Nozioni fondamentali di diritto pubblico

 

 

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INDICE

 

Nozioni generali e fondamentali

  La vita sociale e il diritto

  Il significato del termine “politico”

  I significati del termine “Stato”

  I poteri dello Stato

Le norme giuridiche

  Le prescrizioni

  I vari tipi di prescrizioni

  Le prescrizioni giuridiche

  I vari gruppi di prescrizioni giuridiche

  Le norme giuridiche

  Norme giuridiche super-primarie, primarie e secondarie

  L’ordinamento giuridico

  I significati della parola “legge”

  I significati della parola “diritto”

Le fonti del diritto. Le branche del diritto

  Nozione di “fonte del diritto”

  Atti che creano prescrizioni giuridiche ma non sono fonti

  La gerarchia delle fonti

  L’uso del termine “decreto” per indicare una fonte

  I regolamenti: Diversi significati della parola “regolamento”

  La pubblicazione delle fonti del diritto

  I vari tipi di rapporti tra le fonti del diritto

  Fonti primarie e fonti secondarie

  Il controllo sulle fonti

  Gli atti amministrativi

  La "delegificazione"

  Le riserve di legge

  L’efficacia della legge nel tempo: retroattività e irretroattività del diritto

  Le partizioni del diritto

  Norme imperative, dispositive, suppletive

  Il diritto internazionale vero e proprio

  Il diritto internazionale privato

Gli enti pubblici e i loro organi

  “Ente” vuol dire “Persona giuridica”

  Cosa si intende per "ente pubblico"?

  Cosa vuol dire che un ente pubblico ha (normalmente) una "doppia capacità", di diritto privato e di diritto pubblico?

  Quali sono le principali categorie di enti pubblici?

  Altri tipi di classificazione di minore importanza

  I rapporti tra stato ed altri enti pubblici

  Gli organi o uffici

  La competenza dell’organo

  La differenza tra “organo” e rappresentante”

  Sono considerati “organi” anche alcuni uffici che svolgono esclusivamente attività interna, in quanto collegati strettamente con gli organi che svolgono attività esterna

  I vari tipi di organi

  I gruppi di organi dello Stato. I “poteri”

  Unità operative e organizzazioni che svolgono esclusivamente attività materiali

  Il rapporto tra gli agenti e l'organo

  Il rapporto tra gli atti del funzionario e la persona giuridica

  I “rapporti interorganici”

  Un organo non ha personalità giuridica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La vita sociale e il diritto

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Nel caso di due o più individui che vivano nello stesso tempo e nello stesso luogo, in modo che le attività, i bisogni e gli interessi dell'uno possono interferire con le attività, i bisogni e gli interessi dell'altro si parla di convivenza.

Con la convivenza nascono quelli che vengono chiamati conflitti di interessi. Un interesse è ciò che una persona vuole ottenere, un vantaggio che essa si prefigge come scopo. Si ha conflitto di interessi quando due o più persone vogliono ottenere la stessa cosa e il vantaggio di uno non è compatibile con il vantaggio dell'altro.

Nel momento in cui si crea un gruppo la cooperazione nasce spontaneamente: gli uomini creano istintivamente delle regole comuni di comportamento. Basta osservare le regole che immediatamente vengono osservate durante la coda ad uno sportello bancario, o quelle che si creano all'interno di un gruppo di ragazzi, ecc. I romani dicevano: "Ubi societas ibi ius, ubi ius ibi societas": "dove c'è un fenomeno associativo c'è anche diritto (=insieme di norme); dove c'è diritto c'è anche un fenomeno associativo"

Con la convivenza e la cooperazione nascono i bisogni sociali, che riguardano tutte le esigenze che nascono dalla presenza dell'altro: bisogno di protezione della propria persona e dei propri beni dall'aggressione altrui;bisogno di Tribunali; bisogno di polizia; bisogno di un soggetto che crei regole di condotta e le faccia rispettare; bisogno di una organizzazione che svolga compiti comuni (es. costruzione delle strade, istruzione, difesa) ecc.

 

 

Il significato del termine “politico”

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La parola “politica” è nata nelle città-stato della Grecia antica (città in greco si dice polis) per designare ciò che riguarda lo stato nel suo insieme, in contrapposizione a ciò che riguarda i singoli.

L'aggettivo "politico" si riferisce a qualsiasi attività, ideologia, disciplina di studio, che riguardi la "polis", la sua conservazione, il suo benessere: in altre parole gli interessi generali della collettività.

Tra i vari tipi di società, le più importanti sono le società politiche, dette anche organizzazioni politiche, enti politici, forme politiche, società a fini generali, ordinamenti politici ecc.

Le società politiche sono dette "a fini generali e indeterminati" perché, accanto agli scopi fondamentali ed irrinunciabili, come la difesa, la giustizia e l'ordine pubblico, molti altri obiettivi possono essere liberamente assunti da una società politica: assistenza sanitaria, istruzione, servizi sociali minimi (trasporti pubblici, asili nido, mense...), sviluppo della cultura ecc. 

Per ideologia politica si intende l'insieme di idee su come dovrebbe essere l'organizzazione politica della collettività e su quali valori (libertà, eguaglianza, benessere materiale, ordine, progresso, famiglia, Stato), debbano venire prima di altri.

Per potere politico, in contrapposizione al potere economico e al potere ideologico e al potere religioso, si intende il potere di influenzare le scelte politiche della collettività (ad esempio i sindacati posseggono potere politico nella misura in cui possono influenzare le scelte del governo o dei partiti).

Il potere politico consiste nel definire i fini della "polis", nello scegliere perciò fra gli interessi in gioco quelli prioritari e nello scegliere i modi per farli meglio valere.

Col termine “potere politico" si indica anche, in un senso differente, l'autorità che esercita i poteri sovrani sui cittadini, o anche la stessa sovranità. Si dice così che “lo Stato-apparato “esercita il potere politico”, e si aggiunge che “ciò che distingue il potere politico da tutti gli altri tipi di potere è il fatto che esso può ricorrere all’uso della forza per ottenere il rispetto dei propri comandi”

Per sistema politico si intendono tutti i soggetti che organizzano interessi sociali, che effettuano per ciò stesso mediazioni e compensazioni tra gli interessi organizzati, che li fanno valere in tutte le sedi, comprese quelle pubbliche dalle quali possono ottenere appagamento e i rapporti che tra questi soggetti si instaurano. I partiti, i sindacati, i gruppi di pressione, organi estranei al potere legislativo come il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale, fanno parte del sistema politico.

Per potere economico si intende invece il potere che proviene dal possesso della ricchezza o che consiste nel controllo delle attività economiche.

Per potere ideologico si intende il potere di influenzare tramite idee presentate in maniera particolarmente convincente, diffuse dai mass-media o in altre forme attraverso altri strumenti particolarmente efficaci.

Per lotta politica si intende la competizione per la conquista del potere politico.

 

 

I significati del termine “Stato”

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   Stato-comunità

E’ l’insieme di popolo, territorio e governo (autorità centrale)

 Si può dire che lo Stato-comunità è costituito da un popolo dotato di sovranità che vive stabilmente su un territorio delimitato da confini

   Stato-apparato o Stato-governo

si parla di stato apparato per indicare il complesso di organi destinati a governare la comunità di persone che formano il popolo dello stato

In pratica, è l’insieme delle strutture politiche che esercitano la sovranità.

In altre parole, è l’insieme degli enti o degli organi (a seconda del punto di vista) che esercitano il potere di imperio o potestà di impero (dal latino imperium , “comando”).

La nozione di potere di imperio coincide con la definizione di sovranità interna: potere di imporre unilateralmente la propria volontà agli altri soggetti (es. potere di imporre norme giuridiche; potere di imporre prestazioni personali o patrimoniali; ecc.) attraverso il monopolio della forza legittima.

Talvolta si dice, sinteticamente, che il potere di imperio o sovranità è “il potere di porre norme giuridiche e di imporne a tutti il rispetto”, perché queste ne sono le manifestazioni più significative.

Altre volte si dice anche che lo Stato-apparato “esercita il potere politico”, e si aggiunge che “ciò che distingue il potere politico da tutti gli altri tipi di potere è il fatto che esso può ricorrere all’uso della forza per ottenere il rispetto dei propri comandi”

Normalmente si ritiene che lo Stato apparato sia costituito dagli enti pubblici territoriali (Stato, Regioni, Province, Comuni), perché gli altri enti esercitano solo marginalmente significativi poteri di imperio

   Stato-ordinamento

E’ l’insieme delle organizzazioni pubbliche, centrali e decentrate: in sostanza l’insieme degli enti pubblici

L’insieme formato dallo stato-apparato e dagli altri enti pubblici che lo coadiuvano

   Stato-persona o Stato-centrale

Abbiamo detto all’inizio di questo capitolo che lo stato moderno è caratterizzato dall’esistenza di un apparato che esercita in modo stabile il potere politico su un territorio e su un popolo. In realtà le cose non sono così semplici. In tutti i paesi contemporanei il potere politico non è esercitato solo dallo Stato, ma anche da altre persone giuridiche pubbliche, sia pure in modo subordinato allo stato. Tali sono gli enti pubblici territoriali, ossia in Italia le Regioni, le Province e i comuni. Ciascuno di essi riprodurre in piccolo le caratteristiche dello Stato: è infatti formato da un territorio, da un popolo e da un apparato. Anche sotto questo profilo la parola “stato” può esser usata in due sensi: può indicare l’insieme dei pubblici poteri o degli enti pubblici territoriali (ossia lo stato-centrale più le regioni, le province e i comuni) oppure può indicare lo stato-persona in senso stretto, o possiamo anche dire lo “stato centrale”

Lo Stato-persona è dunque l’organizzazione pubblica centrale, escluse quelle decentrate

Lo Stato-persona è composto di tre grandi "poteri": il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario.

Lo Stato-persona è un apparato, cioè  un complesso ordinato e stabile di uomini dotato di mezzi materiali adeguati per esercitare una serie di compiti e perseguire una serie di obiettivi previamente delimitati.

