SARCOPHAGUS CLUB
«Si accomodi,
Mr. Feynman. Sarò da lei in un attimo».
La dottoressa Pearl Tripplehorne
apre la porta dello studio
al cliente delle 17.30, poi
va in bagno
a lavarsi le mani e ritorna con una cartella prelevata dallo schedario.
Mr. Feynman è l'archetipo del giovane uomo
d'affari di successo: completo nero Armani, stivaletti Weston,
camicia Paul Smith dal colletto rigido, portamento raffinato e gesti misurati.
Come ad ogni seduta, si accomoda sulla confortevole poltrona di cuoio di fronte
alla scrivania di ciliegio della dottoressa.
Pearl Tripplehorne inforca un paio di occhiali
griffati, impreziositi da piccoli brillanti, e consulta il suo dossier.
«Allora, Mr. Feynman, come andiamo?»
«Non posso lamentarmi, dottoressa, anche se il
lavoro mi tiene sotto pressione».
«Ha provato il farmaco che il mio collega le ha
prescritto per dormire?»
«Sì, e va molto meglio, grazie. Ora dormo come
un bambino, ma il mio problema persiste».
Pearl Tripplehorne gestisce con altri tre
psichiatri uno studio che genera lucrosi profitti curando manager e capitani di
industria afflitti da stress e surmenage. Passa gran parte del tempo per cui è
lautamente pagata ad ascoltare il racconto delle loro giornate di lavoro, la
descrizione di inganni e vendette, le invettive contro gli altri membri del
consiglio di amministrazione o i rivali in affari.
«Dottoressa, ho lavorato sodo per arrivare dove
sono. La redditività della mia società finanziaria è costantemente in crescita.
Il mio patrimonio ammonta attualmente a trecento milioni di dollari, ma non mi
sento affatto realizzato».
"Trecento milioni di dollari" scrive
sul taccuino la dottoressa Tripplehorne, "non realizzato".
«Sento che posso crescere ancora, dottoressa,
ottenere obiettivi più alti. Non devo dormire sugli allori. Devo prefiggermi mete
più ambiziose. Sa che la VISA ha messo recentemente in commercio la carta SuperVip Diamant, riservata a
milionari con un conto in banca superiore al mezzo miliardo di dollari? Penso
che questo sia un traguardo alla mia portata, un obiettivo importante: avere
una carta Diamant».
"Obiettivi più ambiziosi" scrive la
dottoressa, "una carta VISA".
«Mi tormento su come aumentare i miei profitti,
sono alla ricerca di occasioni per ampliare il mio business, sto studiando
contatti e occasioni di investimento nei mercati emergenti del sud-est asiatico
e dell'Europa dell'est. Ma sto segnando il passo, le cose non vanno con la
velocità che desidererei. Lo sa che Bill Gates ha festeggiato il suo primo
miliardo di dollari a trentatré anni? Io ne ho già trentacinque. Sono vecchio,
spreco un mucchio di energie e mi ritrovo al punto di partenza».
"Trentatré anni" scrive la
dottoressa, "un miliardo di dollari", "vecchio", "punto
di partenza". Poi riavvita il cappuccio della penna.
«Bene. Direi che per oggi abbiamo fatto
abbastanza progressi, Mr. Feynman. Quando avremo adeguatamente analizzato il
problema, potremo pensare ad abbozzare delle soluzioni. Sento che saranno
necessarie ancora molte altre sedute per metterlo a fuoco».
Un anno e mezzo e parecchie sedute dopo, la
dottoressa Pearl Tripplehorne prende appunti sul taccuino. La sua ultima
annotazione è: "un miliardo di dollari", seguita da "il paziente
si sente non realizzato". Tra due anni, ne è certa, l'annotazione sarà:
"dieci miliardi di dollari", "il paziente si sente non
realizzato". Chiude il taccuino, si raddrizza sulla sedia e lo fissa
dritto negli occhi.
«Una soluzione al suo problema ci sarebbe, Mr.
Feynman».
