 

Le banche e la moneta

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E' la branca della economia che si occupa di rispondere a domande del tipo:

Perché i titoli in borsa sono sottoposti ad oscillazione talvolta molto forti?

Quanta moneta circola in un certo sistema, e che effetto ha l'aumentarne o diminuirne la quantità?

Come fa una banca che ha depositi per soli 100 milioni a concedere prestiti per diversi miliardi?

 

 

Il commercio internazionale e i cambi

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E' la branca della economia che si occupa di rispondere a domande del tipo:

Perché certi paesi si specializzano in determinate produzioni (scarpe, tessuti) mentre altri scelgono prodotti diversi?

Per quale ragione una moneta (es. sterlina) si apprezza nei confronti di un'altra moneta (lira)?

 

 

Politica economica

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Per politica economica si intende l'insieme degli interventi delle autorità (aumento delle tasse, provvedimenti contro la disoccupazione) allo scopo di influenzare il sistema economico (ad es.: per far aumentare la occupazione; per far diminuire l'inflazione, ecc.).

Il termine "politica economica" è anche usato per indicare quella branca della scienza economica che si occupa di tali interventi, studiando gli strumenti a disposizione delle autorità e i loro effetti, e rispondendo a domande del tipo:

E' meglio cercare di far diminuire la inflazione aumentando le imposte o riducendo le spese pubbliche?

Che effetto avrebbe sui cambi una diminuzione della quantità di moneta in circolazione?

Che effetto avrebbe sul tasso di interesse a cui vengono concessi i prestiti la vendita di un milione di BOT da parte dello stato?

 

 

 

IL METODO DELL’ECONOMIA

 

 

Possiamo  prevedere il comportamento economico degli esseri umani?

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A prima vista sembrerebbe che sia impossibile prevedere il comportamento degli esseri umani, che sono creature dotate di una volontà libera; la situazione sembrerebbe ancora peggiore nel caso di un gran numero di individui, di cui è impossibile conoscere uno per uno preferenze, modi di pensare, ecc. e che cambiano nel tempo (i membri di un gruppo sociale oggi non sono gli stessi di qualche anno fa).

Tuttavia dobbiamo considerare che l'uomo tende a comportarsi razionalmente. Questo tipo d'uomo, detto homo oeconomicus ha un comportamento che in molte occasioni è prevedibile. Ad esempio possiamo prevedere che se tutti i consumatori si comportano razionalmente e un supermercato alza i suoi prezzi rispetto ad un altro, situato nella stessa zona, tutti andranno a fare acquisti presso il secondo supermercato.

Ma questo non è sufficiente: come facciamo a conoscere quanta carne acquisteranno 1.000 consumatori razionali di cui non conosciamo i gusti? In questi casi ci viene in aiuto la cosiddetta "legge dei grandi numeri".

Per illustrarla, ricorriamo ad un esempio. Supponiamo che un gruppo di statistici rilevi una volta al mese la quantità consumata di carne di un certo numero di famiglie relativa agli ultimi 30 giorni.

Da quanto abbiamo detto (imprevedibilità della scelta di un soggetto libero) è naturale attendersi delle grosse oscillazioni nel consumo. Invece, considerando un campione sempre più numeroso di famiglie si nota che le oscillazioni via via si riducono. Se consideriamo un numero molto grande di consumatori (quale quello che troviamo nei moderni mercati), esse sono quasi impercettibili.

Si può visualizzare tutto questo in una tabella che in orizzontale riporti i mesi e in verticale il numero differente di famiglie, e in ogni casella il consumo mensile dell’aggregato

 

 

Gennaio

Febbraio

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre

Ottobre

Novembre

Dicembre

Media dell’anno

1 famiglia

10

15

15

13

6

8

10

10

15

16

14

20

12,66

10 famiglie

100

110

120

105

100

115

112

100

110

97

120

120

109,08

100 famiglie

1.000

1.050

990

1.020

1.030

1.040

1.000

1.015

995

1.040

1.100

1.100

1.031,66

1.000 famiglie

10.000

10.100

10.050

10.080

10.030

10.050

9.900

9.980

10.000

10.060

10.080

10.100

10.035,83

10.000 famiglie

100.000

100.300

100.400

99.800

99.000

100.500

100.800

100.000

100.300

100.800

100.900

100.800

100.300

100.000 famiglie

1.000.000

1.000.200

1.000.800

1.000.900

1.000.100

1.000.050

1.000.500

1.000.600

1.000.100

990.800

1.000.000

1.000.900

999.579,16

 

Esponiamo ora gli stessi dati sotto forma di variazioni percentuali rispetto alla media annuale:

 

 

Gennaio

Febbraio

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre

Ottobre

Novembre

Dicembre

Media delle variazioni

1 famiglia

-21,01%

+18,48%

+18,48%

+2,68%

-52,6%

-36,8%

-21,01%

-21,01%

+18,48%

+26,38%

+10,58%

+57,97

 

10 famiglie

-8,32%

+0,84%

+10,01%

-3,74%

-8,32%

+5,42%

+2,67%

-8,32%

+0,84%

-11,07%

+10,01%

+10,01%

 

100 famiglie

-3,06%

+1,77%

-4,03%

-1,13%

-0,16%

+0,80%

-3,06%

-1,61%

-3,55%

+0.80%

+6,62%

+6,62%

 

1.000 famiglie

-0,35%

+0,63%

+0,14%

+0,44%

-0,05%

+0,14%

-1,35%

-0,5%

-0,35%

+0,24%

+0,44%

+0,63%

 

10.000 famiglie

-0,29%

+0%

+0,09%

-0,49%

-1,29%

+0,19%

+0,49%

-0,29%

+0%

+0,49%

+0,59%

+0%

 

100.000 famiglie

+0,04%

+0,06%

+0,12%

+0,13%

+0,05%

+0,04%

+0,09%

+0,10%

+0,05%

-0,87%

+0,04%

+0,13%

 

 

Guardando la seconda tabella si può osservare un fenomeno che gli statistici osservano tutti i giorni: le variazioni rispetto alla media diventano sempre più piccole. Si tratta di una legge assolutamente generale, applicabile ai consumatori come alle molecole di un gas: è la ben nota "legge dei grandi numeri". Essa dice che il risultato di un gran numero di eventi singoli, pur variando ogni volta che l'insieme di eventi si ripete, varierà sempre meno quanti più eventi singoli concorrono a formarlo.

