IL DUBBIO


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       Cinzia non era ancora rientrata e noi avevamo quasi finito di cenare. L'inizio della notte non mi permetteva di aspettare oltre perché dovevo tornare in servizio. La televisione rimandava voci senza senso. Alzandomi da tavola, brontolai: "Si può sapere dove diavolo è finita?"

       Con disgusto osservai mio figlio con le cuffie nelle orecchie guardare  il vuoto del televisore. Lo scossi per un braccio

       "Che c'è?" disse infastidito.

       "Togliti quelle cuffie almeno quando mangi, cazzo! Dov'è tua sorella?"

       "Che ne so, papà, si sarà fermata con qualche amica. E' uscita un attimo prima che tu rientrassi. Guarda, per la fretta ha lasciato tutte le sue cose sul divano".

       Non risposi. Passando davanti al divano lanciai uno sguardo a quelle cose buttate alla rinfusa. Raccolsi una bandana azzurra. La annusai, sapeva di cioccolato e la rimisi al suo posto. Lei amava il cioccolato e tutte le sue cose avevano quel profumo. Scossi la testa e sbuffai. Proseguii verso la mia camera da letto. Mi abbottonai il colletto, sistemai quel cappio al collo che chiamano cravatta e m'infilai la giacca. Aprii il cassetto del comò e cercai a tentoni la mia pistola. Alla fine fui costretto ad aprirlo del tutto e a guardarci dentro, perché non riuscivo a trovarla. Scompigliai tutte le camicie che la donna di servizio aveva piegato con cura, ma del mio "pezzo" nessuna traccia.

       "Qualcuno ha preso la pistola?" gridai.

       "Chi vuoi che la tocchi la tua pistola, papà, con tutte le volte che ci hai detto che chi la tocca muore!"

       Era vero. Fin da piccoli li avevo terrorizzati.

       "Non è che l'hai lasciata in ufficio?"

       "No", risposi irritato. "Cosa credi che sia, rincoglionito?"

       "No, pa', ma quel che  certo è che io non l'ho toccata e penso nemmeno Cinzia. E siamo le uniche due persone che vivono nella casa con te!"

 

 

 

 

       La porta si aprì ed entrò qualcuno. Io ero in bagno e sentii mio figli dire: "Era ora che tornassi, papà è già incazzato! Ti preparo la cena, muoviti. Perché cammini così? Ti sei fatta male?"

       "Macché male, mi si è rotto un tacco per strada".

       "Delle scarpe nuove?"

       Mentre uscivo dal bagno, Cinzia mi passò velocemente a fianco entrando in camera mia e chiudendosi la porta alle spalle. Nemmeno saluta, pensai aprendo la porta della camera e trovandola davanti allo specchio. Lei si voltò di scatto impaurita ed esclamò: "Che paura! Pensavo fossi già uscito! Non ti avevo visto! Dov'eri?"

       "Ma come, mi sei passata a fianco un secondo fa. Ero in bagno. E tu dov'eri?"

       Nessuna risposta.

       "Che c'è?"

       Si scosse bruscamente.

       "Niente, papà".

       Dalla cucina mio figlio gridò: "Muoviti, è pronto".

       Lei filò via come se non vedesse l'ora di scappare da me. Sarà la fame, pensai.

       Il cassetto del comò era ancora aperto, così diedi un ultimo sguardo per scrupolo alla ricerca della mia pistola. Ed eccola lì, attorcigliata, incastrata in mezzo a due camicie. Certe volte sembra proprio che uno spirito invisibile si diverta a giocare a nascondino con noi. Uscii  mentre infilavo la pistola nella fondina.

       "Vedo che l'hai trovata alla fine papà, vuol dire che  un po' rincoglionito lo sei!"

       "Finiscila, se no ti sparo".

       "Che dici, papà" disse Cinzia alzandosi e andando nella sua stanza.

       "Ma che le prende?"

       "Donne, chi le capisce, pa'!"

 

 

 

 

Verso le dieci di quella sera fui chiamato per un caso di omicidio. Un tizio era stato freddato a colpi d'arma da fuoco. Zamparri venne a prendermi con la sua guida sportiva che per poco non mi uccideva per portarmi sul luogo del delitto. Una casetta da quattro soldi, di quelle con i muri talmente sottili che si sente persino quando uno molla uno stronzo nel water.

       Mi venne incontro un agente con la faccia da ebete, probabilmente uno di quelli che avevano rinvenuto il cadavere.  

       "Chi è?" domandai.

       "Chi?" rispose l'ebete.

       "Mia nonna! Il morto, agente, e chi se no, cazzo?!"