Lo stato, inteso come organizzazione centrale che dirige e governa l’intera comunità statale, è considerato, nel nostro ordinamento, una persona giuridica

 

 

I poteri dello Stato

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   Potere legislativo

Il potere legislativo è formato dagli organi che hanno il potere di creare norme giuridiche. In passato gli organi erano due: il re e il parlamento. Nel nostro Stato vi è solo un organo che può creare le leggi: il Parlamento. E' formato dalla Camera e dal Senato. Ciascuno dei 630 deputati della camera e dei 315 senatori viene eletto dai cittadini ogni cinque anni, a suffragio universale (cioè  sono ammessi al voto tutti i maggiorenni, che siano uomini o donne, sprovvisti o provvisti di titoli di studio purché capaci di intendere e di volere).

Camera e Senato, votano le leggi che poi sono promulgate dal Presidente della Repubblica.

   Potere esecutivo

Gli organi del potere esecutivo sono numerosissimi. Al vertice del potere esecutivo c'è il Governo. Ciascuno dei ministri del governo è a capo di un ministero che a sua volta è costituito da numerosi organi centrali (direzioni generali, provveditorati generali ecc.) e periferici (intendenze, uffici locali ecc.) Il potere esecutivo, detto anche "Pubblica Amministrazione" (abbreviato "P.A.") si occupa dell'esecuzione delle leggi create dal parlamento: attraverso le forze di polizia si occupa di controllare l'osservanza delle leggi da parte dei cittadini; attraverso altri ministeri si occupa di provvedere ai bisogni di istruzione, cure mediche, assistenza in caso di vecchiaia, invalidità ecc. dei cittadini, cioè  fornisce loro dei "servizi pubblici", gratuiti o semigratuiti. Anche in questo modo il potere esecutivo "esegue" i compiti che gli sono stati affidati dal Parlamento con le leggi

Si parla di compiti di garanzia per indicare le attività di controllo, prevenzione e repressione delle attività.

Si parla di compiti di benessere per indicare le attività con cui lo Stato punta a migliorare le condizioni della vita sociale mediante la fornitura di servizi come sanità, istruzione, trasporti pubblici ecc.

   Potere giudiziario

Il potere giudiziario è composto da numerosi organi: Pretori, Tribunali ordinari, Tribunali militari, Tribunali amministrativi, Tribunale delle acque pubbliche, Corti d'appello, Corti d'assise, Corti d'assise d'appello, Corte di Cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei Conti ecc. Tutti questi organi sono incaricati di emettere sentenze che applicano le norme generali ai casi concreti.

I giudici non sono sottoposti ai ministri, vengono scelti per concorso pubblico e la loro assunzione, la loro retribuzione, la loro carriera è gestita da organi indipendenti dal potere politico, il più importante dei quali è il Consiglio Superiore della Magistratura, i cui membri vengono eletti in parte dal Parlamento, in parte dagli stessi giudici. Il Consiglio superiore della Magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica.

 

 

Le prescrizioni

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Si parla di prescrizioni per indicare regole di condotta, giuridiche o non giuridiche. Vi sono molti tipi di "prescrizioni": prescrizioni tecniche (che non sono obbligatorie, ma vengono seguite perché assicurano un certo risultato, ad es. le regole della medicina), prescrizioni morali (che ci provengono da Dio o dalla nostra coscienza), prescrizioni del costume o del galateo, prescrizioni giuridiche

 

 

I vari tipi di prescrizioni

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Esistono vari tipi di prescrizioni:

   Prescrizioni del costume

Altre prescrizioni provengono dall'ambiente in cui viviamo: sono le prescrizioni del costume o del galateo ("lascia il posto sui mezzi pubblici alle persone anziane"; "saluta tu per primo la persona più anziana"; "mantieni fede alle promesse"; "non bestemmiare"; "non dir male del prossimo in sua assenza... e possibilmente neanche in sua presenza", "Non ubriacarti pubblicamente", "non gridare quando sei con altre persone", "non fare rumori che disturbino il vicino" ecc.).

   Prescrizioni morali

Altre prescrizioni sono definite "morali" perché ci provengono da Dio o dalla nostra coscienza, e noi le osserviamo solo se siamo intimamente convinti della loro bontà, a differenza ad esempio delle leggi dello Stato, che ci provengono dall'esterno. Così la prescrizione "ama il tuo prossimo", "non desiderare la donna d'altri" ecc. sono prescrizioni morali.

   Prescrizioni tecniche

Molte prescrizioni sono definite "tecniche", perché non sono obbligatorie, ma vengono seguite perché assicurano un certo risultato. Così, le prescrizioni del medico, le regole per la medicazione delle ferite, le regole per cucinare i cibi vanno seguite se si vuole ottenere la guarigione, la preparazione del cibo, ecc. ma non sono obbligatorie.

   Prescrizioni giuridiche

 

 

Le prescrizioni giuridiche

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Le prescrizioni giuridiche hanno in comune il fatto che provengono dalla autorità che nel gruppo detiene la sovranità (cioè non riconosce altri sopra di sé e detiene il supremo potere di comando su tutti gli altri soggetti) e che minaccia delle sanzioni a chi non le osserva. Questa autorità può essere lo stesso popolo (si pensi alle consuetudini dei pastori, degli ateniesi dell'antichità ecc.) o un soggetto che sia investito di un apposito potere. Le prescrizioni, insomma, provengono sempre dallo Stato o da una autorità dello Stato. Le prescrizioni giuridiche hanno in comune lo scopo di influenzare i comportamenti dei cittadini al fine di coordinarli evitando conflitti violenti di interessi

Le prescrizioni giuridiche hanno certe caratteristiche fondamentali che mancano alle prescrizioni non giuridiche (morali, sociali, tecniche).

Questi caratteri sono:

   IMPERATIVITA': La forma della prescrizione giuridica, a differenza da quella della prescrizione tecnica, è quella del comando senza condizioni: "devi fare questo" anziché: "devi fare questo se vuoi guarire, cucinare,fabbricare... ecc."

   INTERSOGGETTIVITA': Le prescrizioni giuridiche sono destinate a risolvere conflitti tra due o più persone che convivono. Se vi è una sola persona o non vi è convivenza le prescrizioni giuridiche, a differenza di quelle morali e di quelle tecniche, sono inutili e senza senso. Ad esempio Adamo prima della creazione di Eva non aveva bisogno di prescrizioni giuridiche sulla proprietà (non c'erano altri a spartirsi la terra) né sul matrimonio (non era ancora stata creata la donna), ma aveva bisogno di prescrizioni su come curarsi, e aveva ricevuto da Dio delle prescrizioni morali ("non toccare l'albero della conoscenza"; "non avrai altro dio al di fuori di me" ecc.).

   COATTIVITA': Le prescrizioni giuridiche sono le uniche la cui esecuzione sia garantita da una sanzione (= punizione, conseguenza sfavorevole) stabilita da altre regole. Così, la prescrizione di pagare il proprio debito è garantita dalla minaccia della sanzione consistente nel privare il debitore dei suoi beni; la prescrizione di non rubare è garantita dalla sanzione della prigione ecc.

Tra le sanzioni, le più importanti sono quelle che consistono nell'uso della forza (incarcerazione, espropriazione e vendita dei beni, distruzione della casa abusiva ecc.). E' la minaccia dell'uso della forza che spesso convince le persone ad obbedire. Non bisogna però credere che le prescrizioni giuridiche, per funzionare, abbiano bisogno dell'uso continuo della forza: le condanne penali, le espropriazioni ecc. sono solo le misure estreme, a cui si ricorre (fortunatamente di rado) quando tutti gli altri mezzi di persuasione (minaccia dell'uso della forza; disapprovazione sociale; regole morali;persuasione mediante ragionamento) sono fallite.

 

 

I vari gruppi di prescrizioni giuridiche

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Vi sono vari tipi di prescrizioni giuridiche:

   Prescrizioni del potere legislativo (“leggi”)

Abbiamo in primo luogo le prescrizioni del potere legislativo: Costituzione, leggi del Parlamento, leggi delle Regioni, Regolamenti del governo o dei Ministri, Regolamenti Regionali, provinciali, comunali.

   Prescrizioni del potere esecutivo (“provvedimenti”)

·    Gli ordini (dei poliziotti, dell'ufficiale sanitario)

·    I permessi (del prefetto che concede il porto d'armi, del sindaco che concede le licenze edilizie commerciali)

·    Le punizioni o "sanzioni" (ad es. del vigile urbano)

·    Le ammissioni (ammissione ad un concorso, ammissione al prestito per la prima casa, ammissione tra coloro che hanno diritto di case popolari)

·    Gli esoneri (dalle tasse scolastiche, dal servizio militare)

·    gli espropri

·    Gli incentivi (premi alle imprese che si trasferiscono nel Mezzogiorno)...

   Prescrizioni del potere giudiziario (“sentenze”)

·    Sentenze dei giudici

·    Decreti dei giudici

·    Ordinanze dei giudici

   Prescrizioni che i privati danno a se stessi (“regole dell’autonomia privata”)

·    Promesse giuridicamente valide (ad es. quella di donare una cosa)

·    Regole dei contratti che ci impegniamo a rispettare

   Prescrizioni che si formano spontaneamente (“consuetudini”)

Abbiamo poi le prescrizioni che ci vengono dalle consuetudini che sono considerate obbligatorie: consuetudini commerciali, consuetudini nei rapporti tra proprietari della terra e contadini ecc. Nell'antica Roma quasi tutte le prescrizioni giuridiche si erano formate per consuetudine, e la vita veniva regolata quasi completamente dalla consuetudine. Oggi la situazione si è capovolta: quasi tutti i rapporti sono regolati da una legge dell'autorità e le consuetudini sono ammesse solo quando non contraddicono la legge (consuetudini "secundum legem") o quando regolino un rapporto non regolato dalla legge (consuetudini "praeter legem").

Si parla di "violazione", "inosservanza", "trasgressione" di una prescrizione giuridica o di una norma giuridica ogni volta una persona non tiene il comportamento che la norma gli dice di tenere.

 

 

Le norme giuridiche

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Le norme giuridiche sono le prescrizioni giuridiche più importanti, sulle quali tutte le altre in un certo senso si basano. L'insieme delle prescrizioni del potere legislativo, cioè  le norme giuridiche, formano quell'insieme di regole che si chiama ordinamento giuridico, o "legge" o "diritto".

