La distribuzione del reddito |
❍ Tipi di distribuzione
❍ La distribuzione secondo Marx e le repliche dei neoclassici. Il
teorema di Eulero applicato alla distribuzione
❍ La curva di Lorenz
❍ Il mercato del lavoro: il salario secondo i neoclassici
❍ Il mercato del lavoro: la domanda di lavoro da parte delle imprese
❍ Il mercato del lavoro: l’offerta di lavoro da parte dei lavoratori
❍ Il mercato del lavoro: l’incontro della domanda e dell’offerta
❍ Il circuito famiglie-imprese. La legge di Say
❍ Il mercato dei capitali
❍ Quanti tipi di
squilibri possono esistere nella distribuzione del reddito?
❍ Come possono le
autorità attenuare gli squilibri nella distribuzione del reddito
agendo sulle spese?
❍ Come possono le
autorità affrontare gli squilibri nella distribuzione del reddito
agendo sulle entrate?
❍ Tipi di distribuzione
La teoria della distribuzione
studia il modo con cui il reddito nazionale si ripartisce tra le classi sociali
(distribuzione sociale del reddito) o tra i fattori produttivi (distribuzione
funzionale) o tra le famiglie (distribuzione personale) o tra gli addetti ai
vari settori produttivi (distribuzione settoriale) o tra aree geografiche (distribuzione
territoriale)
❍ La distribuzione secondo Marx e le repliche dei
neoclassici. Il teorema di Eulero applicato alla distribuzione
Secondo Marx nel sistema
capitalistico la classe borghese si appropria indebitamente di un'ampia porzione
del reddito nazionale sotto forma di profitti e interessi, e una porzione
minore va, sempre indebitamente, ai titolari delle terre sotto forma di
rendita, legittimando in tal modo lo sfruttamento dei lavoratori, cui
spetterebbe il valore monetario dell'intero prodotto.
I neoclassici studiarono invece
la distribuzione funzionale del reddito tra salari (rimunerazione del fattore
lavoro), profitti (rimunerazione dell'imprenditore per l'attività di
organizzazione dei fattori produttivi), rendite (rimunerazione del fattore
risorse naturali in senso ampio, inclusi terreni, edifici e aree urbane),
interesse (rimunerazione dei soggetti che prestano all'imprenditore il capitale
monetario), royalties (rimunerazione dei possessori di brevetti, degli autori
di opere dell'ingegno, letterarie ecc.)
La teoria neoclassica della
distribuzione considera la rimunerazione di ciascun fattore come un prezzo di
un bene o di un servizio (ad es. il servizio del lavoro), prezzo che si forma
in mercati chiamati "mercati dei fattori", che si contrappongono ai
"mercati dei beni di consumo". Il meccanismo di formazione di
salario, rendita, ecc. è identico nei due tipi di mercati: dipende dalla
scarsità o dall'eccesso della domanda e dell'offerta.
I neoclassici mostrano che
l'imprenditore ha convenienza ad impiegare unità successive di un fattore
produttivo fino a che il valore in lire dell'aumento di produzione ottenuto con
l'impiego dell'ultima unità non eguaglia il compenso in lire che l'imprenditore
paga a tale unità. In particolare, riguardo il lavoro, la curva della
produttività marginale del lavoro ci dice che nel breve periodo l'aumento di
produzione ottenuto impiegando ore successive di lavoro diminuisce
all'aumentare delle ore già impiegate
La curva di domanda di ore
lavoro degli imprenditori sarà pertanto inclinata negativamente (vedI figura 101)
I neoclassici, per rispondere
alle critiche di Marx riguardo alla distribuzione del reddito nei sistemi
capitalistici, utilizzano una dimostrazione matematica basata sul "teorema
di Eulero". Il teorema di Eulero riguarda le funzioni di più variabili, e
quindi può essere applicato anche alla funzione di produzione PT = f(K,L) che
esprime il valore della produzione in funzione delle variabili K (quantità di
fattore capitale impiegata) e L (quantità di fattore lavoro impiegato).