       "Mi scusi, si chiama Giulio" mi rispose iniziando a cagarmi addosso vita, morte e miracoli del cadavere.

       "E tu come le sai queste cose?"

       "Era una vecchia nostra conoscenza".

       Alla fine io e Zamparri entrammo e l'uomo era lì sdraiato in giù con un braccio intorno alla testa, come se avesse cercato di proteggersi come un ninja dallo sparo. Il soggiorno dove l'avevano ammazzato era perfettamente in ordine. IN cucina un casino della madonna. Tavolo e sedie rovesciati, a terra piatti e bicchieri in frantumi. Classici segni di una lite fra un uomo e una donna.

       Ciò fu confermato da due bicchieri appoggiati in soggiorno, nascosti dietro a una mensola. Uno con una sbavatura di rossetto. Controllai le altre stanze. Nulla di strano. Mi diressi nuovamente in cucina mentre Zamparri rovistava in soggiorno. Mentre camminavo, tra alcuni piatti a terra scoprii il tacco di una scarpa. Guardandolo mi ricordai che anche la mia Cinzia aveva perso un tacco quella sera. Proprio allora dalla porta si sentì una donna gridare, così per il momento misi il tacco in tasca e andai a vedere cosa stesse succedendo.

       "Cos'è successo?" chiese una voce tremante e piagnucolosa.

       "La signora è la moglie" mi disse sottovoce l'agente ebete di prima.

       Odiavo l'ipocrisia di fingermi dispiaciuto per la prematura scomparsa di turno. Le dissi tutto, cerai anche di farle qualche domanda, ma la donna era veramente sconvolta, oppure interpretava molto bene la sua parte. Alla fine mi ruppi le palle, rientrai in casa e l'occhio mi cadde sotto il divano, dove una macchia rosa attrasse il mio sguardo. Pensavo fosse soltanto un pezzetto di vetro. Allungai la mano e lo raccolsi. Se mi avesse visto la Scientifica mi avrebbero rottole palle per anni. Ma in quella stanza ero da solo e non me ne poteva fregare di meno di quegli stronzi. Non era un vetro, era un iPod nano, rosa, così sottile da essere quasi trasparente. Aveva n odore tenue, come fosse stato avvolto in una tavoletta di cioccolato. Avevo la vaga sensazione di aver già sentito quell'odore. La mia memoria se ne ricordava, ma il resto della mia mente era già concentrata sul caso. Me lo stavo infilando in tasca quando le mie nocche urtarono il tacco che era già lì, e di colpo mi si strinse la gola. Un brivido corse sulla mia schiena mentre Zamparri mi chiamava.

       "Allora, ispettore, viene o no?"

       Ripresi vita. Misi l'iPod vicino al tacco e mi diressi barcollando verso l'uscita. Stavo per uscire nella notte quando mi ricordai del bicchiere con la sbavatura di rossetto. Allora tornai subito in soggiorno come guidato da una forza sovraumana, presi quel bicchiere e me lo infilai nell'altra tasca della giacca.

       Infine ripresi l'uscita e vidi confusamente i fotografi scattare tutte le foto possibili, le troupe televisive filmare ogni centimetro del luogo del delitto. la Scientifica arrivare, il medico legale affermare che l'omicidio era stato commesso alle sei di quella sera e altre stronzate del genere. Alla fine il corpo fu portato via e io chiesi, quasi in trance, di fornirmi un rapporto sul proiettile il più presto possibile. Zamparri mi stava aspettando decantando le mie lodi di investigatore. Tutti mi ammiravano nel dipartimento. Non ero un commissario, ero il commissario! Mi venne incontro.

       Quando i vide, da buon investigatore, capì che qualcosa non andava.

       "Che succede, capo? Ha un'aria strana".

       "Nulla, un leggero capogiro".

 

 

 

 

       Con l'aiuto di Zamparri riuscii a eludere i cronisti che volevano a tutti i costi una dichiarazione. La notte aveva preso il sopravvento. I fari della macchina squarciarono il nero fino alla centrale. Mi sedetti alla scrivania e chiamai alterato la Scientifica. "Avete estratto la pallottola o no? Quanto ci vuole, cazzo!"

       "La stiamo esaminando proprio adesso. Trentotto di circonferenza…"

       Lo stesso calibro della mia. Presi dalla fondina la pistola che non sparava da mesi. La aprii e l'odore della polvere da sparo colpì le mie narici come una zaffata di zolfo dall'inferno. Mancava una pallottola, eppure io tenevo sempre la pistola carica. Mi alzai e andai alla macchinetta del caffè. Ne bevvi uno tutto d'un fiato bruciandomi la lingua. Ne avevo bisogno. Guardai fuori dalla finestra. Il nero della notte aveva inglobato il mondo. La voce di Zamparri alle mie spalle mi fece sobbalzare.