Le norme giuridiche, cioè  le prescrizioni giuridiche create dal potere legislativo, hanno delle caratteristiche molto precise. Alcune di queste caratteristiche permettono di distinguerle con sicurezza dalle altre prescrizioni giuridiche:

   INTERCONNESSIONE: le norme giuridiche sono collegate l'una all'altra in almeno tre modi:

·    vi sono norme che si applicano in caso di violazione di altre norme e che formano catene anche molto lunghe.

·    la validità di una norma dipende sempre da un'altra norma. Ad esempio la validità della norma che ci vieta di usare il clacson in città deriva dalla validità della norma del parlamento che ha autorizzato il governo ad emanare il codice della strada

·    non è possibile in pratica interpretare una norma senza l'aiuto di numerose altre

   CERTEZZA O IDENTITA' O INDEFORMABILITA': Mentre chiunque può interpretare liberamente le prescrizioni tecniche e quelle morali, le norme giuridiche possono essere validamente interpretate solo dal giudice, il quale deve seguire delle precise regole descritte nel codice civile. Se le norme giuridiche potessero essere interpretate da ciascuno come gli fa più comodo, o da ciascun giudice come meglio crede, non ci sarebbero più regole certe, e non potrebbe nascere una coesistenza pacifica, perché si moltiplicherebbero ben presto le liti e l'uso della forza. Per poter funzionare tra due contendenti, una regola deve poter essere interpretata sempre allo stesso modo. Se una regola fosse interpretata da soggetti diversi o da giudici diversi in modo diverso, non solo non si avrebbe certezza del diritto, ma neanche giustizia: una persona sarebbe trattata in modo diverso da un'altra, pur trovandosi nella stessa situazione.

Un concetto collegato a quello della certezza del diritto è quello della certezza della sanzione, o almeno della ragionevole probabilità che una sanzione sia applicata. Se il rischio di essere scoperti è basso, le violazioni saranno frequenti. A meno che i cittadini non osservino la norma spontaneamente, per convinzione, tradizione o altro.

   GENERALITA’: generali sono quelle che non si rivolgono a questo o quell'individuo particolare, ma che si rivolgono a tutti gli individui che si trovano nella stessa situazione. Così, il codice civile non dice: "Caio deve rispettare il contratto di vendita" o "tizio deve rispettare il contratto di vendita", ma: "il venditore (che può essere Tizio, Caio, o chiunque altro si trovi a vendere) deve rispettare il contratto di vendita". In questo modo si creano regole che non cambiano da un individuo all'altro e che perciò sono certe e giuste.

   ASTRATTEZZA: astratte sono quelle che non si riferiscono a questa o a quella situazione particolare, ma che regolano tutte le situazioni di un certo tipo. Così, il codice civile non dice: "nel caso di morte di Tizio i parenti ereditano i suoi beni" o: "nel caso di morte di Caio i parenti ereditano i suoi beni", ma: "in caso di morte di una persona (che può essere la morte di Tizio, la morte di Caio, ecc.) i parenti ereditano i suoi beni". Anche in questo caso si ottengono norme che non cambiano da un caso all'altro, e perciò sono certe e giuste. Le altre prescrizioni giuridiche sono particolari e concrete: si rivolgono cioè  a questa o quella persona che si trova in questa o quella situazione determinata (si pensi ai provvedimenti amministrativi).

   NOVITA' Noi tutti siamo in grado di immaginare cosa ordinerà un vigile in una certa situazione, cosa stabilirà il giudice in una certa lite, come risponderà un funzionario alla richiesta di un certificato. Infatti, tutte queste persone non creano regole nuove, ma si limitano a rifarsi, ad adattare al caso particolare delle regole generali che già esistono. La prescrizione giuridica di un vigile, di un prefetto, di un giudice, non aggiunge perciò nuove regole a quelle esistenti. Invece la prescrizione giuridica del potere esecutivo (= la norma giuridica) costituisce una regola nuova, che si va ad aggiungere alle altre esistenti o che va a modificarle. E' questo che noi chiamiamo "novità" della norma giuridica. Ogni norma giuridica è un comando nuovo: o perché regola materie che prima non erano regolate; o perché cambia regole precedenti.

   COERCIBILITA’

La coercibilità è la possibilità che i singoli siano costretti a subire materialmente le conseguenze negative previste per il caso di violazione del diritto

Ad esempio un soggetto che ha compiuto un reato viene condannato a una pena detentiva. Siccome è improbabile che si presenti spontaneamente in carcere, la polizia ce lo condurrà con la forza.

Qual è l'importanza di classificare una prescrizione come norma giuridica o meno? Alle norme (e non alle altre prescrizioni giuridiche) si applicano alcuni principi:

   "Ignorantia legis non excusat"

   "Jura novit curia"

   Vengono applicate le regole sull'interpretazione

   La violazione delle norme legittima la ricorribilità per Cassazione

 

 

Norme giuridiche super-primarie, primarie e secondarie

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All’interno dell’ordinamento giuridico si distinguono norme super-primarie (sono le norme di rango costituzionale), norme primarie (la legge e gli atti aventi forza di legge) e norme secondarie o sub-primarie (regolamenti ed atti equiparati). La importante differenza tra norme primarie e secondarie risiede nel fatto che il giudice ordinario deve applicare le norme primarie senza poterle contestare, mentre può disapplicare o addirittura annullare (giudice amministrativo) le norme secondarie.

 

 

L’ordinamento giuridico

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Le norme giuridiche sono le prescrizioni giuridiche più importanti, sulle quali tutte le altre in un certo senso si basano. L'insieme delle prescrizioni del potere legislativo, cioè  le norme giuridiche, formano quell'insieme di regole che si chiama "ordinamento giuridico", o "legge" o "diritto".

 

 

I significati della parola “legge”

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La parola “legge” può avere diversi significati

   In frasi come: "la legge (= l'insieme delle norme giuridiche) è uguale per tutti"; "Il diritto degli antichi romani (= l'insieme delle norme giuridiche degli antichi romani) veniva osservato in tutto il Mediterraneo"; "L'ordinamento giuridico italiano (= l'insieme delle norme giuridiche italiane) non conosce la pena di morte" le parole "legge", "diritto" e "ordinamento" significano "insieme di norme giuridiche", cioè  "insieme di regole di condotta".

   In frasi come “la legge n. 234 del 3 luglio 1990 regola la materia degli appalti” la parola “legge” indica un insieme di norme, che però non sono l’intero ordinamento

   In frasi come “la legge del Parlamento prevale sui regolamenti del Governo” la parola “legge” significa “fonte del diritto”, cioè “atto che crea norme giuridiche” o, come anche si dice, “fonte di produzione” del diritto

   In frasi come “devo leggere la legge per vedere quali sono i miei diritti” la parola “legge” significa “documento contenente il testo delle norme”, o, come anche si dice “fonte di cognizione” del diritto

 

 

I significati della parola “diritto”

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La parola “diritto” può assumere diversi significati

   La parola "diritto" significa "giusta (cioè  legittima) pretesa", nelle frasi: "Ho diritto di manifestare la mia opinione", "I genitori debbono riconoscere i diritti dei figli" ecc.

   La parola “diritto” può indicare l’intero ordinamento giuridico (“il diritto dei romani si diffuse in tutto il mediterraneo”)

   In frasi come “il diritto penale italiano non prevede la pena di morte” la parola “diritto” indica un complesso di norme meno vasto dell’ordinamento giudico (in questo caso l’insieme delle norme del codice penale)

 

 

Nozione di “fonte del diritto”

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Le norme giuridiche sono create dalle fonti del diritto. Le fonti del diritto sono quegli atti di comando o quei fatti come la consuetudine attraverso i quali vengono create norme giuridiche.

Si dice anche che l'ordinamento giuridico è creato dalle fonti del diritto. Possiamo quindi definire le fonti del diritto come quegli atti o quei fatti che possono creare, modificare o estinguere le norme di un ordinamento giuridico

Quando si leggono i termini "Costituzione", "Legge", "Regolamento" ecc. si deve stare attenti al contesto: essi possono significare sia "insiemi di norme", sia "atti che creano norme". Così, se io dico: "La legge del Parlamento è una fonte del diritto" è come se dicessi: "L'atto di comando del Parlamento è una fonte del diritto"; se io dico: "La Costituzione è una fonte superiore a tutte le altre" è come se dicessi: "L'atto di comando dell'Assemblea Costituente prevale su tutti gli atti di comando delle altre autorità (Parlamento ecc.)"; se io dico: "I regolamenti governativi possono disciplinare l'organizzazione dei ministeri" è come se dicessi: "Gli atti di comando del Governo possono creare norme che regolano il funzionamento dei ministeri". 

 

 

Atti che creano prescrizioni giuridiche ma non sono fonti

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Occorre fare bene attenzione a chiamare "fonti del diritto" solo gli atti che creano norme giuridiche. Gli atti che creano prescrizioni giuridiche diverse da norme giuridiche non sono "fonti del diritto"

Così, ad esempio, un ordine della Polizia o del Prefetto non è una fonte del diritto, perché è un atto che crea prescrizioni che non sono norme giuridiche L'atto del giudice non è una fonte del diritto, perché crea una sentenza, che non è una norma giuridica, ma una prescrizione diversa da una norma. Un contratto tra privati cittadini non è una fonte del diritto, perché non crea norme giuridiche.

 

 

La gerarchia delle fonti

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Le fonti sono poste lungo una scala di importanza:

   Fonti "super-primarie" o "costituzionali":

·    Costituzione

·    Leggi costituzionali del Parlamento che modificano o integrano la Costituzione

·    Statuti delle regioni a statuto speciale (sono leggi costituzionali, ma sono stati prima deliberati dai consigli regionali)

·    Norme dei trattati sulla Comunità Europea

   Fonti "primarie":

·    Leggi ordinarie del Parlamento

·    Leggi regionali

·    Regolamenti della Comunità Europea

·    Decreti-legge del Governo

·    Decreti legislativi del Governo

·    Statuti delle regioni ordinarie

·    Referendum di abrogazione delle leggi 

·    Regolamenti interni degli organi costituzionali  (Senato, Camera, Corte costituzionale ecc.)

   Fonti "sub-primarie" o "secondarie":

·    Regolamenti del potere esecutivo ( del Governo, dei Ministri, dei Prefetti ecc.)