Data
una funzione f omogenea di grado
h, cioè tale che si ha:
f (m · x1 , …, m · xn) = mh
· f (x1,…,xn)
si ha :
f (x1,…,xn) = h ·
(x1 · dy/dx1 + ... + xn · dy/dxn)
Se supponiamo che la funzione
di produzione sia omogenea di primo grado, e cioè:
PT
= f (m · K , m · L) = m1 · f (K,L)
(una funzione di produzione
omogenea di primo grado non è altro che una funzione a rendimenti costanti)
allora avremo:
PT = f
(K,L) = (dPT/dL) · L + (dPT/dK)·K
che si legge: "il valore
della produzione totale è pari alla derivata parziale della produzione rispetto
al lavoro moltiplicata per la quantità di lavoro impiegata, più la derivata
parziale della produzione rispetto al capitale moltiplicata per la quantità di
capitale impiegata".
Se moltiplichiamo entrambi i
membri per il prezzo p di vendita del prodotto otteniamo:
PT · p = (dPT/dL) · p · L + (dPT/dK)
· p · K
e cioè:
Ricavi
totali |
= |
Valore
del prodotto marginale del lavoro |
· |
Quantità
di fattore lavoro impiegata |
+ |
Valore
del prodotto marginale del capitale |
· |
Quantità
di fattore capitale impiegata |
Quest'ultima formula ci dice
che i ricavi totali sono suddivisi tra capitale e salari, senza alcun profitto
da parte dell'imprenditore, tranne il profitto normale.
Ci dice pure che ogni fattore
viene compensato proporzionalmente alla sua produttività (sia pur marginale), e
questo, secondo i neoclassici, è espressione di un principio di giustizia del
tipo: chi è più produttivo guadagna di più.
In sintesi, i neoclassici
rispondevano a Marx notando che, nel caso di concorrenza perfetta, il prezzo è
a livello del costo, e quindi l'imprenditore non si appropria di alcun
extraprofitto, ma solo del profitto normale.
Si definisce "profitto normale"
una somma pari a quella che l'imprenditore avrebbe ottenuto impiegando altrove
i fattori produttivi di sua proprietà. Normalmente i "fattori produttivi
di proprietà dell'imprenditore" sono: lavoro dirigenziale dello stesso
imprenditore, capitali dell'imprenditore, auto, edifici o altri beni mobili e
immobili dell'imprenditore.
[Tittarelli>Econ.pol.>1996
269] Secondo Marx, il livello salariale dipende dalla precisa strategia della
classe capitalistica, in grado di manovrare il cosiddetto esercito industriale
di riserva, costituito dalla massa dei disoccupati che preme sull'offerta di
lavoro cosringendo il saggio salariale al livello di sussistenza. Ogni
tentativo di elevare questo livello si scontra con la decisione imprenditoriale
di sostituire la forza lavoro con le macchine, provocando così la dilatazione
dell'"esercito" e favorendo per questa via il ritorno del saggio
salariale al suo iniziale livello
❍ La curva di Lorenz
La curva di Lorenz illustra la
distribuzione personale del reddito. Essa indica in ascissa la percentuale
delle famiglie, e in ordinata la percentuale del reddito nazionale (vedi figuraa 103)
La curva di Lorenz viene
tracciata seguendo l'importante regola di disporre sull'asse orizzontale le
famiglie in ordine di ricchezza. Ad esempio, la prima metà del segmento
orizzontale ospiterà famiglie più povere di quelle della seconda metà del
segmento.
La curva di Lorenz si legge ad
esempio così: "il 30% delle famiglie, ordinate in ordine di povertà,
riceve il 20% del reddito nazionale"
La linea diagonale del grafico
di Lorenz illustra la distribuzione perfettamente eguale del reddito (ogni
famiglia ha lo stesso reddito, che viene diviso in modo perfettamente eguale
tra tutte): su questa linea al 20% delle famiglie va il 20% del reddito
nazionale; al 40% delle famiglie va il 40% del reddito nazionale, e così via.
La realtà mostra però una
distribuzione differente, illustrata dalla linea curva tracciata sotto la
diagonale, che prende il nome di "curva di Lorenz". Secondo tale
curva, esiste un primo gruppo di famiglie che ha meno reddito di quanto glie ne
spetterebbe se il reddito fosse diviso in modo perfettamente eguale tra tutte
le famiglie (segmento OA), mentre esiste un secondo gruppo di famiglie che ha
più reddito di quanto glie ne spetterebbe se il reddito fosse diviso in modo
perfettamente eguale tra tutte le famiglie (segmento AB).
Il rapporto tra l'area compresa
tra la curva OAB e il segmento OB e l'area totale del triangolo OBC viene
definito "indice della concentrazione della ricchezza"
❍ Il mercato del lavoro: il salario secondo i
neoclassici
Il salario nominale è la
quantità di moneta che il lavoratore dipendente riceve periodicamente dal datore di lavoro in cambio delle sue
prestazioni lavorative
Il salario reale è la quantità
e qualità di beni e servizi (cibo, vestiario, abitazione ecc.) che il
lavoratore può acquistare col salario nominale.
