Gli effetti microeconomici delle imposte con cenni agli
effetti macroeconomici |
❍ Nozione di effetti economici
delle imposte
❍ Gli effetti
macroeconomici delle imposte
❍ Gli effetti
microeconomici delle imposte
❍ Nozione e tipi di traslazione
❍ I fattori che
influiscono sulla traslazione
❍ La traslazione
nei regimi di mercato intermedi (oligopolio)
❍ La elasticità
della domanda e la traslazione
❍ La elasticità della
offerta e la traslazione
❍ Nozione di effetti economici
delle imposte
Definiamo effetti (o principi)
economici delle imposte tutte quelle ripercussioni e modificazioni che
l’introduzione di una nuova imposta (o l’inasprimento delle aliquote di
un’imposta già esistente) causa sull’equilibrio economico del singolo soggetto
o sull’equilibrio economico generale.
Se prendiamo in considerazione
gli effetti della introduzione delle imposte sull’equilibrio economico
generale, cioè sulle grandezze aggregate (reddito nazionale, consumi, risparmi,
investimenti, occupazione) parleremo di effetti
macroeconomici delle imposte.
Se prendiamo in considerazione
gli effetti che l’introduzione di una imposta ha su un singolo operatore
economico o su un singolo mercato e sui mercati ad esso strettamente connessi
(mercati dei beni complementari, mercati dei beni succedanei, mercati dei beni
ad offerta congiunta rispetto al bene il cui mercato si sta considerando)
allora si parla di effetti microeconomici
delle imposte.
❍ Gli effetti macroeconomici delle
imposte
Gli effetti macroeconomici
delle imposte sono il risultato delle scelte di politica di bilancio dal lato
delle entrate che sono effettuate dallo Stato. Per l’approfondimento di tali
effetti si rimanda pertanto alla dispensa sulla politica di bilancio dello
Stato. Qui menzioniamo alcuni importanti effetti macroeconomici delle imposte:
● Le imposte indirette sui consumi determinano
un aumento dei prezzi di beni e servizi e quindi possono essere causa di
inflazione; esse non intaccano però il risparmio (perché reddito non consumato)
e quindi non frenano gli investimenti
● Un inasprimento dell’imposizione diretta sul
reddito può frenare l’eccessiva domanda di consumi privati sul mercato,
evitando così il rialzo dei prezzi; tuttavia imposte dirette fortemente
progressive penalizzano il risparmio e quindi anche gli investimenti
● Un’opportuna manovra fiscale sulle imposte
indirette sui consumi (e sui trasferimenti) può favorire l’acquisto di
determinati beni e servizi (determinando un aumento della loro domanda) a
scapito di altri maggiormente colpiti; può favorire la ripresa delle
contrattazioni in determinati mercati (così una diminuzione delle imposte sui
trasferimenti immobiliari darebbe un
impulso al mercato dei fabbricati)
● Una variazione qualitativa e quantitativa
delle imposte viene impiegata nella politica di bilancio dello Stato. Si rinvia
pertanto al capitolo La politica economica dello Stato.
❍ Gli effetti microeconomici delle
imposte
● Rimozione negativa
Secondo alcuni teorici della
scienza finanziaria (tra i quali Einaudi), l’introduzione di un’imposta fortemente
progressiva indurrebbe il contribuente a eliminarne in parte il presupposto.
Trattandosi di un’imposta sul reddito, egli sarebbe spinto a ridurre la propria
attività di lavoro; gravando invece l’imposta sui consumi, reagirebbe con una
riduzione degli acquisti di beni e servizi. Si tratta di una reazione
legittima, in quanto consiste semplicemente in una riduzione dell’imponibile
del tributo
● Rimozione positiva
(o Elisione dell’imposta)
Secondo altri studiosi (Wagner
e Pantaloni), un’elevata pressione tributaria rappresenta invece un incentivo
alla produzione e agli investimenti. In altre parole il contribuente, per
recuperare la diminuzione di reddito causata dal prelievo tributario,
reagirebbe in modo positivo aumentando
la propria attività , evitando così i gravi inconvenienti finanziari ed
economici della rimozione negativa. E’ comunque opinione prevalente che un
eccessivo onere tributario difficilmente potrebbe costituire uno stimolo allo
sviluppo economico: un sistema fiscale fortemente progressivo scoraggerebbe
qualsiasi nuova iniziativa, poiché i margini di profitto risulterebbero
drasticamente ridotti dall’imposizione.