       "Ispettore, quest'uomo della nettezza urbana ha qualcosa da dirci. Stava prestando servizio verso le sei proprio nella zona dell'omicidio".

       Mi prese un tuffo al cuore mentre gli chiedevo se avesse visto qualcosa.

       "Una ragazza che arrancava sul marciapiede".

       Una ragazza. Tutto è perso. Meccanicamente misi la mano sulla fondina. Speravo solo che non l'avesse vista bene.

       "Non l'ho vista uscire da una casa, ma proveniva da quella direzione. Era storpia, cioè con una gamba più corta, non so… una zoppa!"

       Il tacco. L'uomo pensava che fosse una storpia. Una fortuna.

       Ma c'era una domanda che avrebbe potuto farmi precipitare nell'abisso più scuro di quella notte da incubo. Aspettai finché potei trattenerla, poi mi uscì tra i denti: "La riconosceresti se la vedessi?"

       Attesi temendo la risposta per alcuni secondi con la mano sulla pistola.

       "Non l'ho vista in faccia, era buio e io stavo facendo il mio lavoro".

       Un sospiro di sollievo mi uscì dalla bocca. La mano abbandonò la fondina.

       "Era la sua andatura zoppa che ha attirato la mia attenzione. Una ragazza così giovane…"

       "Allora l'ha vista bene?" chiesi con un coltello nel cuore.

       "Non l'ho vista in viso, ma il corpo era giovane, se capisce cosa intendo dire…"

       "Capisco, capisco…" risposi con la voglia di prenderlo a pugni. "E com'era vestita?"

       "Come i ragazzi d'oggi, tutti uguali, cloni: berretto da rapper…"

       Era lì, a casa, buttato sopra il suo letto senza riguardo.

       "Giubbino imbottito, finta pelle, mica come quelli che usavamo alla nostra età!"

       Lo sentivo frusciare quando lei si allontanava.

       E' finita, dissi tra me. Poi la sua voce mi diede un appiglio per salvarmi.

       "E mentre aveva appena passato il mio camion è arrivata una macchina con un tizio a bordo che ha rallentato di colpo e si è messo, come dire, a seguire la ragazza a distanza. Sembrava uno che stesse cercando di rimorchiarla. Strano rimorchiare una zoppa! Lei invece proseguiva dritta, si voltava ogni tanto, forse per questo aveva fretta… magari scappava".

       Ecco l'appiglio.

       "Credo che questo la escluda dalla lista dei sospetti. Una ragazza, per giunta zoppa, inseguita da un molestatore non è l'assassino che stiamo cercando, temo. E' l'unica persona che ha visto in giro?"

       "Sì, l'unica".

       L'uomo se ne andò. Zamparri mi si avvicinò. "Poca cosa, ispettore. Cercheremo questa zoppa, solo la malformazione fisica può aiutarci nella ricerca".

       "Già" dissi con un senso di sollievo. "Che ore sono"

       "Le cinque".

       "Adesso me ne vado, Zamparri, stanotte mi sento uno straccio".

       "Effettivamente non ha una bella cera".

       "Non sono più giovane come voi. Mio figlio oggi mi ha dato del rincoglionito, e forse ha ragione. Fammi un controllo sui vicini, vedi poi se la moglie del morto è stata effettivamente al lavoro tutto il giorno e concentrati sulla ricerca della ragazza zoppa, è la nostra priorità!"

       Mentre uscivo dicendo queste parole mi sentii un bugiardo e un traditore.

       La strada buia della notte era rischiarata da un lampione davanti alla centrale. Presi la macchina e guidai senza guardare, meccanicamente, mentre continuavo a pensare: devo proteggerla, devo coprirla. Se verrà accusata di omicidio per lei e per tutti noi sarà la fine. Non posso permettere che venga trascinata nella merda. Piuttosto la uccido con le mie mani… devo coprirla… anche se questo significa passare dall'altra parte della barricata dopo vent'anni di onorato servizio. Prima di arrivare a casa mi fermai a gettare il tacco e l'iPod in un bidone della spazzatura e il bicchiere col rossetto in un raccoglitore per il vetro. Quando cadde si udì un frastuono che squarciò la notte.