Questo fenomeno è anche alla base del sistema delle assicurazioni e delle pensioni: la percentuale di persone che rimane in vita dopo i 65 anni varia di pochissimo, come pure quella delle persone che rimangono in vita dopo i 70 anni, quella delle persone che rimangono in vita dopo i 75 anni ecc.

I gestori dei fondi pensione possono così offrire ai sopravvissuti una pensione più alta di quello che essi hanno versato.

Supponiamo ad esempio che un gestore di fondi pensione pattuisca di pagare, dopo i 75 anni, a coloro che avranno versato per quella data 20 anni di contributi mensili, una pensione di 1000 € al mese. Supponiamo che tutti coloro che iniziano a pagare i contributi a 40 anni li paghino per 20 anni e che nessuno di loro muoia prima di aver completato il pagamento dei contributi, a 60 anni.

Se il gestore delle pensioni sa che di 10 persone in vita a 60 anni dopo i 75 anni rimangono in vita solo 5 persone, e dopo gli 85 anni non rimane in vita più nessuno, egli dovrà al più pagare:

 

1000 · 12 (mesi) · 5 (persone) · 10 (anni) = 600.000 €

 

Pertanto egli chiederà a ciascuna delle 10 persone di pagare mensilmente:

 

60.000/(20 anni *12 mesi * 10 persone) = 250 €

 

contro i 500 € che avrebbe chiesto se avesse considerato una sopravvivenza del 100% tra i 75 e gli 85 anni.

La legge dei grandi numeri gli assicura che ciò che è avvenuto in passato (il numero dei sopravvissuti) non cambierà in futuro, a patto che egli gestisca le pensioni di un gran numero di persone.

Ma attenzione: la legge dei grandi numeri non funziona se il numero delle persone che si assicurano presso il gestore è molto basso: le statistiche dei sopravvissuti sono infatti stabili perché si riferiscono a centinaia o migliaia di persone, altrimenti non lo sono. Questa è una delle ragioni per cui nell’Ottocento fallirono i tentativi di creare delle “società di mutuo soccorso” tra operai di una fabbrica, che versavano dei contributi per prelevare poi in vecchiaia una pensione: il numero estremamente basso (al massimo un centinaio) di persone che partecipavano a questi fondi faceva sì che vi fossero grandi oscillazioni: era sufficiente che per dieci anni il numero dei sopravvissuti dopo i 75 anni fosse molto alto, e il fondo si trovava a dover pagare cifre molto alte per le pensioni. Questa condizione di incertezza  impediva ai gestori delle società di mutuo soccorso di sfruttare la legge dei grandi numeri, che invece poteva essere sfruttata dalle grandi compagne assicurative private o dallo stato: per poter garantire una pensione fissa, essi erano costretti a chiedere somme molto più alte delle società private o dello stato, perché i margini di incertezza erano più alti.

Per fare un altro esempio, potremmo considerare come “evento” il numero di “testa” uscito da 5 lanci di una moneta, oppure il numero di “testa” uscito da 100 lanci di una moneta, oppure il numero di “testa” ottenuto da un milione di lanci di una moneta: se consideriamo ad es. 10 di questi “eventi” vediamo che il risultato di un milione di lanci ripetuto 10 volte varia di molto poco, mentre il risultato di 5 lanci ripetuti 10 volte varia di molto.

Possiamo ancora pensare al seguente esperimento: definiamo come “evento” il lancio di un dado contemporaneamente da parte di un certo numero di studenti e “risultato dell’evento” la somma dei punteggi di tutti i dadi. Se il gruppo di studenti è poco numeroso (es. una sola classe che getta i dadi) le variazioni del risultati saranno molto grandi; ma se prendessimo 1000, 10.000, 100.000 studenti che lanciano simultaneamente i dadi si vedrebbe che le variazioni dei punteggi totali da un lancio all'altro si ridurrebbero fino quasi ad annullarsi.

Possiamo anche fare una esercitazione per simulare il consumo di carne delle famiglie di Orbassano. Ogni alunno rappresenta una famiglia: egli deve munirsi di una monetina, e ogni volta che la lancia il risultato testa vorrà dire che nel mese considerato la famiglia acquista 1 kg di carne, mentre il risultato croce vuol dire che in quel mese la famiglia acquista zero kg di carne.

Lanciando la monetina per dodici volte si ottengono i consumi di carne delle famiglie di Orbassano per ogni mese del 1999.

Il gioco si riprende raddoppiando il numero delle famiglie: ogni alunno getta ora la monetina due volte ogni mese e rappresenta ora due famiglie. Possiamo immaginare di aver preso in esame un paese più grande di Orbassano: ad esempio Rivoli.

Infine, quintuplichiamo il numero delle famiglie (ogni alunno getterà ora la monetina 5 volte): è come se considerassimo il consumo di un paese cinque volte più grande di Orbassano.

Si vedrà che i risultati rispecchiano quelli della tabella che è riportata più sopra.

 

 

 

NOZIONI MATEMATICHE DI BASE

 

 

Il  linguaggio della scienza economica

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La scienza economica utilizza vari tipi di linguaggio per descrivere i fatti e le teorie.

Vi è anzitutto il linguaggio verbale o discorsivo: si utilizzano parole e non numeri o disegni.

Ma accanto al linguaggio verbale abbiamo quello geometrico, costituito dai grafici, di cui parleremo tra breve.

Vi è poi il linguaggio strettamente matematico, che utilizza le tipiche espressioni analitiche per esprimere i rapporti tra le grandezze economiche.