·    Regolamenti delle Regioni, delle Province e dei Comuni

·    Regolamenti degli enti pubblici non territoriali (diversi da Regioni, Province, Comuni) 

   Consuetudini.

Tra le fonti costituzionali e quelle legislative vale il principio di costituzionalità. Esso significa che una legge o un atto con forza di legge  in contrasto con la Costituzione (o con le leggi costituzionali) è incostituzionale e può perciò essere annullata dalla Corte Costituzionale

Tra le fonti legislative e le fonti secondarie vale il principio di legalità. Esso significa che un regolamento in contrasto con la legge (o con un atto avente forza di legge) è illegittimo e perciò può essere annullato dai giudici amministrativi.

Tra le fonti di ciascun gruppo non esiste un rapporto di gerarchia: si dice che esse hanno "pari forza" e nessuna prevale sulle altre. Così, ad esempio, il decreto-legge ha "pari forza" rispetto alla legge del parlamento o al decreto legislativo.

Come si vede, anche il potere esecutivo (Governo) può emanare norme giuridiche attraverso regolamenti del Governo o dei Ministri.

 

 

L’uso del termine “decreto” per indicare una fonte

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In generale gli atti del governo che contengono decisioni giuridicamente efficaci assumono la denominazione di decreti. Occorre però notare che il termine "decreto" ha un valore puramente formale: sotto tale denominazione possono essere emanati sia atti aventi forza di legge, sia regolamenti, sia provvedimenti amministrativi (per esempio un decreto di nomina, un decreto di espropriazione). Inoltre il termine "decreto" non viene usato solo per gli atti del governo o dei ministri, ma anche per atti compiuti da altri organi della pubblica amministrazione (per esempio i decreti del prefetto) o dagli enti locali (per esempio i decreti dei sindaci) o dai giudici (nel corso di un processo un giudice può, nei casi stabiliti dalla legge, dare ordini attraverso un proprio decreto)

 

 

I regolamenti: Diversi significati della parola “regolamento”

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Da quanto abbiamo detto sinora, si vede che la parola regolamento è usata in significati del tutto diversi:

   Per indicare fonti primarie (Regolamenti della Comunità Europea; Regolamenti degli organi costituzionali)

   Per indicare fonti secondarie (Regolamenti governativi; Regolamenti ministeriali; Regolamenti del Presidente del Consiglio)

   Per indicare atti amministrativi (ad es. il Prefetto, in caso di pubbliche calamità può emanare dei provvedimenti urgenti chiamati "regolamenti")

 

 

La pubblicazione delle fonti del diritto

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Le leggi e i decreti contenenti atti del Governo che creano norme giuridiche sono di regola inseriti nella "Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica", tenuta dal Ministro di Grazia e Giustizia.

Gli atti inseriti nella raccolta vengono anche pubblicati nella "Gazzetta Ufficiale della Repubblica"; che costituisce mezzo legale di conoscenza delle fonti dello Stato.

Per le fonti regionali, è prevista la pubblicazione sul "Bollettino ufficiale della regione".

Dalla pubblicazione su questi mezzi a stampa decorrono i termini dell'entrata in vigore delle fonti (normalmente 15 giorni per le leggi, a meno che non si disponga un termine più corto o più lungo).

Sulla Gazzetta Ufficiale sono pubblicati anche altri atti: esiti dei referendum abrogativi, atti normativi degli organi delle comunità europee (pubblicati anche a cura delle comunità stesse sulla "Gazzetta delle Comunità Europee"), sentenze della Corte Costituzionale circa la costituzionalità di leggi

 

 

I vari tipi di rapporti tra le fonti del diritto

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Esistono quattro principali tipi di rapporti tra fonti:

   Rapporto di gerarchia

Il conflitto tra norme viene regolato secondo il criterio della gerarchia (caso di fonti di grado diverso: la fonte di grado superiore prevale sulla fonte di grado inferiore) e il criterio della abrogazione (caso di fonti di pari grado: la fonte successiva nel tempo prevale sulla precedente), dal principio di riserva di legge

Si possono avere tre tipi di abrogazione:

   Abrogazione espressa: quando la legge successiva espressamente dichiara che quella precedente è abrogata o quando c’è il referendum abrogativo

   Abrogazione implicita: quando la legge successiva regola integralmente la materia regolata da una legge precedente (es. viene approvato un nuovo codice civile che sostituisce il precedente)

   Abrogazione tacita: quando la legge successiva contiene norme incompatibili con quelle contenute in una legge precedente

Con l’abrogazione la legge successiva si sostituisce alla precedente dal momento in cui entra in vigore.

La legge abrogata continuerà a regolare i casi da essa previsti che si sono realizzati prima della abrogazione. La nuova legge, invece, riguarderà soltanto i casi che si realizzano successivamente

   Rapporto di competenza esclusiva

Il conflitto tra norme viene regolato secondo il criterio di competenza (prevale la fonte che ha la competenza esclusiva a regolare quella materia)

Viene applicato ad esempio questo criterio per regolare i rapporti tra leggi dello Stato e leggi regionali a competenza esclusiva; tra i regolamenti di un ministro e i regolamenti di un altro ministro riguardanti i propri ministeri; tra materie soggette a riserve di legge e materie regolabili anche con regolamenti; tra regolamenti della Unione Europea in materie di competenza delle istituzioni europee e leggi dello stato italiano; tra regolamenti di organi costituzionali (Senato, Camera ecc.) e leggi del Parlamento, che non possono regolare il funzionamento degli organi costituzionali

   Rapporto di competenza concorrente

Per determinate materie, è possibile che le norme più importanti (i cosiddetti principi generali o fondamentali) sono riservate ad una fonte, mentre tutte le altre norme, purché non contrastino con i principi generali o fondamentali, sono riservate ad un'altra fonte.

Questo è ad esempio il caso di alcune materie previste dall'art. 117 della Costituzione: esse sono riservate alle Regioni, ma i principi generali sono riservati allo Stato.

   Rapporto di delega

Una fonte può delegare un'altra a regolare una certa materia, fissando i principi generali.

Un esempio si ha con i decreti legislativi, che debbono essere autorizzati dal parlamento con una legge di delega che contiene i principi e i criteri direttivi.

Un altro esempio si ha con la delega che una legge del Parlamento fa ad una regione ad emanare norme per l'attuazione di leggi dello Stato.

 

 

Fonti primarie e fonti secondarie

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Le fonti secondarie provengono da autorità del potere esecutivo o da enti locali

Le fonti secondarie possono essere giudicate dal giudice ordinario e amministrativo. Quelle primarie solo dalla Corte costituzionale.

Le fonti primarie sono anche chiamate "atti aventi forza di legge"

Tra norme primarie e norme secondarie c'è una importantissima differenza: Il giudice dovrà sempre applicare le norme primarie senza poterne contestare la validità, mentre potrà, prima di applicare le norme secondarie, verificare la loro validità, e cioè  la loro conformità alle norme primarie: se è il caso, potrà dichiarare illegittime delle norme secondarie, ma MAI delle norme primarie o super-primarie.

Ad esempio, una fonte secondaria in contrasto con la costituzione sarebbe illegittima e quindi giudicabile dal giudice ordinario, e non dalla Costituzione.

Le norme secondarie sono soggette al principio di legalità, per cui non possono mai contrastare da norme di fonti primarie

 

 

Il controllo sulle fonti

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Il controllo sul rispetto da parte dei regolamenti delle norme dei Trattati della Comunità non spetta alla Corte Costituzionale italiana, ma alla Corte di Giustizia delle Comunità europee

 

 

Gli atti amministrativi

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Si dicono "atti amministrativi" gli atti giuridici di diritto pubblico compiuti dai soggetti attivi della Pubblica Amministrazione nell'esercizio di una potestà amministrativa.

Si distinguono gli atti amministrativi interni dagli atti amministrativi esterni. Gli atti amministrativi esterni spiegano i loro effetti nei confronti di un soggetto diverso da quello dal quale promanano, creando rapporti intersoggettivi. Gli atti amministrativi interni spiegano invece i loro effetti nei confronti di altri organi della medesima persona giuridica,nell'interno della quale gli effetti stessi si esauriscono: danno vita cioè  rapporti interorganici, e sono giuridicamente rilevanti nella misura in cui lo sono i relativi rapporti.

Secondo l'elemento della volontà si distinguono gli atti amministrativi che sono dichiarazioni di volontà (negozi giuridici) e atti che non sono dichiarazioni di volontà. Nel primo caso le conseguenze dell’atto sono quelle volute e indicate nell’atto stesso; nel secondo caso le conseguenze (es. della domanda di un certificato o di una testimonianza) sono quelle stabilite dalla legge.

Degli atti amministrativi negoziali, detti anche "provvedimenti", alcuni sono diretti ad aumentare le facoltà, i poteri, i diritti, in una parola la sfera giuridica dei singoli; ed altri a limitarla. Sono provvedimenti che aumentano la sfera giuridica dei singoli:

   Ammissioni (es. ammissionie ad un concorso) con cui si include il privato in una categoria di persone ammessa a godere di benefici o ammessa a una prova ecc.

   Concessioni (es. concessione di costruzione di un chiosco su suolo pubblico) con cui si concedono ai privati diritti su beni pubblici

   Autorizzazioni (es. patente di guida, licenza commerciale, porto d’armi) con cui si conferisce ad un soggetto la facoltà di esercitare un potere che è suo diritto esercitare se ricorrano le condizioni che lo Stato deve accertare

   Approvazioni. Le approvazioni sono atti con cui la Pubblica Amministrazione rende efficace ed eseguibile un atto giuridico già compiuto e perfetto.

   Dispense (es. dispensa dal servizio militare) L’organo amministrativo fa venire meno un dovere di prestazione a carico di un soggetto

Sono provvedimenti che riducono la sfera giuridica dei singoli:

   Ordini o divieti. Atti dell’organo che fanno sorgere obblighi positivi o negativi a carico di un soggetto

   Atti ablatori. Con tali atti la Pubblica Amministrazione espropria, confisca o requisisce un bene ai privati

   Atti punitivi. Sono quelli con cui la Pubblica Amministrazione applica una sanzione (es. multa)

Sono atti amministrativi non negoziali:

   Pareri

   Decisioni

   Proposte

   Relazioni e giudizi

   Atti di accertamento (certificati, attestazioni, verbali, diffide, comunicazioni ecc.)