Feynman suona il campanello al numero dieci di
Covent Street, in un elegante sobborgo di New York. La targa reca scritto Sarcophagus Club in lettere di ottone su fondo rosso. Viene
ad aprirgli un cameriere giavanese, impeccabile in completo bianco, che chiede
il suo nome e lo fa accomodare senza una parola al tavolo a lui destinato. Le
luci sono alquanto basse, parecchi altri avventori sono seduti ai tavoli
conversando sommessamente, in attesa che dalla cucina servano l'evening dinner. Feynman riconosce
diversi uomini d'affari e imprenditori di successo, alcuni incontrati di
persona, e li saluta con un cenno discreto. Al suo tavolo viene presentato al
principale azionista di una catena di aziende di lavorazione della carne, e ad
un banchiere d'affari del Midwest.
«Oggi un qualunque golf club esclusivo, un Rotary,
non è più un luogo idoneo per stringere relazioni ad alto livello. Non vale più
di un comitato di beneficenza cittadino, un raduno di ex boy scout», aveva
argomentato la dottoressa Tripplehorne nell'illustrargli la sua proposta. «E invece
sono proprio le relazioni che costituiscono la base su cui si costruisce
l'incremento del proprio patrimonio. Una persona le cui relazioni siano
inadeguate, non funzionali a questo obiettivo, è tagliata fuori dalla corsa
alla ricchezza.
«Il Sarcophagus Club non
è un circolo qualunque: offre ai soci uno dei fondi più selettivi del mondo.
Richiede che il socio vi versi il suo intero patrimonio. In cambio, i dividendi
sono stratosferici, data l'ingente massa di denaro. In qualsiasi condizione di
mercato il fondo registra incrementi tali da raddoppiare la ricchezza dei
partecipanti in pochi anni. Ma i doveri sociali vengono presi altrettanto
seriamente: i detentori delle quote sono tenuti a partecipare, ogni primo
giovedì del mese, al pasto comune, dove i soci possono incontrarsi, scambiarsi
informazioni, stringere rapporti.
«La composizione dei tavoli varia da un
incontro all'altro. Non più di tre commensali siedono insieme ogni volta; le
conversazioni, gli scambi di informazioni, si svolgono a quattr'occhi, a bassa
voce. Il business viene propiziato dal cibo. La regola, Mr. Feynman, è il
segreto e la riservatezza: l'ingrediente più importante degli affari» aveva
chiarito la dottoressa.
«Mr. Ogabe è il
nostro chef. Viaggia per i cinque continenti alla ricerca delle carni più rare»
spiega al tavolo il banchiere del Midwest. «Il club
non bada a spese per ottenerle. Mr. Ogabe cura
personalmente la macellazione e la frollatura. Assaggi».
Feynman prende un boccone: squisito. La carne
non ha quasi condimento, in modo che il suo sapore naturale saturi le papille gustative,
con un effetto assolutamente sorprendente. Al Sarcophagus
Club il connubio tra arte gastronomica ed alta finanza è indissolubile: al
tavolo viene portato, anziché il menu, stabilito rigorosamente a sorpresa da
Mr. Ogabe, un dossier che illustra l'andamento del
fondo nel mese precedente. Feynman non crede alle cifre che legge.
«Non male, vero?» commenta l'altro commensale. «Secondo
me c'è un preciso significato simbolico nel menu a base esclusivamente di carne
del club. Nel mondo degli affari tutti mangiano tutti, le fortune di uno si
costruiscono sulla pelle di un altro, le imprese più forti fagocitano le
imprese più deboli, come nella catena alimentare di un ecosistema naturale. In
fondo, la maniera più veloce per crescere è prendersi anche la parte degli
altri».
Feynman annuisce e continua a mangiare,
assorto, guardando le cifre del prospetto.
Sono passati due anni. La dottoressa
Tripplehorne è stata di parola: il patrimonio di Feynman si è moltiplicato
oltre ogni aspettativa, il mese scorso ha raggiunto i tre miliardi di dollari.
Le riunioni del giovedì rappresentano ormai per lui i momenti più importanti della
sua vita. Accanto al fascino degli affari ha scoperto una esperienza
completamente nuova, cui non aveva mai pensato fino all'adesione al club: l'alchimia
tra gastronomia e denaro.