Infine, possono essere utilizzati schemi, diagrammi di flusso, simboli come quelli di crescita e decrescita di una grandezza, che possono essere classificati come linguaggio grafico.

La descrizione di un fenomeno economico fatta utilizzando un dato tipo di linguaggio è normalmente sostituibile o combinabile con una descrizione fatta con un altro tipo di linguaggio. Tuttavia, in determinati casi risulta più conveniente in assoluto utilizzare un determinato tipo di linguaggio, come quello matematico. Ad esempio, la espressione:

 

 

evita, sintetizzandolo con maggiore chiarezza, un lungo discorso sugli effetti delle spese dello stato sul reddito nazionale, ed è quindi preferita dagli economisti ad una esposizione puramente discorsiva.

 

 

Le  coordinate cartesiane e la rappresentazione geometrica di grandezze numeriche

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Fissiamo nel piano due rette orientate perpendicolari tra loro, chiamandole "assi cartesiani ortogonali". Più precisamente chiamiamo una di esse "asse x o delle ascisse" e l'altra "asse y o delle ordinate".

 

 

Preso ora un punto P qualunque del piano, da esso si conducano le parallele agli assi, e diciamo A e B i loro punti di intersezione con l'asse delle x e delle y rispettivamente (vedi figura 1). Fissata una unità di misura, diciamo a e b rispettivamente le misure dei segmenti orientati OA e OB, cioè poniamo:

OA = a , OB = b

I due numeri così trovati si dicono "coordinate cartesiane" del punto P. Precisamente: a si chiama l'"ascissa" del punto P, b la "ordinata" di P. In tal modo ad ogni punto del piano abbiamo associato due numeri reali. Viceversa, dati due numeri reali a e b è sempre possibile determinare un punto ed uno solo che abbia per ascissa a e per ordinata b. Infatti, preso sull'asse x il segmento orientato OA di misura a e sull'asse y il segmento orientato OB di misura b, si conduca da A la parallela all'asse y e da B la parallela all'asse x. Il punto P di intersezione di queste due parallele è il punto cercato.

Concludendo: ad ogni punto del piano corrisponde una coppia di numeri (detti le coordinate del punto) e ad ogni coppia ordinata di numeri reali corrisponde u punto del piano, cioè il punto che ha quei due numeri per coordinate. L'insieme dei due assi e della unità di misura si dice "sistema di coordinate". I due assi dividono il piano in quattro angoli o quadranti, che prendono il nome di primo, secondo, tezo e quarto quadrante. Nella numerazione dei quadranti si comincia da quello a destro in alto e si prosegue secondo il verso antiorario.

I punti del primo quadrante che non stanno sugli assi, hanno ambedue le coordinate positive, quelli del secondo quadrante hanno l'ascissa negativa e l'ordinata positiva, quelli del terzo hanno ambedue le coordinate negative ed infine i punti del quarto quadrante hanno l'ascissa positiva e l'ordinata negativa. Tutti i punti sull'asse x hanno ordinata nulla, e tutti i punti sull'asse y hanno ascissa nulla. L'origine O ha quindi nulla sia l'ascissa che l'ordinata.

 

 

La  nozione di funzione

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Una variabile y si dice funzione della variabile x quando esiste una legge di natura qualsiasi, la quale faccia corrispondere ad ogni valore dato alla x uno e un solo valore della y.

Per indicare che una variabile y dipende da una variabile y si usano i simboli:

 

y = f(x)

 

o anche:

 

y = y(x)

 

che si leggono tutti: "la grandezza y è funzione della grandezza x"

Si parla di "funzioni di più variabili" quando esiste una legge che permette di assegnare ai valori di una coppia (terna, quaterna... ecc.) di variabili uno e un solo valore di un'altra grandezza. Si scrive allora:

 

y = f(x,z,w,t)

 

per indicare che ad ogni quaterna di valori delle variabili x, z, w, t è collegato uno ed un solo valore della variabile y.

Quando esiste un complesso di operazioni matematiche ben definite che permetta di passare dal valore della x al valore corrispondente della y, come ad esempio nel caso

y = 3x4

si dice che la funzione è data mediante una espressione analitica.

Se invece il rapporto tra la x e la y può essere conosciuto solo sperimentalmente (cioè effettuando delle misurazioni) si parla di funzioni empiriche.

Ad esempio: x = numero di persone residenti in Italia; y = consumo annuale di gelati in italia.

Sinora abbiamo parlato di "variabili". Per "variabile" si intende in matematica una successione di numeri, ciascuno dei quali è chiamato "termine" di quella variabile.

Gli economisti utilizzano, accanto al termine variabile, quelli "quantità", "grandezza", dato che le variabili da loro utilizzate si riferiscono ad un determinato fenomeno della realtà, di cui misurano la quantità o grandezza. Anche noi utilizzeremo d'ora in avanti i termini "grandezza", "variabile", "quantità" come sinonimi.

 

 

La  rappresentazione geometrica di una funzione. Grafico di una funzione

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Nello studio delle funzioni è molto utile l'uso di una rappresentazone grafica che rende più chiare e intuitive le considerazioni ad esse relative.

Precisamente: fissato sul piano un sistema di assi cartesiani ortogonali, sia:

 

y = f(x)

 

una funzione che, per semplicità, supponiamo definita in tutti i punti dell'intervallo (a,b).

Attribuendo alla x un valore qualunque x1, compreso in (a,b), e dicendo y1 = f(x1) il corrispondente valore di y, i due numeri (x1,y1) saranno le coordinate di un punto P del piano. L'insieme di tutti i punti che così si ottengono facendo variare la x nell'intervallo (a,b), cioè l'insieme di tutti i punti del piano le cui coppie sono riportate nella tabella che esprime la funzione, sarà un certo luogo geometrico che viene chiamato "grafico" o "diagramma della funzione".

Molto spesso il diagramma è una curva, composta cioè di un unico tratto, disegnabile senza staccare la penna dal foglio, e in questo caso diremo che la equazione y = f(x) "è l'equazione di una curva" o "rappresenta una curva".