Accanto agli atti giuridici abbiamo poi le "operazioni", che sono atti materiali come l’insegnamento, l’abbattimento di un muro pericolante, l’accompagnamento di uno straniero alla frontiera, cure sanitarie ecc.

 

 

La "delegificazione"

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Una volta che una legge (o altra fonte primaria) ha regolato una materia, per cambiarne i principi occorre un'altra legge.  Questo è molto scomodo in molti casi in cui si ha bisogno che le norme siano sempre aggiornate: l'attesa di una legge del Parlamento può essere troppo lunga. Si è proposto da parte di molti parlamentari di "delegificare" queste materie, stabilendo che da quel momento in avanti le norme saranno poste solo da fonti secondarie.

 

 

Le riserve di legge

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In vari casi la Costituzione stabilisce che una determinata materia sia regolata dalla legge e non dal regolamento (riserva di legge).

Ad esempio l’art. 13 della Costituzione stabilisce che la libertà personale può essere limitata “nei soli casi e modi previsti dalla legge”; l’art. 23 Cost. stabilisce che nessuna prestazione personale o patrimoniale (ad es. le imposte e le tasse) può essere imposta “se non in forza di una legge”; l’art. 25 Cost stabilisce che nessuno può essere punito “se non in forza di una legge; l’art. 42 stabilisce che la proprietà privata può essere espropriata “nei casi preveduti dalla legge”.

La ragione della riserva di legge è semplice: il Parlamento è l’organo maggiormente rappresentativo (è eletto a suffragio universale, cioè con il voto di tutti i cittadini, e in esso sono rappresentate tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione) e agisce sotto il costante controllo dell’opinione pubblica; il Governo, viceversa è un organo ristretto che esprima le sole forze della maggioranza e, per di più, i suoi lavori sono riservati e non controllabili dall’esterno. Per queste ragioni di democrazia e di garanzia dei cittadini la costituzione vuole che le materie più importanti siano riservate alla legge e dunque disciplinate dal Parlamento, direttamente o indirettamente

Le materie sottoposte a riserva di legge possono essere disciplinate dalla legge ma anche da un atto avente forza di legge (decreto-legge e decreto-legislativo): anche in queste ipotesi infatti il Parlamento può controllare il contenuto delle norme giuridiche approvate dal Governo

Le riserve di legge assolute sono quelle che impongono al legislatore di regolare integralmente la materia. Di conseguenza sono esclusi tutti i regolamenti tranne quelli puramente esecutivi (che non aggiungono nulla di nuovo alla legge).

Le riserve di legge relative sono quelle che richiedono soltanto che la legge detti i criteri generali mentre la loro realizzazione può avvenire con regolamenti autorizzati

Le riserve di legge rinforzate non ammettono regolamenti ma solo la legge

 

 

L’efficacia della legge nel tempo: retroattività e irretroattività del diritto

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Secondo l’art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale (che sono all’inizio del Codice Civile) la legge non dispone che per l’avvenire, cioè non ha effetto retroattivo. Irretroattività significa che la legge si applica soltanto ai casi che si verificano successivamente alla sua entrata in vigore. Al contrario “retroattività” significa che la nuova legge si applica ai casi già verificatisi, regolati inizialmente da una legge diversa.

L’irretroattività della legge è molto importante. Se non ci fosse, i cittadini sarebbero nelle mani del legislatore, che potrebbe sempre rimetter in discussione i rapporti giuridici passati e non si avrebbe alcuna certezza del diritto: i cittadini non saprebbero come comportarsi per non violare la legge.

La regola della irretroattività della legge è derogabile: poiché il codice civile (che contiene l’art. 11) è stato approvato con decreto legislativo, le sue norme possono essere derogate da norme successive di legge. Se tuttavia una legge tace sulla sua retroattività vale l’art. 11 e la si deve considerare irretroattiva.

L’unico campo in cui la retroattività è vietata dalla Costituzione è la materia penale: “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”. La irretroattività penale riguarda solo le legge successive meno favorevoli ma non quelle più favorevoli.

 

 

Le partizioni del diritto

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Le norme giuridiche si possono distinguere, a seconda degli interessi protetti, in:

   Norme di diritto pubblico

Esse tutelano interessi di tuta la collettività, sono inderogabili da chiunque e speciali organi dello stato vigilano sul loro rispetto esercitando la propria autorità.

Il diritto pubblico regola la forma e l’organizzazione dello stato, delle regioni, delle province dei comuni e degli altri enti pubblici; disciplina anche i rapporti tra cittadini e rispettivamente stato regioni province e comuni. Poiché Stato, Regioni, Province e comuni sono portatori di interessi collettivi, i rapporti fra questi e il singolo cittadino non si svolgono su un piano di parità

Le norme di diritto pubblico si distinguono a loro volta in:

   Norme di diritto costituzionale

che comprendono le norme fondamentali della vita politica, relative allo Stato, alla sua organizzazione e ai rapporti con i cittadini (diritti e doveri, principio di uguaglianza ecc.)

   Norme di diritto amministrativo

che disciplinano l’apparato pubblico, denominato “pubblica amministrazione” (i ministeri, gli enti pubblici, i dipendenti pubblici), il suo funzionamento (i tipi di atti, i procedimenti, i poteri ecc.) e i suoi rapporti con i singoli cittadini

   Norme di diritto penale

che stabiliscono quali sono i reati e le pene previste per coloro che li hanno commessi

   Norme di diritto processuale

che riguardano i diversi procedimenti che si svolgono dinanzi ai giudici, riguardanti le controversie relative all’applicazione del diritto civile, penale e amministrativo

Le norme di diritto processuale si distinguono a loro volta in:

   Diritto processuale civile

   Diritto processuale penale

   Diritto processuale amministrativo

   Diritto processuale tributario

Che regola anch’esso un processo amministrativo: quello dinanzi alle commissioni tributarie nel caso di tributi che si ritengono ingiustamente pagati

   Norme di diritto privato

Che invece tutelano interessi dei singoli e sono spesso derogabili dalla contraria volontà dei soggetti privati (ad esempio le norme che prevedono i singoli tipi di contratti possono essere lasciate da parte dai singoli se vogliono stipulare un contratto diverso, non previsto dalla legge). Della loro osservanza lo Stato (attraverso i suoi giudici) si occupa solo se il singolo privato che ne ha interesse lo richiede.

Il diritto privato regola i rapporti tra i diversi soggetti privati: le persone fisiche, le associazioni, le società ecc. Nella maggior parte dei casi tali rapporti si svolgono su un piano di parità e in essi la libera volontà dei soggetti che hanno rapporti tra loro assumer un’importanza fondamentale: quando non c’è contrasto con un interesse pubblico l’ordinamento giuridico lascia i privati liberi di agire come vogliono, di gestire come preferiscono la propria vita o i propri affari (cosiddetta “autonomia dei privati”). In questi casi la legge stabilisce solo alcune regole che limitano l’autonomia dei privati riguardo aspetti che non sono indifferenti per l’ordine sociale.

Le norme di diritto privato si distinguono a loro volta in più settori, i più importanti dei quali sono:

   Norme di diritto civile

che si occupano delle persone, della famiglia, delle successioni, della proprietà e degli altri diritti reali, delle obbligazioni, dei contratti e della tutela dei diritti

   Norme di diritto commerciale

Che regolano l’impresa e l’imprenditore (individuale e collettivo), i contratti relativi all’attività di impresa, i titoli di credito, il fallimento, i brevetti ecc.

Tra le norme di diritto commerciale ricordiamo:

  Norme di diritto societario

  Norme di diritto fallimentare

   Norme di diritto del lavoro

Che si occupano del rapporto di lavoro dipendente (lavoro subordinato)

   Norme di diritto agrario

   Norme di diritto internazionale privato

Sono le norme dettate da uno stato per casi che coinvolgono un cittadino o un bene straniero o avvengono tra cittadini ma in  territorio straniero (es. un matrimonio, un contratto). In questi casi occorre una norma dello stato per decidere se applicare il diritto nazionale o lasciare che sia applicato il diritto dello stato straniero.

Utilizzando un altro criterio possiamo invece distinguere:

   Norme di diritto interno

Sono le norme prodotte dallo Stato

   Norme di diritto esterno

Le norme di diritto esterno si distinguono a loro volta in:

   Norme di diritto internazionale

che vale nelle relazioni tra gli stati, cioè tra uno stato e un altro (o vari stati)

   Norme di diritto comunitario

Che si applica nel territorio degli stati membri dell’Unione Europea. Esso è un diritto che non proviene dai loro organi, ma da quelli di una speciale comunità di stati di cui fanno parte, che è appunto l’Unione Europea.

 

 

Norme imperative, dispositive, suppletive

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Mentre le norme del diritto pubblico sono tutte imperative, nel diritto privato (ad es. nel Codice Civile) possiamo distinguere le norme imperative (o cogenti, o assolute, o di ordine pubblico in senso lato) dalle altre, dette norme relative. Le norme imperative si impongono in ogni caso: ad es gli articoli 162, 1229, 1613, 1647-1654. Le altre invece sono quelle derogabili dalle parti. Da alcuni, nell’ambito di questa seconda categoria, si suole fare ulteriore distinzione tra norme dispositive che regolano un rapporto, ma poi prevedono che l’espressa volontà delle parti possa disciplinarlo in modo anche diverso (es. art. 1282), e norme suppletive, le quali intervengono a disciplinare tutto un rapporto soltanto in mancanza della volontà delle parti (es. art. 1063 e seguenti).In pratica, le norme suppletive non sono altro che le norme dispositive considerate dal punto di vista della loro funzione di integrazione della volontà delle parti.

 

 

Il diritto internazionale vero e proprio

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Il diritto internazionale nel vero senso del termine (diverso dal diritto internazionale privato) è l’insieme delle norme che regolano i rapporti tra gli stati. Queste norme possono essere o consuetudini internazionali (come le norme sulle immunità degli ambasciatori) o trattati (cioè accordi) tra Stati particolari. L’insieme di queste norme  costituisce l’ordinamento internazionale, distinto da quello (interno) dei singoli stati.