       La casa era immersa nel sonno. Nel buio andai fino alla stanza di Cinzia. Aprii lentamente la porta e un debole riverbero illuminò il suo viso. Ebbi l'impressione che avesse gli occhi aperti e fissasse il soffitto. Ma quando mi avvicinai dormiva. Restai lì per alcuni secondi, poi le diedi un bacio sulla fronte e andai a far passare la notte.

       Ci ritrovammo per la colazione. I miei figli mi guardarono con sospetto poiché quando avevo il turno di notte mi alzavo sempre più tardi di loro. Mio figlio aveva quelle dannate cuffie nelle orecchie.

       "Possibile che anche appena alzato hai quelle cose nelle orecchie?"

       "Dai, pa'''… ma tu non ti riposi mai?"

       "Guarda tua sorella, mica si comporta come te!"

       "So che stravedi per lei, pa'… ma la mia sorellina è peggio di me, solo che la stupida ha perso l'iPod!"

       "Hai perso l'iPod?" le chiesi con terrore.

       "Sì".

       "E dove?".

       "Non lo so".

       "E ieri ha rotto anche le scarpe nuove".

       "La smetti, spia!"

       "Quelle col tacco?" chiesi.

       "Sì".

       "Bene, dammele, ché le porto dal calzolaio. E dammi anche il tacco, ché forse si riesce a riparare".

       "Non ce l'ho, era spezzato, l'ho buttato…"

       "Per quello ieri sera sei arrivata a casa in ritardo?"

       "Già".

       "Dov'eri?"

       "Ero con le mie amiche…"

       All'improvviso Cinzia si mise le mani sulle orecchie e gridò isterica.

       "Basta, smettila di farmi l'interrogatorio, non siamo in questura!"

       "Si alzò e scappò nella sua stanza.

       "Ma cos'ha?"

       "Pa', cazzo, sei pesante… siamo sempre sotto interrogatorio! E dove sei stato, e con chi eri, e che palle!"

       Cinque minuti dopo Cinzia uscì dalla sua stanza con un giubbotto di finta pelle e un berretto da rapper in testa.

       "Non puoi vestirti diversamente?"

       "No, tutte si vestono così. Cos'è, adesso hai da sindacare anche sulla moda?"

       "Ma cos'hai che sei così nervosa, si può sapere? Posso aiutarti in qualche modo?"

       Lei mi guardò con aria sconvolta, si girò e uscì di casa. Mi affacciai alla finestra e rimasi a guardarla mentre si allontanava. Subito arrivò un'auto con un uomo a bordo che procedeva lentamente. Sembrava seguisse mia figlia. Annotai subito il numero di targa. Poi chiamai le amiche di Cinzia. Nessuna l'aveva vista la sera precedente.

 

 

 

 

       Un'altra notte stava per cominciare quando arrivai in centrale. Ad aspettarmi Zamparri con la moglie di Giulio, il ninja cadavere. L'interrogatorio fu breve e indolore. Avevo paura di scoprire qualcosa di compromettente. Alla fine saltò fuori che il nostro cadavere era un puttaniere che incontrava la sua bella in un bar di periferia. A Zamparri affidai il compito di scoprire chi fosse la sua amante. Lui era il mio miglior agente. Il vicinato aveva confermato la brutta reputazione del morto. Una vicina aveva detto che alcune settimane prima una donna bionda, alta e appariscente le aveva chiesto dove abitava Giulio. Era accompagnata da un uomo che l'aspettava in macchina. Quella fu una bella notizia. Una donna lo aveva ucciso e questa bionda poteva distogliere l'attenzione dalla zoppa.

       "Lascia perdere la zoppa e concentrati su questa bionda" dissi compiaciuto e con l'autorità a Zamparri.

       Questa bionda poteva farmi guadagnare tempo prezioso.

       Ero un po' sollevato quando una chiamata della Scientifica mi rigettò nel buio della notte. Avevano trovato una serie di impronte che non appartenevano né a Giulio né alla moglie.

       Appena rimasi solo telefonai alla Motorizzazione e seppi il nome del proprietario dell'auto che seguiva mia figlia. Un cinquantenne disoccupato.

       In meno di tre ore Zamparri fu di ritorno con la bionda. Bellissima, ricercata, vestita in modo elegante. Una escort di prima classe, non certo una che vestisse da rapper. La delusione si dipinse sul mio volto. E fu massima quando scoprii che aveva un alibi di ferro, e, soprattutto, che le sue impronte non combaciavano  con quelle trovate sul luogo del delitto. Un buco nell'acqua. Cercai il modo di incastrarla, di trattenerla con qualche stratagemma, ma era impossibile. Pensai di inquinare ancora di più le prove, ma sarebbe stato inutile. La bionda uscì così com'era entrata. Un'altra notte stava passando inesorabile e non ero riuscito ancora a trovare una via di fuga per mia figlia. Lasciai l'ufficio e ritornai a casa prima delle sette, l'ora in cui si svegliavano i miei figli. Volevo scoprire qualcosa. Entrai senza far rumore. Sentii la voce di Cinzia al telefono. Sembrava spaventata.