Per "curva", nel significato più generale che gli daremo, si deve intendere qualsiasi tipo di linea continua, inclusa la retta, che non è altro, in fondo, che un caso particolare di curva. In contrapposto alla retta parleremo, quando sarà necessario, di “curve diverse da una retta".

Riassumendo: un grafico si "costruisce" partendo da una tabella che esprima una funzione, riportando in una colonna il valore della variabile indipendente e nell'altra il valore corrispondente assunto dalla variabile dipendente. I valori di ogni coppia vengono riportati ciascuno su uno degli assi, e il punto che nello spazio cartesiano ha le coordinate corrispondenti a quei valori ci dà uno dei punti del grafico. Un grafico viene in tal modo utilizzato per descrivere una funzione. Notate che non è necessario disporre di una espressione analitica del tipo:

 

y = 3 · x + 2

 

per poter creare una tabella. Molto spesso gli economisti costruiscono una tabella a partire da osservazioni della realtà. Si tratta in altre parole di quelle che abbiamo chiamato "funzioni empiriche".

Come si rappresenta uno spostamento sul grafico? Osserviamo la figura 3.

 

 

fissiamo anzitutto un punto sull'asse delle ascisse, che individua il valore che la variabile indipendente assume prima della variazione, e che chiameremo x0. Ad esso corrisponde sull'asse delle ordinate un valore y0, che rappresenta il valore della variabile dipendente prima che la variazione della x la facesse a sua volta variare.

Successivamente facciamo variare la grandezza x, portandoci ad es. ad x1. A tale nuovo punto sull'asse orizzontale la tabella associa un diverso punto y1 sull'asse verticale. Il valore della variazione della x è dato da:

 

x1 - x0

 

ed è rappresentato, sull'asse delle ascisse, da un segmento orientato (verso destra se x1 - x0 è positivo, verso sinistra se x1 – x0 è negativo) di lunghezza pari allo spostamento, e di origine x0.

Il valore della variazione della y è dato da:

 

y1 – y0

 

ed è rappresentato, sull'asse delle ordinate, da un segmento orientato (verso destra se y1 – y0 è positivo, verso sinistra se y1 – y0 è negativo) di lunghezza pari allo spostamento e di origine y0.

Il segno utilizzato per rappresentare la variazione nel calcolo simbolico è la lettera greca " Δ " ("delta"). Pertanto il segno

 

Δx

 

si leggerà "variazione della grandezza x" o, più sinteticamente, "variazione di x".

Se è:

 

Δx = + 5

 

ciò vuol dire che la variabile x è passata da un valore x0 ad un valore x1 = x0 + 5: si parla pertanto di "incremento" della variabile x ed esso sarà rappresentato da una freccia rivolta a destra di lunghezza pari a 5 unità che parte dal punto x0.

Se invece è:

 

Δx = – 5

 

ciò vuol dire che la variabile x è passata da un valore x0 ad un valore x1 = x0 – 5: si parla pertanto di "decremento" della variabile x ed esso sarà rappresentato da una freccia rivolta a sinistra di lunghezza pari a 5 unità che parte dal punto x0.

Lo studente non trascuri mai di indicare il segno della variazione. Se il segno non è indicato si suppone comunque che sia positivo.

Lo studente ricordi inoltre di contrassegnare le coordinate delle grandezze prima della variazione con il deponente "0" e le coordinate delle grandezze dopo la variazione con il deponente "1".

In conclusione, la variazione Δx di una grandezza x qualsiasi non è altro che la quantità (positiva o negativa) che occorre sommare al valore di partenza x0 per arrivare al valore finale x1.

Così, se:

 

x0 = 5

x1 = 7

 

si avrà

 

Δx = + 2

 

perché si deve avere:

 

5 + Δx = 7

 

da cui:

 

Δx = 7 -- 5 = + 2

 

Se invece

 

x0 = 7

x1 = 5

 

si avrà Δx = – 2

 

perché si deve avere:

 

7 + Δx = 5

 

da cui:

 

Δx = 5 – 7 = – 2

 

Da un grafico si possono ricavare due tipi di informazione: a) che valore assume la variabile dipendente quando la variabile indipendente assume a sua volta un valore; b) come si modifica la variabile dipendente quando si modifica il valore della variabile indipendente.

Da un unico grafico si possono perciò ricavare due tabelle:

1) una tabella dei valori che la variabile dipendente assume in corrispondenza di quelli della variabile indipendente;

2) una tabella delle variazioni della variabile dipendente in corrispondenza di (successive) variazioni della variabile indipendente.

Consideriamo ad esempio il grafico di figura 4, da cui si può ricavare la tabella che gli è riportata sotto, dei valori di y corrispondenti a quelli di x.

 

 

 

X

Y

1

3

2

4,3

3

5

4

5,3

5

5,5

 

Nella tabella sottostante è mostrata, sempre in riferimento al grafico di fig. 4, un’altra tabella, da cui invece si ricava la relazione tra variazioni della x e variazioni della y: per far ciò si considerano eguali variazioni successive (incrementi), ad esempio unitarie, della variabile x a partire dal valore x = 0, e si cerca di rispondere alla domanda: "se l'ascissa aumenta di 1, di quanto aumenta l'ordinata?"

 

 

X0

ΔX

ΔY

 

0

+1

+3

Quando x passa da a 0 a 1 (Δx = +1) y passa da 0 a 3 (Δy = +3)

1

+1

+1,3

Quando x passa da 1 a 2 (Δx = +1) y passa da 3 a 4,3 (Δy = +1,3)

2

+1

+0,7

Quando x passa da 2 a 3 (Δx = +1) y passa da 4,3 a 5 (Δy = +0,7)

3

+1

+0,3

Quando x passa da 3 a 4 (Δx= +1) y passa da 5 a 5,3 (Δy = +0,3)

4

+1

+0,2

Quando x passa da 4 a 5 (Δx = +1) y passa da 5,3 a 5,5 (Δy = +0,2)

 

 

La  tangente ad una curva in un punto

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La definizione di retta tangente in un punto P è piuttosto semplice se ci si limita a casi particolari, come quello del cerchio: è sufficiente definire la tangente come quella retta che ha col cerchio un solo punto in comune, mentre la secante ha due punti in comune (vedi figura).