 

 

Il diritto internazionale privato

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Vi possono essere questioni in cui si intrecciano legislazioni di stati diversi

Si pensi ad un divorzio tra marito e moglie che hanno diversa cittadinanza; all’esecuzione di un contratto concluso in uno stato, tra due soggetti di diversa nazionalità, riguardante un bene che è in uno stato ancora diverso; all’eredità di un cittadino di uno Stato, che ha fatto testamento in un secondo stato a favore di un cittadino avente altra nazionalità, i cui beni sono in un terzo stato ecc.

In questi casi occorre stabilire quale legge deve essere applicata. Ciò avviene rinviando a una delle legislazioni degli stati interessati.

Il rinvio è fatto dalla legge italiana, la quale indica quale legislazione potrà essere applicata nei diversi casi. Queste norme di rinvio a legislazioni straniere si denominano “diritto internazionale privato”

 

 

“Ente” vuol dire “Persona giuridica”

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Nell'espressione "ente pubblico" occorre precisare con cura il significato della parola "ente" e il significato della parola "pubblico".

"Ente" significa "persona giuridica". Persone fisiche e persone giuridiche formano la categoria dei "soggetti" o "soggetti di diritto".

 

 

Cosa si intende per "ente pubblico"?

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Un "ente pubblico" è anzitutto un “ente” o “persona giuridica”. Un ente si dice pubblico:

   Se il suo fine si identifica con uno dei fini dello Stato (o della Regione, Provincia o Comune) o se comunque, nel perseguire il suo fine, soddisfa anche interessi che stanno a cuore allo Stato (o della Regione, Provincia o Comune). Ad es. il fine di una comunità israelitica è il fine di un gruppo particolare all'interno dello Stato, che non si identifica completamente con quelli dello Stato; ma l'attività di un tale ente realizza anche il fine statale della tutela delle minoranze etniche e linguistiche.

   Se, in conseguenza di questa prossimità o identità di interessi lo Stato lo fa oggetto di un trattamento particolare, differenziandolo dagli altri enti privati e inserendolo in qualche modo nel complesso dei pubblici poteri, nell'organizzazione amministrativa pubblica, col conferirgli una personalità di diritto pubblico. Una "personalità di diritto pubblico" può comportare:

·    L'assoggettamento a controlli (normalmente regionali o statali) Le forme e l'intensità del controllo può variare da ente a ente, ma un certo grado di controllo esiste sempre.

·    L'assoggettamento alla potestà di coordinamento statale. Anche questa potestà non può mai mancare.

·    L'attribuzione, a loro volta, di poteri di controllo e di coordinamento su tutti gli enti di un settore (ad es. ad un istituto bancario o creditizio pubblico vengono affidati compiti di coordinamento e controllo nel settore bancario o creditizio: la Banca d'Italia possiede estesi poteri di tal genere per quanto riguarda l'esercizio del credito) Questa prerogativa può mancare.

·    Il potere di emanare norme di autoorganizzazione

·    L'attribuzione di una capacità di diritto pubblico, comprendente potestà e poteri di diritto pubblico. Questa prerogativa può mancare.

·    La possibilità di svolgere determinate attività in regime di monopolio

 

 

Cosa vuol dire che un ente pubblico ha (normalmente) una "doppia capacità", di diritto privato e di diritto pubblico?

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Nelle persone giuridiche, capacità giuridica e capacità di agire non possono essere distinte: se una persona giuridica non ha la capacità di agire ciò vuol dire necessariamente che non possiede neanche la capacità giuridica riguardante quei rapporti (a differenza ad es. di una persona fisica come un minorenne, che ha diritti, e quindi capacità giuridica, ma non li può esercitare, e quindi manca di capacità di agire). Per questo, in riferimento a loro si parla genericamente di “capacità (di diritto pubblico)” senza specificare se si tratti di capacità giuridica o di agire.

Gli enti pubblici possiedono sia una capacità di diritto privato, sia una capacità di diritto pubblico, formata di "poteri pubblici" o "potestà pubbliche" o “poteri di imperio”, in grado di modificare unilateralmente le posizioni giuridiche dei soggetti privati e di fronte ai quali i privati sono in posizione di soggezione. Queste potestà o poteri sono "funzioni", in quanto vanno esercitate a vantaggio di soggetti diversi da quello che ne dispone (cioè  dei cittadini).

Tra le più importanti manifestazioni della capacità di diritto pubblico ci sono:

   Autonomia

E' la capacità di creare norme giuridiche. E' particolarmente estesa nel caso delle Regioni, che hanno il potere di emanare norme di grado primario (leggi regionali e statuti regionali) e secondario (regolamenti regionali).

   Autarchia

E' la capacità di perseguire i propri interessi in posizione di supremazia con gli strumenti del diritto amministrativo (provvedimenti)

   Autogoverno

E' la capacità dei soggetti amministrati dall'ente, di scegliere le persone fisiche preposte agli organi più importanti dell'ente. E' il caso ad es. dei cittadini del comune che scelgono direttamente i membri del consiglio comunale.

   Autotutela

Si tratta della possibilità, per l'ente, di farsi ragione da sé (naturalmente secondo precise norme giuridiche) attraverso atti amministrativi, tra i quali ricordiamo:

·    Annullamento d'ufficio di un suo atto amministrativo invalido, anche se tale annullamento coinvolgerà posizione giuridiche di terze persone

·    Rimozione d'ufficio di un suo atto amministrativo anche se tale annullamento coinvolgerà posizioni giuridiche di terze persone

·    Convalida di un atto amministrativo invalido

·    Decisione dei ricorsi amministrativi

·    Revoca o sospensione degli effetti di un suo atto amministrativo valido per ragioni di opportunità

·    Possibilità di ricorrere all'esecuzione forzata quando gli obbligati non osservino i propri doveri verso l'amministrazione

La esecutività del provvedimento amministrativo è una manifestazione di questa facoltà di autotutela In alternativa, la Pubblica Amministrazione può chiedere la esecuzione forzata al giudice ordinario, nelle forme del codice civile, poiché l'atto amministrativo deve essere considerato dal giudice civile come un titolo esecutivo.

·    Possibilità applicare, con un provvedimento, sanzioni per illeciti amministrativi

Per "illecito amministrativo" si intende una trasgressione che non viene considerata tanto grave da interessare l'intera collettività e da richiedere una tutela penale, ma solo di danno all'attività della Pubblica Amministrazione in un particolare settore (es. quello della circolazione stradale, dell'esercizio del commercio al dettaglio) e che viene punita con sanzioni amministrative (revoca di licenze, confische ecc.), non sottoposte alle norme che regolano le sanzioni penali. Ad es. le infrazioni al codice della strada (che è un decreto legislativo) sono quasi tutti illeciti amministrativi (tranne casi come omissione di soccorso, guida in stato di ebbrezza, guida senza patente, che sono reati); le infrazioni alle norme sul commercio al dettaglio sono normalmente illeciti amministrativi; le infrazioni meno gravi ai propri doveri di contribuente fiscale sono illeciti amministrativi.

·    Possibilità di accertare, con un provvedimento, contravvenzioni in materie che interessino la pubblica amministrazione, e anche di determinare la pena (spesso una somma di denaro) entro limiti minimi e massimi.

Le contravvenzioni sono forme minori di reati, previsti dal codice penale o da altre leggi penali. La competenza ad accertarli sarebbe dunque del giudice penale, ma la Pubblica Amministrazione ha una competenza analoga. Attraverso l'istituto dell'oblazione (pagamento della pena accertata dalla Pubblica Amministrazione) il reato risulta addirittura estinto e come non mai verificatosi. Tra le contravvenzioni poste a tutela di norme amministrative vi sono quelle che puniscono determinate violazioni di leggi finanziarie

·    Esercizio di poteri di polizia a tutela dei propri diritti reali (ad es. attraverso il corpo delle guardie forestali, dei vigili urbani ecc.) Altre potestà di diritto pubblico che frequentemente gli enti posseggono sono:

   Potere di certificazione

Ad es. gli ordini professionali certificano con valore di piena prova di fronte al giudice, che determinati soggetti hanno i titoli necessari per l'esercizio della professione

   Potere di dare ordini

   Potere di pretendere o riscuotere prestazioni coattive, specie pecuniarie.

Ad es. l'INPS ha il potere di esigere i contributi sociali; la RAI ha il potere di esigere il canone di abbonamento; il Comune ha il potere di esigere il pagamento dei tributi comunali; la SIAE (Società Italiana Autori ed Editori) ha il potere di esigere i diritti di rappresentazione di un'opera cinematografica, musicale ecc.); e così via.

   Potere di effettuare ispezioni o controlli

Accanto alla capacità di diritto pubblico, gli enti pubblici possiedono una capacità di diritto privato, formata essenzialmente da "facoltà" inerenti a diritti soggettivi che possono essere posseduti anche da privati, e che non sono in grado di modificare unilateralmente la sfera giuridica altrui tranne che in casi particolari. In questi casi l'ente interviene in posizione di parità con i soggetti privati, anziché di supremazia. Come si è già detto, vi sono enti pubblici, come quelli economici, che possiedono solo la capacità di diritto privato. Utilizzando la capacità di diritto privato, la Pubblica Amministrazione si comporta su un piano di assoluta parità rispetto ai soggetti con i quali viene in contatto (ad es. stipulazione di contratti di compravendita, di fornitura di elettricità ecc.). Se viceversa fa valere una sua autorità cioè  si pone in una situazione di supremazia esercitando dei poteri particolari  ovvero imponendo determinati comportamenti unilateralmente (es. ordine del Questore di disperdere una manifestazione), allora si deve parlare di attività di diritto pubblico.

Questa doppia capacità è tuttavia presente solo negli enti pubblici territoriali: è, di regola, assente negli enti pubblici strumentali, i quali hanno solo la capacità di diritto privato: i loro beni sono oggetto del comune diritto di proprietà, i loro dipendenti sono ad essi legati dal comune contratto di lavoro, gli atti che pongono in essere con i terzi sono atti di autonomia contrattuale, in tutto sottoposti al codice civile.

 

 

Quali sono le principali categorie di enti pubblici?

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Quattro sono le principali categorie di enti pubblici:

   Enti territoriali

Sono la Regione, la Provincia e il Comune. Si dicono "territoriali" o "a fini generali" perché si occupano della generalità dei bisogni di una collettività insediata su un territorio.

