POESIA
DELL'ANTICHITA' CLASSICA |
❍ Euripide,
Il canto delle Mènadi (Baccanti )
❍ Euripide, Il canto delle
Mènadi (Baccanti )
Dolce tra i monti correr nel Tiaso
cinte del sacro vello di daino,
e al suol cadere, correndo in traccia del capro, e
ucciderlo, fumante beverne
il sangue, ai monti lidi lanciandosi,
ai frigi; e Bromio
ci guida, e primo grida: Evoè!
Torneranno mai più a me
le lunghe, lunghe danze
durante la notte finché non svaniscono le stelle?
Sentirò la rugiada sulla gola e lo scorrere
del vento nei miei capelli? I miei piedi scintilleranno
nelle buie distese?
O piedi del cerbiatto fuggito nel verde bosco
solo nell’erba e nella bellezza;
balzo del fuggiasco non più impaurito,
al di là delle trappole e del premere mortale.
Tuttavia una voce risuona ancora in distanza.
una voce ed una paura ed una fretta di cani.
O ferocemente rapidi, o pazzamente affaticantisi,
in avanti attraverso fiumi e radure.
E’ gioia o terrore, o piedi svelti come la tempesta?
Verso le care terre solitarie indisturbate dall’uomo
non suona alcuna voce e fra l’ombroso verde
i piccoli esseri del bosco vivono non visti.