 

 

La tangente ha un solo punto in comune con la curva, ma questa caratteristica non sempre è sufficiente ad individuarla come nel caso di curve aperte, come mostra la figura sottostante, in cui la retta r, pur avendo un solo punto in comune, non è la retta tangente:

 

 

La definizione generale di retta tangente ad una curva qualsiasi (che può in particolare essere aperta o chiusa) richiede un altro metodo. Osserviamo la figura sotto riportata:

 

 

Proviamo a tracciare delle corde dal punto P a punti sempre più vicini: otteniamo i segmenti PA, PB, PC, PD, PE.

La posizione limite della corda al tendere a P dell’altro estremo individua una direzione che è quella della tangente.

Nella figura sottostante vediamo che sia le corde il cui estremo si avvicina a P da sinistra (PF, PG, PH, PJ, PK) che le corde il cui estremo si avvicina a P da destra (PA, PB, PC, PD, PE) hanno la stessa posizione limite, individuata da un’unica tangente.

 

      

 

Ci sono dei casi in cui questo procedimento delle corde sempre più corte aventi come punto comune P non consente di individuare una tangente unica, ma esistono più tangenti (si osservino le figure sottostanti).

Caso 1:

 

 

Caso 2:

 

 

Caso 3:

 

 

Qui sotto sono invece mostrati casi in cui la posizione limite delle corde aventi come punto comune P è unica, e quindi esiste un’unica tangente:

Caso 4:

 

 

 

Caso 5:

 

 

Caso 6:

 

 

Caso 7:

 

 

 

Caso 8:

 

 

 

La  pendenza di una curva. Pendenza finita e pendenza puntuale

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Consideriamo la curva di figura 0509292128:

 

 

Si definisce “pendenza finita relativa all’intervallo AB” o, equivalentemente, “pendenza finita relativa all’arco PQ” il valore:

 

 

In altre parole, la pendenza finita di una curva è il rapporto tra l’incremento della variabile riportata sull’asse delle ordinate e quello della variabile riportata sull’asse delle ascisse calcolato tra due punti distinti della curva.

Il valore della pendenza finita dipende dall’arco considerato, ed è diversa se si considerano due archi diversi, come è mostrato dalla figura 0509292151:

 

 

Se calcoliamo la pendenza finita relativa all’arco PQ essa sarà diversa dalla pendenza finita relativa all’arco RS:

 

 

dove i segmenti orientati AB e GH rappresentano i due diversi ∆x, mentre i segmenti orientati CD ed EF rappresentano i corrispondenti ∆y.

Come è noto allo studente, due punti A e B sull’asse X possono individuare due distinti segmenti orientati, a seconda di quale punto sia definito iniziale e di quale punto sia definito finale. Se A è il punto iniziale e B il punto finale otteniamo il segmento AB, che nella figura ha orientamento positivo (perché coincidente con l’orientamento dell’asse X) e rappresenta un ∆x di segno positivo; se B è il punto iniziale e A il punto finale otteniamo il segmento BA, che nella figura ha orientamento negativo (perché contrario all’orientamento dell’asse X) e rappresenta un ∆x di segno negativo. Lo stesso vale, sull’asse Y della nostra figura, per i segmenti CD (orientamento positivo) e DC (orientamento negativo).

La pendenza finita può essere sia positiva sia negativa. Nella figura 0509301733 calcoliamo ad esempio la pendenza relativa all’arco PQ:

 

 

 

A differenza delle curve vere e proprie, le rette hanno pendenza sempre eguale, indipendentemente dal segmento considerato; nella figura 0509292159, a differenza che nella figura 0509292151, la pendenza relativa all’arco (segmento) PQ è identica a quella relativa all’arco (segmento) RS:

 

 

 

abbiamo infatti:

 

 

 

Si definisce “pendenza puntuale nel punto P” la pendenza della retta tangente nel punto P. Nella figura 0509301730 la pendenza puntuale nel punto P è pari alla pendenza della retta r, che viene calcolata relativamente al segmento PE (si ricordi che la pendenza di una retta è sempre la stessa quale che sia il segmento considerato) cosicché è:

 

 

 

Calcoliamo la pendenza puntuale nel punto P della curva della figura 0509301828:

 

 

tale pendenza è pari a:

 

Calcoliamo la pendenza puntuale nel punto P della curva della figura 0509301847:

 

 

tale pendenza è pari a:

 

 

Osserviamo la pendenza delle tangenti per determinare il tipo di curva

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Nella curva sottostante, passando dal punto A al punto C la pendenza della tangente, che è negativa in tutti e tre i punti, diminuisce però in valore assoluto: si tratta quindi di una curva a pendenza negativa e decrescente in valore assoluto

 

 

 

Nella curva sottostante, passando dal punto A al punto C la pendenza della tangente, che è negativa in tutti e tre i punti, cresce però in valore assoluto: si tratta quindi di una curva a pendenza negativa e crescente in valore assoluto

 

 

Nella curva sottostante, passando dal punto A al punto C la pendenza della tangente, che è positiva in tutti e tre i punti, diminuisce: si tratta quindi di una curva a pendenza positiva e decrescente

 

 

Nella curva sottostante, passando dal punto A al punto C l’inclinazione della tangente, che è positiva in tutti e tre i punti, cresce: si tratta quindi di una curva a pendenza positiva e crescente

 

 

Classificazione  delle curve in base al diverso rapporto tra Δx e Δy

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Nelle figura 9-16 che sono riportate più sotto, per semplicità non compaiono valori numerici, bensì segmenti orientati (frecce) riportati nelle relative tabelle.