In passato l’adeguamento dei
salari ai prezzi è stato possibile introducendo il salario a scala mobile
costituito da un salario base, che variava solo con il rinnovo periodico dei
contratti collettivi di lavoro, e dall’indennità di contingenza.
Tale indennità era commisurata
alla variazione del costo della vita, calcolato tenendo conto dell’aumento dei
prezzi di un predeterminato paniere di beni e servizi di una famiglia tipo. Con
questo adeguamento si mirava a mantenere pressoché invariato il potere di
acquisto dei salari reali, modificando automaticamente il salario nominale.
La scala mobile era il sistema
che consentiva ai redditi da lavoro dipendente l’adeguamento al costo della
vita, mediante la variazione dell’indennità di contingenza. Poiché all’aumento
dei salari non corrisponde un incremento della produttività dei lavoratori, gli
imprenditori, per mantenere costante il profitto, possono ricorrere all’aumento
dei prezzi dei beni, cui fa seguito un nuovo aumento dei salari determinato
dalla scala mobile (“spirale prezzi-salari).
Per contenere questo fenomeno
nel 1992 è stata abolita la scala mobile e ha preso l’avvio una nuova politica
del lavoro incentrata sulla riforma del salario; nel 1993, con l’accordo sul
costo del lavoro, sono state introdotte nuove garanzie per salvaguardare anche
il potere di acquisto delle retribuzioni e delle pensioni.
La contrattazione collettiva è
stata distinta in due livelli:
▸ Nazionale, per difendere il potere d’acquisto
delle retribuzioni della categoria attraverso adeguamenti biennali del salario
nominale, in base al tasso di inflazione programmato
▸ Aziendale, per tener conto delle effettive
condizioni di lavoro a livello di impresa.
Inoltre, sono state previste
ogni anno due sessioni di incontro tra governo e sindacati per predisporre
eventuali misure contrattuali che tengano conto dei principali indicatori
economici.
Secondo Marx nel sistema
capitalistico la classe borghese si appropria indebitamente di un'ampia
porzione del reddito nazionale sotto forma di profitti e interessi, e una
porzione minore va, sempre indebitamente, ai titolari delle terre sotto forma
di rendita, legittimando in tal modo lo sfruttamento dei lavoratori, cui
spetterebbe il valore monetario dell'intero prodotto.
I neoclassici studiarono invece
la distribuzione funzionale del reddito tra salari (rimunerazione del fattore
lavoro), profitti (rimunerazione dell'imprenditore per l'attività di
organizzazione dei fattori produttivi), rendite (rimunerazione del fattore
risorse naturali in senso ampio, inclusi terreni, edifici e aree urbane),
interesse (rimunerazione dei soggetti che prestano all'imprenditore il capitale
monetario), royalties (rimunerazione dei possessori di brevetti, degli autori
di opere dell'ingegno, letterarie ecc.)
La teoria neoclassica della
distribuzione considera la rimunerazione di ciascun fattore come un prezzo di
un bene o di un servizio (ad es. il servizio del lavoro), prezzo che si forma
in mercati chiamati "mercati dei fattori", che si contrappongono ai
"mercati dei beni di consumo". Il meccanismo di formazione di
salario, rendita, ecc. è identico nei due tipi di mercati: dipende dalla
scarsità o dall'eccesso della domanda e dell'offerta.
In tutto ciò che segue si
ricordi che il termine “offerta di lavoro”, a differenza che nel linguaggio
corrente, indica la quantità di lavoro che il lavoratore è disposto ad offrire,
mentre il termine “domanda di lavoro” indica la quantità di lavoro che
l’imprenditore è disposto ad impiegare.
❍ Il mercato del lavoro: la domanda di lavoro da
parte delle imprese
I neoclassici mostrano che
l'imprenditore ha convenienza ad impiegare unità successive di un fattore
produttivo fino a che il valore in lire dell'aumento di produzione ottenuto con
l'impiego dell'ultima unità non eguaglia il compenso in lire che l'imprenditore
paga a tale unità. In particolare, riguardo il lavoro, la curva della
produttività marginale del lavoro ci dice che nel breve periodo l'aumento di
produzione ottenuto impiegando ore successive di lavoro diminuisce
all'aumentare delle ore già impiegate
Nella figura 0504251824 si vede
come, per la legge della produttività marginale decrescente del lavoro nel
breve periodo, a partire dal terzo lavoratore l’aumento di produzione totale
che si ottiene assumendo un lavoratore in più diminuisce. Se assumendo il terzo
lavoratore il prodotto totale aumenta di 55 unità, assumendo il sesto
lavoratore il prodotto aumenta di sole 10 unità.
