L'UOMO CHE VOLEVA DIVENTARE IL PIU' GRANDE ARCIERE DEL
REGNO |
Yabu era un giovane deciso, che si era
prefisso come scopo quello di diventare il più grande arciere mai esistito, e
non si sarebbe accontentato di niente di meno.
A tal fine si sottoponeva ad esercizi
estenuanti. Per ore cercava di tendere un arco di ferro. Andava in giro con
grandi pesi attaccati alle braccia perché queste si rafforzassero e fossero più
ferme nel tiro. Presa moglie, si mise per due ore ogni giorno sotto il telaio a
cui questa lavorava sforzandosi di distinguere le singole fibre, e di tenere
gli occhi spalancati finché le lacrime gli impedivano di continuare.
La moglie divorziò da lui perché
riteneva sconveniente essere vista da una angolazione così unusuale, così Yabu,
trovatosi di nuovo solo e libero, partì per le montagne del Settentrione in
cerca di un maestro in grado di insegnargli ancora qualcosa.
Un mese dopo stava arrancando su un
sentiero di montagna quando vide, su una sporgenza rocciosa, un uomo anziano
che meditava seduto accanto ad un bellissimo arco di legno e corno.
Yabu non seppe resistere alla tentazione
di sfidarlo. Si mise bene in vista sotto la sporgenza rocciosa, incoccò la
freccia al suo arco e fulminò un’aquila nel mezzo della sua picchiata.
Il vecchio si limitò a guardarlo con un
benevolo interesse.
Yabu
allora, visto uno stormo di anatre, scoccò in successione tre frecce che
colpirono altrettanti volatili.
Il vecchio annuì educatamente.
Sempre più irritato, Yabu incoccò
quattro frecce di metallo insieme e con un unico colpo trapassò otto uccelli da
distanza considerevole.
Questo sembrò impressionare il vecchio,
che guardò pensieroso lo stormo superstite che stava rapidamente allontanandosi
ed era ormai una macchiolina lontana. E pronunciò una singola parola. Yabu
provò un lungo brivido lungo la spina dorsale. La macchiolina sembrò
arrestarsi; tremolò per un breve istante, poi cominciò a sfaldarsi in una serie
di corpi in caduta scomposta. Pochi secondi dopo lo stormo era scomparso dal
cielo, sterminato.
Yabu rimase col vecchio maestro. Di lui,
per anni, giunsero notizie frammentarie. Si seppe che era stato premiato
dall’Imperatore in persona per aver vinto in un torneo tutti i migliori
tiratori del mondo.
Quando Yabu tornò al suo paese sembrava
un uomo ben diverso dal giovane arrogante e risoluto che ne era partito. Per
dirla tutta, aveva l’aria vacua di un sempliciotto. Non portava con sé alcun
arco, ma i cittadini lo circondarono del rispetto e della considerazione che
meritava e gli misero a disposizione una modesta casa ai margini della piazza.
Lì egli visse per diversi anni, fabbricando canestri. Gli abitanti del paese lo
potevano vedere, dall’alba al tramonto, seduto sempre nello stesso posto a
intrecciare giunchi. Alla fine non fecero più caso a lui.
Un giorno un cliente dimenticò nel
cortile uno strano strumento. Yabu si sforzò di ricordare: gli pareva di averlo
visto in passato da qualche parte, ma la memoria aveva deciso di non aiutarlo e
così, quando arrivò un altro cliente, gli chiese a cosa servisse quell’oggetto.
L’uomo, sbalordito esclamò: “Venerabile
Yabu! Ma si tratta di un arco!”.
Si narra che quella sera, diffusasi la
notizia, tutti gli arcieri del paese, per vergogna, ruppero i loro archi e ne nascosero
i pezzi.