● Elusione (o
Evasione legale o Erosione)
Si ha elusione quando il
contribuente evita di pagare l’imposta in tutto o in parte, eludendo (cioè
aggirando) quelle norme fiscali imprecise e di dubbia interpretazione e
profittando delle lacune e della permissività di leggi tributarie imperfette. Sono
esempi di elusione
● Una
grande impresa costituisce società di comodo per nascondere parte delle sue
attività o trarne in tal modo dei vantaggi fiscali (in assenza di opportuni
controlli previsti dalla legge).
● Il titolare
di un’impresa familiare fa risultare suoi collaboratori il coniuge e i figli, che
non prestino affatto la loro attività nell’impresa, per ripartire l’imponibile
(reddito di impresa) tra più soggetti passivi ed eludere in parte la
progressività dell’imposta.
● Il
contribuente ricorre alla domiciliazione puramente formale di attività presso i
cosiddetti “paradisi fiscali” cioè in Stati in cui le imposte sul reddito sono
molto basse.
La legislazione italiana (DM
4.5.1999) considera ancora (salvo prova contraria) residenti in Italia le
persone che si sono cancellate dalle anagrafi dei residenti e si sono
trasferite in uno dei paesi indicati in una apposita lista di “paradisi
fiscali”, comprendente tra gli altri Andorra, Liechtenstein, Isole del Canale,
Isola di Man, Isole Bahamas.
L’elusione, pur essendo una
reazione senza dubbio riprovevole, è da considerarsi formalmente legittima:
spetta infatti al legislatore il compito di formulare le norme tributarie in
modo più chiaro e incisivo, per evitare che esse si prestino a interpretazioni
di comodo e che vengano aggirate dai contribuenti più scaltri.
Non sempre l’elusione deriva da
comportamenti scorretti o dovuti a imperfezione delle norme. Vi si comprende anche
la diminuzione di gettito fiscale derivante dal fatto che il contribuente si
avvale di norme che riconoscono riduzioni (o esenzioni) dell’imponibile o
dell’imposta per certe categorie, per certi beni, per certe zone del territorio
nazionale. Ne sono esempi:
● Le
detrazioni per spese mediche
● Le
detrazioni degli interessi passivi sui mutui per la prima casa
● La
tassazione di redditi di capitale con imposte sostitutive proporzionali
(interessi bancari ecc.)
● L’accertamento
su base catastale dei redditi dei terreni e dei fabbricati.
● Evasione
L’evasione consiste
nell’inadempimento dell’obbligazione fiscale da parte del contribuente. Mentre
le altre reazioni citate qui sono reazioni legittime, essa è una reazione
illegittima, in quanto comporta la violazione delle norme dell’ordinamento
tributario. In teoria l’evasione potrebbe essere imputabile anche a un
comportamento colposo, dovuto a ignoranza o distrazione. Ma normalmente è
frutto di un comportamento doloso, cioè consapevole e intenzionale.
L’evasione può essere parziale
o totale. Sono tipici comportamenti dolosi l’omessa dichiarazione,
l’occultamento del reddito, la simulazione di passività fittizie, il
contrabbando, la fuga di capitali all’estero ecc.
Essa viene punita con sanzioni
diverse a seconda della sua gravità, in relazione alla quale può assumere la
figura di reato o di illecito amministrativo.
Il reato è un comportamento
colpito dal codice penale. I reati si dividono in delitti (più gravi, puniti
con la reclusione o la multa) e le contravvenzioni (meno gravi, punite con
l’arresto o l’ammenda).
L’illecito amministrativo è un
comportamento punito con una sanzione amministrativa. E’ meno grave del reato
tributario.
L’evasione produce tre generi
di danni:
● Danni
finanziari, consistenti in un minor introito fiscale da parte dello Stato
● Danni
economici, poiché alcune forme di evasione
(ad es. l’esportazione di capitali all’estero) sottraggono ricchezza
all’economia nazionale a danno di nuovi investimenti e della creazione di posti
di lavoro
● Danni
sociali, perché l’evasione causa una diminuzione delle spese redistributive e
di trasferimento a favore dei più bisognosi e inoltre accentua i conflitti e le
ingiustizie sociali perché modifica la ripartizione del carico tributario, che
viene a gravare quasi interamente sui contribuenti che non vogliono (o non
possono) sottrarsi al pagamento delle imposte.
Le cause dell’evasione possono
essere l’eccessivo carico tributario e la progressività dell’imposta o la scarsa
severità delle sanzioni o la mancanza di controlli o l’idea che il tributo sia
eccessivo e ingiustamente ripartito.