   Enti strumentali

sono creati per perseguire fini propri dello Stato (o dell'ente territoriale) che questo potrebbe anche perseguire direttamente.

   Enti ausiliari

Tramite gli enti ausiliari vengono perseguiti fini che, pur non essendo propri dello Stato, vengono tuttavia considerati da questo con intenso interesse, in quanto la loro realizzazione viene a dar completamento all'azione statale, affiancandosi ad essa, o integrandola, o prestandole aiuto (si pensi alle università non statali, all'ENEL, agli enti pubblici economici).

   Enti esponenziali

Con gli enti esponenziali lo Stato riconosce il carattere di enti pubblici ad enti esponenziali di comunità territoriali o di altri gruppi spontanei abbraccianti intere categorie di individui, o a consociazioni volontarie o a centri in cui si esprimono, attraverso appropriate rappresentanze, specifici interessi settoriali. Sono enti esponenziali, oltre agli enti territoriali (Regioni, Province, comuni), gli ordini e collegi professionali, alcuni enti associativi preposti alla cura di interessi di categoria o di settore di natura economica, culturale, assistenziale, sportiva (es. Coni, Accademie di scienze ed arti, ecc.)

Stato, Regione, Provincia e Comune, oltre ad essere enti territoriali sono anche enti esponenziali.

  Enti pubblici economici

Alla categoria degli enti pubblici ausiliari appartengono gli enti pubblici economici, enti che svolgono attività imprenditoriale assoggettata alle norme del codice civile, che intrattengono con i propri dipendenti un rapporto di impiego privato, che vendono i propri prodotti sul mercato, che non ha poteri di imperio.

La personalità di diritto pubblico di questi enti è ridotta al minimo, ma non assente: ad esempio essi sono sottoposti alle direttive dello Stato, sono vincolati al raggiungimento di obiettivi sociali (es. industrializzazione di aree depresse), le loro tariffe sono stabilite talvolta da un comitato ministeriale ecc.

 

 

Altri tipi di classificazione di minore importanza

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   Enti pubblici parastatali

Tutti gli enti istituzionali creati dallo Stato per affiancarlo con la loro azione, ad esclusione degli enti pubblici economici, sono detti anche "parastatali"

Altri termini praticamente equivalenti sono: "enti settoriali" o "enti a fini specifici"

Gli enti che affiancano lo stato sono detti anche “substatali”. Gli enti istituzionali che affiancano la Regione sono detti "pararegionali" o "subregionali". Esistono anche gli enti a"paraprovinciali" o "subprovinciali" e gli enti "paracomunali" o "subcomunali"

   Enti locali

Secondo la definizione introdotta da Santi Romano, sono quegli enti la cui azione è circoscritta ad una parte soltanto del territorio statuale. La categoria comprenderebbe sia enti territoriali che enti istituzionali.

   Enti pubblici istituzionali ed enti pubblici territoriali.

Per "enti istituzionali" si intendono gli enti pubblici diversi da quelli territoriali. Gli enti istituzionali debbono sempre la loro creazione o il loro riconoscimento allo Stato, alle Regioni, alle Province o ai Comuni.

Tra un ente pubblico territoriale e l'ente istituzionale che lo affianca corre un rapporto che può comprendere uno o più dei seguenti poteri:

   Potere di creazione o riconoscimento. Un ente pubblico viene sempre creato o riconosciuto con legge, statale o regionale.

   potere di determinarne le norme di funzionamento

   potere di direttiva

   potere di controllo

   finanziamento, ordinario o eccezionale 

   nomina delle persone fisiche preposte agli organi di comando dell'ente

   potere di coordinamento

   affidamento di una funzione amministrativa dell'ente territoriale

 

 

I rapporti tra stato ed altri enti pubblici

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Il Governo ha ampi poteri di controllo su quasi tutti gli enti pubblici che pure formalmente non fanno parte dello Stato: in questo modo il dirigente generale dell'insieme dei poteri pubblici è il Governo; non il Parlamento, che viene bensì informato e può chiedere rendiconto al Governo, ma non può direttamente controllare né gli atti né le persone degli enti pubblici.

E’ il Governo che, nonostante molti di questi poteri siano stati trasferiti alle Regioni, dispone ancora di una somma notevole di potestà di controllo e di intervento su Comuni e Province; è il Governo che nomina i dirigenti delle moltissime banche di proprietà pubblica; è il Governo che nomina, revoca e orienta (se vuole e politicamente può) i dirigenti degli enti pubblici economici (IRI; ENI, EFIM, ENEL ecc.); e così via.

 

 

Gli organi o uffici

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Le persone giuridiche possiedono organi.

Gli "organi" rientrano nella più vasta categoria degli “uffici”. Un ufficio è una unità operativa che svolge dei compiti prefissati, mediante il compimento di atti giuridici.

In altre parole, quando esistono: a) dei compiti precisi da svolgere o degli interessi da curare stabilmente mediante atti giuridici che direttamente o indirettamente servono all'ente per manifestare la sua capacità di agire, b) delle regole per stabilire quali persone fisiche debbono essere scelte per svolgere quei compiti; c) una serie di poteri conferiti per lo svolgimento dei compiti o il raggiungimento degli interessi, la unità operativa prende il nome di "ufficio".

L'ufficio (o l’organo) è impersonale: non persegue gli interessi particolari delle persone fisiche che lo fanno agire e non si estingue o muta con il cessare o il succedersi delle persone fisiche nel tempo.

Così, l'Ufficiale giudiziario è l'organo che nel comune ha il compito di vigilare sulla salute dei residenti; l'Ufficiale dell'anagrafe è l'organo che ha il compito di mantenere aggiornate le liste dei residenti, di annotare nascite, morti, matrimoni e rilasciare i relativi certificati; il Parlamento è l'organo che fa le leggi; il Tribunale è l'organo che giudica certi tipi di cause civili o penali ecc.

Quando l'ufficio diviene strumento per entrare direttamente in rapporto con altri soggetti (persone fisiche o persone giuridiche) prende il nome di “organo”. All’organo viene attribuita una "competenza" che comprende determinati compiti e determinati poteri poteri, “ritagliati” tra i compiti e i poteri attribuiti all’ente cui appartiene (i compiti e i poteri dell’ente prendono invece il nome di “attribuzioni”).

Gli organi dello stato sono quindi quegli uffici ai quali è attribuito il potere di dichiarare la volontà dello stato nei confronti di altri soggetti (ad es. il Parlamento, il Governo, i Ministri, i Giudici).

Lo Stato ha anche uffici che non sono organi, attraverso cui non manifesta la sua volontà, ma che eseguono compiti interni all'organizzazione statale.

Solo gli organi, quindi, non gli uffici, possono determinare il sorgere di situazioni giuridiche (attive e passive) riguardanti lo Stato.

 

 

La competenza dell’organo

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All’organo viene attribuita una "competenza" che comprende determinati compiti e determinati poteri, “ritagliati” tra i compiti e i poteri attribuiti all’ente cui appartiene (i compiti e i poteri dell’ente prendono invece il nome di “attribuzioni”).

Per competenza di un determinato organo si intende quel complesso di attribuzioni e di funzioni che esso può esercitare per legge (art. 97 Cost.: “nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza”) al fine del perseguimento degli interessi della collettività

La competenza sta all’organo come la capacità di agire sta alla persona fisica: come questa può infatti agire legalmente solo se ha la capacità di agire così l’organo agisce legalmente solo se ha la competenza stabilita dalla legge.

La competenza amministrativa è retta dal principio di inderogabilità, vale a dire dal principio secondo il quale essa è determinata dal legislatore.

La competenza amministrativa si distingue in:

   Competenza per materia: l’attribuzione all’organo viene determinata a seconda dell’oggetto. Ad esempio, l’organizzazione e l’addestramento delle forze armate sono attribuite al Ministro della difesa.

   Competenza per territorio: viene definito il territorio entro il quale l’organo può agire (cosiddetta circoscrizione territoriale); ad esempio, gli organi centrali hanno competenza estesa su tutto il territorio, gli organi locali, come le prefetture, i provveditorati agli studi, limitata a una sola parte

   Competenza per grado: quando ad un determinato organo superiore si assegnano le funzioni di direzione e di vigilanza sugli inferiori nell’ambito di ciascuna amministrazione. Come, ad esempio, il Ministero dell’Interno ha competenza di grado superiore rispetto alla prefettura, il ministro della pubblica istruzione rispetto al Provveditore agli studi. Quando la competenza è ripartita per gradi tra organi superiori e inferiori si parla di gerarchia e l’organizzazione che ne risulta è di tipo gerarchico

Si parla di “conflitto di competenza” quando due o più organi affermano la propria competenza sulla medesima questione (conflitti positivi); quando due o più organi negano la propria competenza (conflitti negativi)); o quando due o più organi hanno già pronunciato la loro competenza (conflitti reali).

 

 

La differenza tra “organo” e rappresentante”

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Non bisogna confondere la figura dell'organo con quella del rappresentante. Un organo non "rappresenta" l'ente nel senso che noi intendiamo comunemente quando diciamo che una persona ne rappresenta un'altra: l'organo non ha personalità giuridica, non è, in altre parole, un soggetto a sé, ma è una parte dell'ente. Questa situazione si indica con il nome di "rapporto organico" o di "rappresentanza organica", e non di "rapporto di rappresentanza".

 

 

Sono considerati “organi” anche alcuni uffici che svolgono esclusivamente attività interna, in quanto collegati strettamente con gli organi che svolgono attività esterna

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In realtà gli studiosi considerano "organi" non solamente gli uffici in grado di mutare direttamente, con la loro azione, le situazioni giuridiche di soggetti diversi da quello cui appartengono, ma anche gli uffici che svolgono una attività indiretta particolarmente rilevante per l'azione dei primi mediante atti giuridici: si parla così di “organi” consultivi e di controllo, sebbene la loro attività sia puramente interna e preparatoria

 

 

I vari tipi di organi

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Gli organi dello Stato possono essere distinti in base a diversi criteri. Dal punto di vista della loro composizione esistono:

  Organi monocratici o individuali, che sono formati da una sola persona fisica, che può agire da sola in mome dello stato: così il Presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, Il Prefetto, il Giudice di pace

  Organi collegiali, che sono formati da più persone fisiche che devono esprimere congiuntamente la volontà dell’organo: così la Camera dei deputati, il consiglio dei ministri, la Corte costituzionale, la Corte d’appello

  Organi semplici, cioè non composti da altri organi

  Organi complessi, che sono a loro volta formati da più organi: così il Governo, che è formato dal Presidente del Consiglio, dai ministri e dal Consiglio dei Ministri.