Mr. Ogabe conosce una
varietà di modi di cuocere la carne tali che a poco a poco i frequentatori del Sarcophagus Club si abituino alla quasi completa mancanza
di spezie e condimenti. Al sangue, alla griglia, cotta delicatamente a vapore,
cotta in un cartoccio di foglie aromatiche: la carne è assolutamente
eccellente. Feynman non si perderebbe un giovedì di Mr. Ogabe
per niente al mondo, e non solo perché si tratta di andare a sentire il
rendimento dei propri investimenti. La carne proviene da una varietà
stupefacente di animali: accanto alle carni bovine, suine, equine e al pollame
tradizionale, i piatti misti di Mr. Ogabe annoverano carne
di alligatore, struzzo, tapiro, gnu, otaria, lamantino, e di animali ignoti
come il follano del Madagascar, il tabucco del Niger,
il maialino d'acqua della Birmania, il tilacino della Nuova Zelanda.
Ma la carne più straordinaria, quella che
Feynman e tutti gli altri commensali aspettano con avidità vorace, è quella di
un piatto sulla cui origine Mr. Ogabe si rifiuta
categoricamente di fornire indicazioni: il misterioso e sublime agnello di Armistan. Nei giovedì in cui viene annunciato a sorpresa, i
soci del club esultano non solo per la notifica di un dividendo sensazionale,
ma per il piatto in sé. La prima volta che l'ha provato, Feynman ha
sperimentato una pura estasi dei sensi, una abbagliante sinfonia gustativa, un
incredibile delirio del palato.
Da quel momento, ogni volta che si reca al
club, vive nell'attesa, come tutti gli altri soci, che Mr. Ogabe
annunci a sorpresa l'agnello di Armistan per
festeggiare un dividendo eccezionale, accolto dall'eccitato mormorio dei
commensali.
Invano i membri del club cercano di interrogare
Mr. Ogabe su quando servirà il suo straordinario
piatto: lo chef si mantiene assolutamente riservato, e può capitare che
qualcuno si penta di essere mancato proprio il giorno fatidico. L'ultima volta
è stata tre mesi prima. «Che sfortuna che non sia qui Bill Morton,
Ogabe gli aveva fatto balenare la possibilità di un agnello
di Armistan, ma a quanto pare gli affari lo hanno
trattenuto» aveva commentato un membro del club. «Già, e l'altra volta se l'è
perso Ralph Cunningham, e la volta prima Oskar Pettigrew:
poco male, ce ne sarà più per noi» aveva osservato il vicino di tavolo, e tutti
avevano taciuto per gustare in silenzio la carne morbida ed eccezionalmente
saporita.
Quel giovedì, arrivando al club, Feynman lo
trova vuoto. Mr. Ogabe è solo, viene ad aprirgli di
persona, col grembiule da lavoro immacolato. «Non deve esserle arrivata la
lettera con il nuovo orario invernale» gli dice scusandosi. «I membri del club
arriveranno tra un po', ma possiamo impiegare utilmente il tempo. Ho già
ultimato i preparativi per il pasto, e sarei onorato di mostrarle le cucine».
Feynman accetta entusiasticamente. Ha sempre
desiderato vedere dove Mr. Ogabe prepara i suoi
straordinari piatti, gli strumenti che usa per raggiungere risultati che
sfiorano la perfezione.
Quando, qualche tempo prima, ha espresso la sua
richiesta a Samu, il cameriere giavanese, quello ha
scosso freneticamente la testa, si è guardato intorno e gli ha detto: «No, no! Cucina
no! Non andare!» prima che Ogabe comparisse alle sue
spalle con la sua mole enorme e gli facesse cenno di tornare a servire. Ultimamente
non l'ha più visto al club. È stato in quell'occasione che Ogabe
gli ha promesso che presto avrebbe visitato la cucina.
Si
incammina con lui verso il fondo della sala, con l'enorme zampa dello chef
teneramente posata sulla sua spalla grassoccia.
Più tardi, è servito l'agnello di Armistan, in contemporanea con uno strepitoso annuncio: il
valore complessivo delle quote dei soci presenti è aumentato di tre miliardi di
dollari. Feynman, purtroppo, come notano diversi convitati, non è lì per
gustare il suo piatto preferito quando questo arriva, fumante, su un vassoio
d'argento. Sarà per la prossima volta.