Luigi Einaudi sosteneva che una
amministrazione fiscale inefficiente, non essendo in grado di ridurre o
eliminare l’evasione, per ottenere un gettito di 100 € deve istituire imposte
che, se correttamente calcolate e versate dal contribuente, ammonterebbero a
più di 100 € (supponiamo 150 €). IN queste condizioni, è lo stesso sistema
tributario a spingere il contribuente all’evasione, poiché, se egli pagasse
quanto il fisco gli chiede, la sua attività commerciale andrebbe in fallimento.
Einaudi parlava di questo fenomeno come di imposta-grandine.
In Italia l’evasione è molto
alta, anche perché è esteso il fenomeno dell’economia sommersa.
L’economia sommersa è quella
parte dell’attività produttiva non rilevata dalla contabilità nazionale e
dall’ISTAT. Oltre all’economia familiare o informale (scambi che non passano
per il mercato, come i servizi prestati nell’ambiti familiare, le coltivazioni per
il consumo familiare, i lavori “fai da te” ecc.) comprende l’economia
irregolare o illegale (lavoro nero, immigrati non registrati) e l’economia
illecita o criminale (contrabbando, traffici illeciti, racket, prostituzione,
spaccio di stupefacenti ecc.)
Fino ai primi anni del 2000
secondo un’indagine del Fondo Monetario Internazionale relativa a 46 Paesi, in
Italia l’evasione dell’IVA raggiungeva il 40% del gettito potenziale
dell’imposta. Attualmente il livello di evasione sembra ancora elevato ma in calo.
Secondo diversi osservatori l’evasione dell’IRE si aggira intorno al 20% del
reddito potenziale. In Italia è anche molto diffuso il fenomeno del lavoro
nero, cioè della prestazione lavorativa svolta in violazione delle norme
tributarie e contributive, come il lavoro non dichiarato prestato da
pensionati, casalinghe, dipendenti pubblici e privati che svolgono un doppio
lavoro.
● Traslazione
Vedi più avanti
● Ammortamento
Vedi più avanti
● Diffusione
Vedi più avanti
❍ Nozione e tipi di traslazione
Si ha la traslazione quando il
contribuente al quale è stata addebitata l’imposta (contribuente di diritto o
percosso) ne trasferisce l’onere su un altro o su altri soggetti (contribuenti
di fatto o incisi), attraverso una variazione del prezzo del bene o del
servizio oggetto di scambio. Prende il nome di percussione il fenomeno in base
al quale sorge l’obbligo tributario a carico di un soggetto (contribuente di
diritto); l’incidenza è invece il prelievo del tributo effettuato sul soggetto che
effettivamente ne sopporta l’onere (contribuente di fatto)
Si parla di traslazione in avanti, traslazione all’indietro, traslazione obliqua, traslazione di primo, secondo, terzo grado
ecc., fenomeni illustrati dai seguenti esempi:
● Esempio di traslazione
in avanti di terzo grado: l’imposta di fabbricazione induce il
produttore ad alzare i prezzi al grossista; questi a sua volta alza i prezzi al
dettagliante, che alza infine i prezzi al consumatore finale. L’imposta è stata
traslata in avanti (dal produttore al consumatore) e si tratta di una
traslazione di terzo grado, perché si è attuata in tre passaggi
● Esempio di traslazione
all’indietro: l’imposta di fabbricazione, non solo aumenta il prezzo di
vendita, ma provoca anche un calo della domanda e della produzione. Poiché
produce di meno, l’imprenditore ha bisogno di meno manodopera; si crea un eccesso
di offerta di lavoro che abbassa i prezzi. Alla fine di tutto il processo
l’imprenditore è riuscito a compensare l’imposta anche con un abbassamento dei
salari, traslandola all’indietro (sui lavoratori)
● Esempio di traslazione
obliqua all’indietro: l’inasprimento delle imposte sui consumi che
colpiscono i prodotti petroliferi determinerò l’aumento del prezzo della
benzina; i consumatori chiederanno che le
case automobilistiche concedano delle agevolazioni di pagamento
(rateizzazioni senza interessi, sconti, super-valutazione dell’usato) per poter
traslare sui produttori il maggiore onere causato dall’imposta
● Esempio di traslazione obliqua: se una imposta
di fabbricazione colpisce i produttori di birra, essi aumenteranno i prezzi,
inducendo i consumatori ad aumentare la domanda di vino; l’aumento della
domanda di vino farà aumentare il prezzo del vino. E’ come se l’imposta sia
stata traslata non sui consumatori di birra, ma sui consumatori di vino.