Come si può vedere, ogni grafico presenta un diverso tipo di rapporto tra variazioni della variabile x e variazioni della variabile y.

 

 

Curva di pendenza costante ed eguale a zero

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Il grafico di fig. 9 mostra che eguali variazioni successive e positive della x a partire dal valore x = 0 non provocano alcuna variazione della y (invece delle frecce sono stati riportati dei punti, che per definizione geometrica hanno estensione pari a zero), che rimane costante al valore y = n

Si tratta di una curva di pendenza (puntuale) costante ed eguale a zero

 

 

 

Curva di pendenza infinita

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Il grafico di fig. 10 non esprime una funzione (univalente), in quanto al valore x0 corrispondono infiniti valori della y. Tuttavia tale grafico può servire per descrivere particolari situazioni dela realtà. Si pensi ad un elemento chimico che formi composti solo ad una pressione pari ad x0. Un grafico che riportasse (asse verticale) il numero dei composti di tale elemento in funzione della pressione (asse orizzontale) avrebbe la forma della figura 11: esistono 0 composti per tutti i valori di pressione diversi da x0, e infiniti (o numerosi) composti in corrispondenza del valore x0.

Si tratta di una curva (retta) di pendenza infinita.

 

 

 

Curva di pendenza positiva e costante

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Il grafico di fig. 11 mostra che ad eguali variazioni successive e positive della x a partire dal valore x = 0 corrispondono eguali variazioni successive e positive della y.

Si suol dire che tra le grandezze x e y vi è un rapporto diretto (se x cresce anche y cresce e viceversa)

Si tratta di una curva di pendenza (puntuale) positiva e costante.

 

 

 

Curva di pendenza positiva e crescente

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Il grafico di fig. 12 mostra che ad eguali variazioni successive e positive della x a partire dal valore x = 0 corrispondono successive variazioni positive e crescenti della y

Tra le grandezze x e y sussiste un rapporto diretto (se y cresce anche y cresce e viceversa).

Si tratta di una curva di pendenza (puntuale) positiva e crescente.

 

 

 

Curva di pendenza positiva e decrescente

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Il grafico di fig. 11 mostra che ad eguali variazioni successive e positive della x a partire dal valore x = 0 corrispondono successive variazioni positive e decrescenti della y

Tra le grandezze x e y sussiste un rapporto diretto. (se x cresce anche y cresce; se una decresce anche l’altra decresce)

Si tratta di una curva di pendenza (puntuale) positiva e decrescente

 

   

 

 

Curva di pendenza negativa e costante

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Il grafico di fig. 12 mostra che ad eguali variazioni successive e positive della x a partire dal valore x = 0 corrispondono eguali variazioni successive e negative della y

Si suol dire che tra le due grandezze vi è un rapporto inverso (se x cresce y diminuisce; se x diminuisce y cresce)

Si tratta di una curva di pendenza (puntuale) negativa e costante.

 

 

 

Curva di pendenza negativa e decrescente in valore assoluto

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Il grafico di fig. 13 mostra che ad eguali variazioni successive e positive della x a partire dal valore x = 0 corrispondono successive variazioni negative e decrescenti (in valore assoluto) della y

Tra le due grandezze sussiste un rapporto inverso.

Si tratta di una curva di pendenza (puntuale) negativa e decrescente in valore assoluto

 

 

 

Curva di pendenza negativa e crescente in valore assoluto

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Il grafico di fig. 14 mostra che ad eguali variazioni successive e positive della x a partire dal valore x = 0 corrispondono successive variazioni negative e crescenti (in valore assoluto) della y

Tra le due grandezze sussiste un rapporto inverso.

Si tratta di una curva di pendenza (puntuale) negativa e crescente in valore assoluto

 

    

 

 

Grafico del rapporto direttamente proporzionale tra due grandezze

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Il grafico di figura 15 è grafico del rapporto direttamente proporzionale tra due grandezze: quando la variabile x aumenta anche la variabile y aumenta della stessa proporzione; quando la variabile x diminuisce, anche la variabile y diminuisce della stessa proporzione. Tale rapporto è espresso dalla formula:

 

y = k · x

 

dove k è una costante che può assumere qualsiasi valore

Nota bene: solo le rette che passano per l’origine hanno per equazione y = k · x ed esprimono un rapporto direttamente proporzionale. Le rette che non passano per l’origine hanno come equazione:

 

y = k · x + b

 

dove b rappresenta l’intercetta sull’asse verticale, e non esprimono un rapporto direttamente proporzionale

 

 

 

Grafico del rapporto inversamente proporzionale tra due grandezze

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Il grafico della figura 16 è il grafico di un rapporto inversamente proporzionale tra due grandezze: se la variabile x aumenta (raddoppia, triplica…) , la variabile y diminuisce della stessa proporzione (si riduce alla metà, ad un terzo…); se la variabile x diminuisce (si riduce alla metà, ad un terzo…) la variabile y aumenta in proporzione inversa (raddoppia, triplica…).

La formula che esprime un rapporto inversamente proporzionale tra due grandezze è la seguente:

 

 

dove k è una costante che può assumere qualsiasi valore.