       "Perché mi vuoi vedere?" sentii.

       Un ricatto! Qualcuno sapeva e la teneva in pugno.

       "Okay, davanti al parco… verrò".

       Entrai mentre cercava di nascondere il cellulare.

       "Chi era?"

       "Un amico".

       Capì che non ci sarei cascato. Mi guardò con aria colpevole, ma non disse una parola. Era terrorizzata da qualcosa più grande di me. Sapevo che sarebbe stato inutile continuare, non mi avrebbe detto nulla se non delle assurde bugie. E forse era meglio così, parlarne insieme avrebbe reso certi i dubbi. Restare nell'incertezza mi dava ancora una tenue speranza. Mangiammo in assoluto silenzio. Un solo pensiero nella mia testa: il parco. Devo trovare quel ricattatore e chiudergli la bocca. Eliminarlo per sempre. Mi alzai e andai verso la mia camera. Presi la pistola dal cassetto. Quella pistola. Uscii borbottando. Cinzia mi corse dietro, mi prese per un braccio.

       "Hai preso la pistola, so cosa vuoi fare, te lo leggo negli occhi!"

       Cercai di divincolarmi, ma lei mi stringeva i polsi con forza. Alla fine mi liberai e me ne andai lasciandola piangere nella notte. Tutti proteggono i loro figli, anche i poliziotti. Arrivai al parco sotto il buio di una notte senza stelle. Tre soli puntini rossi rischiaravano il parco. Due erano i fari posteriori di una macchina ferma e l'altro era la fiamma di una sigaretta. Parcheggiai poco lontano e restai immobile per abituare la vista a quelle tenebre. Dopo pochi istanti intravidi la targa della macchina. Era quella che seguiva Cinzia. Scesi lentamente dall'auto e silenziosamente e lentamente piombai non visto alle spalle dell'uomo.

       "Fermo!" dissi. Lui si prese un tale spavento che la sigaretta gli cadde di mano. "So chi sei, voglio solo sapere se l'hai vista… con questa!" e gli misi la pistola sotto il naso. Era terrorizzato.

       "Ho visto… ho visto… esplodere il colpo".

       Mi bastava. Sparai, ma una spinta mi fece mancare il bersaglio. Poi delle mani mi presero e mi gettarono a terra. Sentii la voce di Zamparri nell'orecchio.

       "Ispettore, cosa fa? E' omicidio! Cosa le prende?"

       Cercai di divincolarmi in tutti i modi.

       "Lasciami, Zamparri… te lo ordino… sono il tuo superiore, non farmi questo! La mia bambina…"

       Cercai di rialzarmi, ma lui mi bloccava a terra, stringendomi forte.

       "Stia calmo, ispettore, sono Zamparri… Cosa le succede, ha quasi ucciso un uomo! Lei che è il più ammirato, il più onesto…"

       "La mia bambina…" singhiozzai.

       "Ispettore, è solo un ragazzo, uno studente. La macchina è di suo padre… se non fosse notte si sarebbe subito accorto della sua età!"

       "Ma tu non sai, Zamparri… la mia bambina è…"

       "Capisco, ispettore, non ho figli, ma credo di intuire la gelosia di un padre. Ma cazzo, ispettore, quei due hanno una cotta, sua figlia è andata in giro con lui di nascosto, ha voluto fare la bravata di fargli vedere la pistola prendendola di nascosto, poi è partito quel colpo e per fortuna nessuno dei due si è fatto male, so che è stato un incosciente, ma non per questo merita di morire!"

       "E tu come sai queste cose?"

       "Me lo ha detto sua figlia. Dopo quel colpo partito hanno litigato e lui è due giorni che la segue in macchina supplicandola di fare la pace!"

       "Se è così…"

       Stavo per urlare "Evviva, non è stata lei", ma poi era vero o era un'illusione? E se si fosse inventata tutto? e le prove.

       Zamparri mi strappò nuovamente dai miei pensieri.

       "Ispettore, lasci perdere i ragazzini, ci aspetta una nottataccia, dobbiamo trovare i responsabili di un omicidio, non c'è tempo da perdere… c'è una bionda che forse non ricorda di aver perso un tacco!"

       Guardai Zamparri negli occhi. Mia figlia era salva.