❍ I fattori che influiscono sulla
traslazione
I fattori che rendono la
traslazione più facile o più difficile sono:
● Il regime di mercato (concorrenza, monopolio,
oligopolio)
● Il tipo di imposta:
● Generale
o speciale
● Sul
reddito (profitto) del produttore o sulla quantità prodotta
● L’andamento della curva di offerta (cioè
l’andamento dei costi di produzione: costanti, crescenti, decrescenti)
● La possibilità e facilità di disinvestire in
un mercato (= cessare l’attività) e di investire in un altro (iniziare una
nuova attività) (mobilità dei fattori produttivi)
● La elasticità della curva di domanda
● La elasticità della curva di offerta
● Mercato concorrenziale perfetto. Ha le
seguenti caratteristiche:
● Il
mercato è trasparente (ogni operatore conosce i prezzi e le altre condizioni di
vendita praticate da ciascun altro operatore)
● Il
mercato è puntiforme (non ci sono costi di trasporto)
● Nel
mercato esiste un gran numero di piccoli produttori e un gran numero di piccoli
consumatori. Il termine “piccolo” vuol dire che le dimensioni del produttore o
del consumatore non gli consentono di influire sul prezzo variando il consumo o
la produzione
● Esiste
piena libertà di ingresso e di uscita dal mercato
● Il
prodotto è omogeneo (per il consumatore è perfettamente indifferente acquistare
il prodotto di una piuttosto che di un’altra impresa)
Di conseguenza si ha che:
● Il
prezzo è unico
● Il
prezzo è pari al costo di produzione
● Mercato monopolistico. Caratterizzato da un
solo produttore a fronte di un gran numero di piccoli consumatori
● Mercato oligopolistico. Caratterizzato dalla
esistenza di pochi grandi produttori a fronte di un gran numero di piccoli
consumatori
L’imposta si trasla (= il
prezzo aumenta) perché molte imprese preferiranno abbandonare la produzione per
entrare nei rami di industria non tassati; questo fa diminuire la produzione e
quindi aumentare il prezzo per i consumatori
L’imposta non si trasla: nessun
produttore abbandona il mercato a causa dell’imposta (infatti, negli altri
mercati dovrebbe pagare la stessa imposta), pertanto la produzione non
diminuisce e il prezzo non varia.
L’imprenditore monopolista non
aumenterà il prezzo, perché ha già scelto la combinazione prezzo-quantità che
gli dà il massimo profitto. Non gli conviene spostarsi in altri settori
produttivi perché anche se sarebbe tassato di meno (l’imposta è speciale)
perderebbe i profitti extra che gli provengono dalla posizione di monopolio.
Quindi l’imprenditore sopporta l’intera imposta e non c’è traslazione
Non c’è traslazione: il prezzo
non aumenta perché il monopolista aveva, prima dell’imposta, scelto la
combinazione prezzo-quantità p1 - Q1 che gli garantisce i ricavi corrispondenti
all’area RT e il massimo profitto:
aumentare il prezzo può solo
far diminuire il profitto totale (e quindi il reddito)
Stessa risposta che per il caso
di una imposta sulla quantità prodotta, generale, in un mercato concorrenziale
perfetto
L’imposta sulla produzione fa
slittare in alto la curva di offerta da O ad O’:
Lo spostamento della curva di
offerta provoca un aumento del prezzo:
Il prezzo passa da p1
a p2 mentre AD rappresenta l’ammontare dell’imposta e AB l’aumento
di prezzo. Come si vede, l’imposta AD viene traslata solo per la parte AB,
mentre per la parte BD rimane a carico dell’imprenditore
Al monopolista non conviene
spostarsi in un settore non tassato, perché perderebbe i profitti extra del suo
monopolio; tuttavia egli diminuisce la produzione e pertanto ottiene di
traslare in parte l’imposta mediante un aumento di prezzo
Osserviamo il grafico seguente:
In tale grafico T rappresenta le
imposte totali in funzione della quantità prodotta (produzione totale) e PRT
rappresenta i profitti totali (PRT) in funzione della quantità prodotta
(produzione totale). Il massimo profitto al netto di imposta si può trovare con
una costruzione geometrica (il punto A è ottenuto trovando il punto di tangenza
della parallela alla retta T con la curva PRT) ed è pari ad AB. Si può vedere
che mentre prima dell’imposta il monopolista realizzava il suo massimo profitto
CD in corrispondenza della produzione OD, dopo l’imposta realizza il massimo
profitto AB in corrispondenza della produzione OE. Essendo la produzione
diminuita da OD ad OE si avrà un eccesso di domanda e un aumento di prezzo che
consente al monopolista di traslare parte dell’imposta sui consumatori.