Il grafico è quello di una iperbole equilatera, di cui gli assi cartesiani costituiscono gli asintoti: la linea si avvicina all’asse delle x senza mai toccarlo e così pure avviene per l’asse delle y

 

 

Riepilogo della classificazione delle curve

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(A)    Curva a pendenza negativa e decrescente in valore assoluto (rapporto inverso tra x e y)

(ad eguali variazioni successive e positive della x corrispondono variazioni negative della y decrescenti in valore assoluto)

 

 

(A1)  Iperbole equilatera (caso particolare della curva A)

(rappresenta la formula:  del rapporto inversamente proporzionale)

 

 

(B)    Curva a pendenza negativa e decrescente in valore assoluto (rapporto inverso tra x e y)

(ad eguali variazioni successive e positive della x corrispondono variazioni negative della y crescenti in valore assoluto)

 

 

 

(C)    Curva a pendenza negativa e costante (rapporto inverso tra x e y)

(ad eguali variazioni successive e positive della x corrispondono variazioni negative eguali tra loro)

 

 

 

(D)    Curva a pendenza positiva e decrescente (rapporto diretto tra x e y)

(ad eguali variazioni successive e positive della x corrispondono variazioni positive e decrescenti della y)

 

 

 

(E)    Curva a pendenza positiva e crescente (rapporto diretto tra x e y)

(ad eguali variazioni successive e positive della x corrispondono variazioni positive e crescenti della y)

 

 

 

(F)    Curva a pendenza positiva e costante (rapporto diretto tra x e y)

(ad eguali variazioni successive e positive della x corrispondono variazioni positive e costanti della y)

 

 

 

(G)   Curva (grafico) del rapporto direttamente proporzionale tra x e y

(le due grandezze sono legate dalla formula y = k x)

 

 

 

(H)   Curva (retta) di pendenza zero (tra x e y non vi è rapporto: se x varia, y non varia)

(variazioni successive e positive della x non provocano alcuna variazione della y)

 

 

 

(I)     Curva (retta) di pendenza infinita

 

 

 

 

Calcoli  con valori percentuali

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Spesso gli economisti utilizzano nelle loro descrizioni valori percentuali anziché valori assoluti.

Si noti che il termine "valore assoluto" può avere due significati ben distinti:

(a)     Per valore assoluto di un numero relativo x si intende quello derivante dalla seguente trasformazione:

   se x è positivo il valore assoluto è pari ad x

   se x è negativo il valore assoluto è pari a – x

   se x è zero il valore assoluto è zero

Così, il valore assoluto di +2 è +2, mentre il valore assoluto di – 5 è 5

Di solito, per indicare questo tipo di valore assoluto, si fa precedere e seguire il numero da una sbarretta verticale:

 

|x|

 

(b)    Per valore assoluto di una grandezza in contrapposto a valore percentuale si intende il valore non espresso in termini percentuali

Ad esempio, se la produzione di auto brasiliane è passata da 1000 unità a 2000 unità nel corso del 1991 si dirà che l'aumento in valore assoluto è di 1000 unità, mentre in valore percentuale è del 100%

Lo studente deve stabilire, in base al contesto del discorso, a quale dei due significati si faccia riferimento. Nel caso di dubbio chiederà chiarimenti all'insegnante.

Nel presente paragrafo, "valore assoluto" di una grandezza sarà inteso nel significato (b), in contrapposto cioè a "valore percentuale"

Lo studente deve essere in grado di compiere le seguenti operazioni:

 

(1)    Trasformare una frazione qualsiasi in un valore percentuale

Si consideri la frazione: facendo la proporzione si ottiene:

4 : 5 = x : 100

 

che si legge: “4 rappresenta rispetto a 5 la stessa parte che x rappresenta rispetto a 100”. Dalla proporzione si ottiene:

 

x = 80

 

per cui la nostra percentuale sarà pari a

In pratica, è sufficiente moltiplicare  · 100 per ottenere

 

(2)    Conoscendo una variazione in valore assoluto, tradurla in termini percentuali

Consideriamo la produzione di auto brasiliana come sotto riportata:

 

Produzione 1990 = 2300 unità

Produzione 1991 = 2550 unità

 

E' evidente che la variazione in valore assoluto della produzione è stata di:

 

2550 - 2300 = + 250 unità

 

Per trasformare questo valore assoluto in valore percentuale occorre anzitutto stabilire il valore di riferimento. Normalmente, se non viene detto diversamente, il valore di riferimento di una variazione è il valore iniziale (nel nostro caso: 2300 unità).

La domanda è quindi: quanta percentuale di 2300 rappresenta 250?

Per rispondere occorre impostare la proporzione:

 

x : 100 = 250 : 2300

 

che si legge così: "x rappresenta rispetto a 100 la stessa parte che 250 rappresenta rispetto a 2300"

Da ciò si ottiene:

 

 

Il metodo consiste quindi nel moltiplicare  per 100

 

(3)    Determinare l'incremento (o decremento) di una grandezza in valore assoluto conoscendone il valore percentuale.

Sia noto ad esempio che la produzione brasiliana di auto nel 1991 è aumentata del 75% rispetto a quella del 1990, che era di 3540 unità. Quante auto in più sono state prodotte nel 1991 rispetto al 1990?

Il calcolo è molto semplice, in quanto basta moltiplicare il valore di riferimento (produzione 1990) per la frazione che rappresenta la percentuale:

 

 

 

 

 

I RAPPORTI TRA I SOGGETTI DEL SISTEMA ECONOMICO

 

 

Il circuito famiglie-imprese. La legge di Say.

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Osserviamo la figura 1, con lo schema dei rapporti tra famiglie e imprese in un sistema economico semplificato:

 



 

L’impresa Alfa produce automobili, utilizzando lamiere che paga lire 150 all’impresa Beta.

L’impresa Beta produce lamiere, utilizzando minerale che paga lire 50 all’impresa Gamma

L’impresa Gamma produce minerale senza utilizzare beni strumentali acquistati da altre imprese

I beni finali prodotti dal sistema economico consistono in auto per un valore di 300 lire, che costituiscono l’incasso dell’impresa Alfa (freccia verticale dalle famiglie all’impresa Alfa)

Ciascuna impresa, una volta pagato il valore dei beni intermedi utilizzati, distribuisce tutto il rimanente alle famiglie che hanno preso parte alla produzione, sotto forma di flusso W+P di

   salari

   profitti

   stipendi

   interessi

   royalties (compensi per i brevetti utilizzati)

   rendite (compenso ai proprietari dei terreni, delle miniere e delle altre risorse naturali utilizzate)

Tra le famiglie che hanno preso parte alla produzione includiamo ovviamente anche quelle degli imprenditori.

Possiamo subito vedere che i flussi W+P dalle imprese alle famiglie sono pari a 150+100+50 = 300, e cioè hanno lo stesso valore del prodotto finale, costituito da automobili (300).