Dal punto di vista delle funzioni che sono chiamati a svolgere possiamo distinguere tra

  Organi legislativi

  Organi giudiziari

  Organi amministrativi o esecutivi

Dal punto di vista territoriale si distinguono:

  Organi centrali (la cui competenza si estende su tutto il territorio dello Stato)

  Organi periferici (a competenza territorialmente delimitata)

Dal punto di visto delle attività svolte distinguiamo:

  Organi consultivi (che prestano assistenza tecnica dando pareri ad altri organi)

  Organi attivi (che manifestano o danno esecuzione alla volontà dell'ente)

  Organi di controllo

Dal punto di vista del modo in cui sono scelte le persone fisiche che ricoprono gli incarichi pubblici nei diversi organi si distingue tra:

   Organi politici, che hanno il compito di prendere le decisioni che riguardano l’intera collettività; negli stati democratici essi derivano da un’investitura popolare: i loro membri sono eletti, direttamente o indirettamente, dai cittadini e hanno un mandato temporaneo (così: il parlamento il governo, il presidente della Repubblica)

   Organi burocratici che hanno il compito di mettere in pratica le decisioni prese dai primi; sono costituiti da funzionari e impiegati, reclutati per concorso e addetti stabilmente ai compiti più diversi (così: la polizia, l’esercito, gli uffici finanziari, le scuole, i prefetti, i ministeri).

Non tutti gli organi hanno la stessa importanza. Alcuni hanno il compito di definire l’indirizzo politico generale dello Stato e sono p osti, per così dire,  ai vertici di esso: le loro funzioni sono stabilite in modo particolareggiato dalla Costituzione. Sono perciò chiamati organi costituzionali. In Italia gli organi costituzionali sono il Parlamento, il Governo, il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale. Si può notare che esiste una corrispondenza tra gli organi politici e gli organi costituzionali: infatti negli stati democratici i massimi organi dello stato devono possedere un’investitura, diretta o indiretta, da parte del popolo sovrano.

 

 

I gruppi di organi dello Stato. I “poteri”

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Quando numerosi organi svolgono attività simili e sono collegati fra loro da precisi rapporti (organi superiori che comandano ad organi inferiori, organi che consigliano altri organi, organi che prendono le decisioni e organi che le eseguono ecc.) si parla di "poteri". 

Lo Stato-apparato è composto di tre "poteri": il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario.

 

 

Unità operative e organizzazioni che svolgono esclusivamente attività materiali

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Non sono "uffici", malgrado il nome, unità operative come i cosiddetti "uffici-copia", gli "uffici meccanografici", gli "uffici di contabilità", gli "uffici studi", gli "uffici o centri smistamento corrispondenza" ecc. che non compiono atti giuridici (dichiarazioni di volontà,di scienza, di giudizio ecc.) ma atti puramente materiali, di riproduzione meccanica, di calcolo, di studio ecc. che non hanno alcuna attinenza con i rapporti tra ente e terzi. Per la stessa ragione non è un ufficio una cattedra universitaria di matematica e simili.

I complessi organizzati composti solo di unità operative di questo tipo (es. Scuole, Aziende Sanitarie locali; Istituti di assistenza ecc prendono il nome di stabilimenti o aziende o istituti.

 

 

Il rapporto tra gli agenti e l'organo

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Le persone fisiche che compongono gli organi amministrativi e giudiziari esterni o impersonano gli organi interni nei rapporti interorganici si dicono "funzionari". Si dice che il funzionario è il "titolare" dell'organo. Esiste poi il "preposto" all'organo, che comprende il titolare, ma anche colui che temporaneamente ne fa le veci ("supplente", “vicario” ecc).

Le persone che sono titolari o preposti ad un ufficio che non costituisce un organo si dicono "addetti". "Funzionari", "addetti" e “meri agenti” (persone che all’interno di un ufficio compiono attività puramente materiali, es. dattilografiche, di trasporto documenti ecc.) costituiscono la categoria degli “agenti”.

Il rapporto che lega il titolare o il preposto all'organo si chiama "rapporto si servizio".

Un rapporto di servizio può essere di fatto o di diritto. Il rapporto di servizio di diritto può essere volontario o coattivo. Il rapporto di servizio volontario può essere onorario o professionale (svolto in base ad un contratto di lavoro dipendente). Il rapporto di servizio professionale può essere di diritto pubblico (rapporto di impiego pubblico) o di diritto privato (rapporto di impiego privato).

 

 

Il rapporto tra gli atti del funzionario e la persona giuridica

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Gli atti dei funzionari vengono considerati non come atti personali ma come atti dello Stato: vengono cioè  imputati allo Stato, come se li avesse compiuti lui. Che cosa significa che allo Stato vengono attribuite le attività compiute dai suoi funzionari, negli uffici e negli organi di cui fanno parte? Significa che lo Stato assume le posizioni soggettive (attive e passive) che derivano da quelle attività.  Naturalmente, questa imputazione si verifica solo a condizione che il funzionario abbia agito nella sua veste pubblica, come agente dello Stato, non nella sua veste privata, come semplice cittadino. In questo modo, si vede che i funzionari dello Stato hanno una doppia capacità di agire: come singoli privati essi non si distinguono dai semplici cittadini, potendo compiere solo negozi di diritto privato; ma come funzionari pubblici hanno una speciale capacità di diritto pubblico, delle cui conseguenze però si giova lo Stato, per il quale essi operano. In quanto funzionario la persona fisica dovrà spersonalizzarsi ed agire nel solo interesse pubblico.

 

 

I “rapporti interorganici”

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Tra gli uffici e gli organi esistono vari rapporti detti "rapporti interorganici". Tali rapporti possono essere:

·    di immedesimazione (un ufficio è anche un organo: si "immedesima" in un organo);

·    di strutturazione (più uffici entrano a comporre un organo),

·    di composizione (più organi entrano a comporre un organo complesso);

·    di separazione (tra organi di enti diversi o anche della persona giuridica che nessuna norma ponga in relazione);

·    di coordinamento. I rapporti di coordinamento possono essere:

·    rapporti di formazione (un organo crea un altro organo);

·    rapporti di gerarchia;

·    rapporti di sostituzione (un organo si sostituisce ad un altro o sostituisce un altro);

·    rapporti di condizionamento (l'azione di un organo condiziona in qualche modo l'azione dell'altro, mediante iniziative, direttive, assensi,pareri ecc.);

·    rapporti di controllo (di "vigilanza" per la legittimità, di "tutela" per il merito, di "sorveglianza" genericamente ecc.).

Il rapporto gerarchico è particolarmente importante per la Pubblica Amministrazione. L'organo gerarchicamente superiore ha una serie di poteri nei confronti dell'organo inferiore:

·    il potere di dirigere l'attività dell'organo inferiore mediante la emanazione di ordini nella forma dell'"istruzione" o della "circolare";

·    il potere di vigilanza, che comporta un controllo sull'attività dell'organo inferiore, diretto ad accertare l'adempimento in genere di tutti gli obblighi ad esso imposti dalle norme generali, e in particolare l'osservanza delle disposizioni di servizio impartite dall'organo superiore;

·    il potere di sostituzione, cioè  di agire in luogo dell'organo inferiore quando questi ometta di farlo;

·    il potere di avocazione, cioè  di assumere per sé  un compito spettante all'organo inferiore,indipendentemente da una sua inadempienza;

·    il potere di delegare una propria competenza all'organo inferiore;

·    il potere di "annullamento di ufficio" nei confronti di atti dell'organo inferiore che abbiano violato la legge;

·    il potere di riforma, esercitabile su atti che, pur essendo conformi alla legge,sono inopportuni;

·    il potere di risoluzione dei conflitti di competenza che sorgono fra organi inferiori;

·    il potere di decisione sui ricorsi dei cittadini contro atti dell'organo inferiore.

Un organo può essere dotato di varie forme di autonomia:

·    contabile (provvede da sé alla propria contabilità),

·    finanziaria (ha proprie entrate che riscuote direttamente o riceve fondi dall'ente per i propri compiti),

·    di gestione (gestisce direttamente i propri beni e contratta in proprio),

·    di bilancio (redige bilanci e rendiconti separati per la propria gestione),

·    decisionale (è in grado di provvedere in modo assolutamente indipendente dalla volontà degli organi di governo dell'ente).

Normalmente i rapporti interorganici non hanno rilevanza nell'ordinamento esterno, nel senso che un soggetto diverso dalla persona giuridica non ne vedrà modificate o aumentate le proprie situazioni giuridiche soggettive e in particolare non potrà far valere a suo favore le norme dell'ordinamento interno (ad es. un privato non potrà chiedere l'annullamento di un atto di accertamento fiscale che va contro una circolare interna del Ministero delle Finanze). Vi sono tuttavia casi di conflitto tra organi (es. tra organi costituzionali: Parlamento, Governo, Magistratura; tra organi del potere giudiziario: Tribunali, Pretori ecc.), casi di violazione delle procedure (di controllo, consultive ecc.) che coinvolgono più organi nella emanazione di un atto esterno (provvedimento), casi di annullabilità dell'atto di un organo dietro ricorso all'organo superiore, casi di incompetenza di un organo, casi di sanzioni disciplinari contro il titolare di un organo e tali casi hanno effetto rispetto a soggetti dell'ordinamento esterno, creando a loro carico diritti, doveri, interessi legittimi o modificando atti o attività che li riguardano (annullamento di un atto di espropriazione, dichiarazione di incompetenza di un tribunale a favore di un altro ecc.).

 

 

Un organo non ha personalità giuridica

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Un organo, nell'ordinamento esterno che regola i rapporti della persona cui appartiene con soggetti diversi da sé, non ha personalità giuridica, perché non forma un ente distinto dalla persona di cui è parte (esistono tuttavia casi eccezionali di personalità giuridica dell'organo: C.N.R., ISTAT ed altri organi personificati).