❍ La traslazione nei regimi di mercato intermedi
(oligopolio)
La scuola finanziaria
tradizionale ha formulato le teorie sulla traslazione dell’imposta con
riferimento ai soli regimi di mercato della libera concorrenza perfetta e del
monopolio, trascurando l’oligopolio. Nell’oligopolio il prezzo viene stabilito
dall’impresa, tenuto conto della politica dei prezzi delle imprese concorrenti,
e normalmente determina il prezzo con la tecnica del mark-up (aggiunge al costo
dei fattori una percentuale o margine di profitto). Data la complessità e in
molti casi imprevedibilità delle strategie delle imprese oligopolistiche, si è
rivelato molto difficile elaborare una teoria della traslazione per il mercato
oligopolistico, e l’argomento verrà qui tralasciato.
❍ La elasticità della domanda e la
traslazione
Per elasticità della domanda
rispetto al prezzo si intende il rapporto tra la variazione percentuale della
domanda e la variazione percentuale del prezzo, espresso dalla formula
seguente:
che si riferisce al grafico
della curva di domanda del consumatore:
Osserviamo ora il grafico
sottostante, con due diverse curve di domanda, una molto inclinata (D1)
e una poco inclinata (D2) combinate la curva di offerta O1
(prima dell’imposta) e con la curva di offerta O2 (dopo l’imposta):
Come si può vedere, la
variazione di prezzo a seguito dello spostamento dell’offerta da O1
ad O2 è maggiore considerando la curva di domanda D1
(aumento di prezzo pari ad FD) anziché la curva di domanda D2
(aumento di prezzo pari ad FE). Poiché l’elasticità calcolata a partire dal
punto C (cioè ponendo p0 = OF e D0 = OG) è maggiore per
la curva D2 che per la curva D1 ne concludiamo che
maggiore è l’elasticità, minore è l’aumento di prezzo e quindi minore è la
traslazione, mentre minore è l’elasticità, maggiore è l’aumento di prezzo e
maggiore è la traslazione.
❍ La elasticità della offerta e la
traslazione
Per elasticità dell’offerta
rispetto al prezzo si intende il rapporto tra la variazione percentuale
dell’offerta e la variazione percentuale del prezzo, espresso dalla formula seguente:
che si riferisce al grafico
della curva di offerta del produttore:
Osserviamo ora i due grafici
sottostanti. Il grafico di sinistra ha due curve di offerta, O1 e O2
(prima e dopo l’imposta), molto inclinate.
Il grafico di destra ha due
curve di offerta, O1 e O2 (prima e dopo l’imposta), poco
inclinate.
Nel grafico più in alto, con
curve di offerta di elasticità bassa si vede che la parte AB dell’imposta AE
traslata sotto forma di aumento di prezzo rappresenta meno della metà
dell’imposta.
Nel grafico più in basso, con
curve di offerta di elasticità alta si vede che la parte AB dell’imposta AE
traslata sotto forma di aumento di prezzo rappresenta la quasi totalità
dell’imposta.
Ne concludiamo che maggiore è
l’elasticità dell’offerta, maggiore è la parte di imposta traslata sui
consumatori.
Si parla di diffusione
dell’imposta per indicare gli effetti che escono dall’ambito del mercato in cui
è introdotta l’imposta e dei mercati collegati (mercato dei fattori, mercato
dei beni succedanei, mercato dei beni complementari, mercato dei beni ad
offerta congiunta). In altre parole, oltre la traslazione - che si arresta ai
mercati “vicini” - si deve parlare di diffusione. La diffusione comprende
qualsiasi effetto ulteriore dell’imposta.
Come esempio potremmo
considerare gli effetti della tassazione sulla benzina: se è tassata la
benzina, ne diminuisce il consumo e questo provoca un aumento della domanda di
lamiere di ferro per fabbricare cisterne per stoccare la benzina invenduta.
Un altro esempio è dato
dall’inasprimento delle imposte dirette, che determina una diminuzione generale
dei consumi (in quanto riduce il reddito a disposizione dei lavoratori) e degli
investimenti. Inoltre può verificarsi l’evenienza che l’onere delle maggiori
trattenute fiscali sulle buste-paga dei lavoratori venga trasferito sulle imprese attraverso
richieste di aumenti salariali, che determinano un aumento del costo del
lavoro, scoraggiando le nuove assunzioni di manodopera.
Un immobile che produce un
reddito annuo di 4.000 € e che prima dell’imposta si vende a 100.000 € (se il
saggio di interesse di mercato è del 4%), dopo l’istituzione di una imposta
proporzionale sul reddito con aliquota del 20%, si venderà non più a 100.000 €
ma a 80.000 €.