Ma in questo grafico è anche vero che la produzione eguaglia la domanda aggregata (in questo caso la sola domanda delle famiglie).

Per “valore aggiunto” di una impresa si intende la differenza tra il ricavo o il costo dei beni strumentali non durevoli impiegati. Tutto il valore aggiunto di una impresa va alle famiglie. Il valore aggiunto di ciascuna impresa è quindi pari al flusso verticale posto sotto di essa.

Come si vede, in una economia chiusa, tre sono i concetti equivalenti che danno lo stesso valore:

  Valore dei beni finali prodotti

  Somma dei valori aggiunti

  Domanda aggregata

In sintesi,  tutto il valore dei beni finali prodotti dalle imprese nell’unità di tempo (mese, anno, etc.) viene distribuito alle famiglie sotto forma di flusso W+P di salari, stipendi, profitto, royalties, rendite.

Questo fatto risulta ancor meglio da uno schema che riunisce in un unico gruppo le famiglie e in un unico gruppo le imprese:

 

 

Osservando questo schema notiamo che i salari e gli stipendi W+P distribuiti il 27 di ogni mese finanziano le spese di consumo C delle famiglie fino al 27 del mese successivo, quando i soldi sono rientrati tutti nelle casse delle imprese e il ciclo si ripete.

Possiamo dire che le famiglie acquistano i beni con gli stessi soldi che sono stati dati loro dagli imprenditori per produrli. Questo fatto colpì l’economista classico Jean-Baptiste Say (la scuola classica è la scuola di pensiero economico dominante tra il 1790 e il 1850 circa, e comprende economisti come Say, Smith, Ricardo, Marx), che formulò la legge degli sbocchi nella sua prima forma (dovuta a Say): L’offerta (cioè la produzione) crea la sua domanda; in altre parole gli imprenditori non hanno ragione di preoccuparsi che rimangano merci invendute, perché è lo stesso denaro che essi distribuiscono alle famiglie che consentirà ad esse di acquistarle.

Gli economisti neoclassici (la scuola neoclassica è la scuola di pensiero economico dominante tra il 1850 e il 1930 circa) perfezionarono l’analisi di Say considerando anche la possibilità che le famiglie potessero risparmiare. Essi misero a punto lo schema di figura 3 di un sistema economico con famiglie, banche e imprese:

 

 

In questo schema tutto il denaro risparmiato dalle famiglie (100) viene depositato nelle banche e poi preso in prestito dagli imprenditori per acquistare beni strumentali durevoli e scorte di beni strumentali non durevoli (flusso orizzontale I di investimenti tra banche e imprese). In questo modo, le 300 lire distribuite dalle imprese il 27 del mese, alla fine del mese successivo ritornano nelle loro casse sotto forma di flusso C+I, e il ciclo si ripete invariato. In questo caso si dice che il sistema è in equilibrio.

Come possono essere sicuri i neoclassici che tutte le somme risparmiate dalle famiglie torneranno alle imprese sotto forma di investimenti? La risposta a questa obiezione è contenuta nella legge degli sbocchi nella sua seconda forma (dovuta ai neoclassici):

Se le famiglie risparmiano più di quanto gli imprenditori intendono investire, allora l’interesse offerto sui capitali risparmiati si abbasserà e questo avrà l’effetto di far risparmiare meno le famiglie, che aumenteranno le spese di consumo e di far aumentare gli investimenti agli imprenditori. In tal modo, si raggiunge il punto in cui gli imprenditori investono esattamente quanto le famiglie risparmiano. Anche in questo caso, tutta la produzione ha trovato il suo sbocco, cioè è stata acquistata o dalle famiglie o dagli imprenditori.

 

 

I flussi tra i soggetti del sistema economico

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Tra i soggetti economici vi sono flussi reali (di beni e servizi) e flussi monetari (di denaro). Solitamente, negli schemi che si trovano nei libri di economia i flussi monetari sono rappresentati da una linea continua, mentre i flussi reali sono rappresentati da una linea tratteggiata.

 

 

Osservando la figura 0509302108 possiamo notare i principali flussi del sistema:

   Dalle imprese al resto del mondo

Pagamento delle esportazioni

Pagamento delle importazioni

   Dalle imprese alle famiglie

Compensi ai fattori produttivi (salari, stipendi, profitti)

   Dalle famiglie alle imprese, attraverso il mercato dei beni di consumo

Ricavi delle vendite dei beni di consumo alle famiglie

   Dalle famiglie al resto del mondo

Redditi di capitale, lavoro e impresa dall’estero

Si tratta di somme che gli stranieri ricevono dall’Italia per investimenti in imprese italiane o per lavoro prestato in Italia

Redditi di capitale, lavoro e impresa all’estero

Si tratta di somme che gli italiani ricevono dall’estero per investimenti in imprese estere o per lavoro prestato all’estero

Somme a titolo gratuito all’estero

Ad esempio la donazione via internet che un italiano fa ad una fondazione di ricerca statunitense

Somme a titolo gratuito dall’estero

Ad esempio le somme che gli emigranti mandano in patria

   Dalle famiglie alle imprese, attraverso le banche

Risparmio familiare (il risparmio delle imprese è molto modesto a paragone di quello delle famiglie)

   Dalle famiglie e dalle imprese allo Stato (Bilancio pubblico)

Imposte sulle imprese

Imposte sul reddito

Prestiti pubblici

   Dallo Stato alle famiglie

Compensi ai fattori (es. stipendi ai dipendenti pubblici)

Pensioni, sussidi di disoccupazione ecc.

Si tratta di somme che lo stato preleva alle famiglie più ricche e redistribuisce alle famiglie più bisognose. Si parla di spese di trasferimento.

Interessi e rimborsi del debito pubblico

Lo Stato paga gli interessi e restituisce le somme ricevute in prestito dalle famiglie

   Dallo Stato alle imprese

Acquisto di beni e servizi

Sussidi alle imprese