Nella figura 0504251836 ci si è
limitati al braccio decrescente della curva della PMA e si è riportato in
ordinata, anziché l’aumento di produzione, il ricavo aggiuntivo che
l’imprenditore ottiene da tale aumento di produzione. Se supponiamo che il
prezzo di vendita di ogni unità di prodotto è di 3 € allora l’assunzione di un
ulteriore lavoratore provoca gli aumenti dei ricavi totali mostrati nel
grafico. Un simile grafico viene detto grafico della produttività marginale in
valore. Si vede ad es. che il sesto lavoratore, facendo aumentare la produzione
di sole 10 unità, fa aumentare i ricavi di 10 ‧ 3 € =
30 €
Nella figura 0504251846 si vede
come la curva di domanda di lavoro si identifica con la curva della
produttività marginale in valore. Supponendo ad es. che il saggio di salario
per ogni unità di lavoro sia di 150 € allora l’imprenditore avrà convenienza ad
impiegare una quantità AB di lavoro. Se ne impiegasse una quantità CD l’ultimo
lavoratore farebbe aumentare i ricavi meno di quanto l’imprenditore dovrebbe
pagarlo (90 € contro 150 €) e i profitti totali diminuirebbero.
La curva di domanda di ore
lavoro degli imprenditori sarà pertanto inclinata negativamente
Si definisce "profitto
normale" una somma pari a quella che l'imprenditore avrebbe ottenuto
impiegando altrove i fattori produttivi di sua proprietà. Normalmente i
"fattori produttivi di proprietà dell'imprenditore" sono: lavoro
dirigenziale dello stesso imprenditore, capitali dell'imprenditore, auto,
edifici o altri beni mobili e immobili dell'imprenditore.
Secondo Marx, il livello
salariale dipende dalla precisa strategia della classe capitalistica, in grado
di manovrare il cosiddetto esercito industriale di riserva, costituito dalla
massa dei disoccupati che preme sull'offerta di lavoro costringendo il saggio
salariale al livello di sussistenza. Ogni tentativo di elevare questo livello
si scontra con la decisione imprenditoriale di sostituire la forza lavoro con
le macchine, provocando così la dilatazione dell'"esercito" e
favorendo per questa via il ritorno del saggio salariale al suo iniziale
livello
❍ Il mercato del lavoro: l’offerta di lavoro da
parte dei lavoratori
Tre sono gli elementi che il
lavoratore considera per decidere la sua offerta di lavoro:
● La
penosità del lavoro: la penosità di ciascuna ora lavoro aumenta all’aumentare
del numero di ore lavorate
● La
utilità ricavabile con i beni acquistabili col salario
● La
utilità ricavabile dal tempo libero
L'economista Alfred Marshall
studiò l’offerta di lavoro con le curve di indifferenza:
Nella figura 0504251918 si vede
come vi sono curve di indifferenza diverse, che presentano combinazioni
lavoro-consumo aventi la stessa utilità (nell’esempio, UT = 100 o UT = 200).
Contemporaneamente, però, dato il salario, ha il vincolo della linea AB. Il
punto P rappresenta il suo equilibrio, e le ore di lavoro offerte sono pari ad
AE.
Se il salario aumenta, il suo
vincolo è quello della linea AC e il suo punto di equilibrio è Q.
Si può vedere che le ore offerte
passano da AE ad AD, aumentando.
Ma, come nota Marshall, e come
sappiamo dallo studio delle curve di indifferenza del consumatore, in realtà
gli effetti che entrano in gioco con uno spostamento della retta AB sono due:
● Un "effetto di sostituzione", che
spinge il lavoratore alla riduzione del tempo libero e all'aumentare
correlativo del tempo di lavoro
● Un "effetto di reddito" che spinge,
viceversa, il lavoratore, alla diminuzione del tempo di lavoro e all'aumento
del tempo libero
A bassi livelli salariali
prevale in genere l'effetto sostituzione, mentre a livelli salariali più
elevati tende a prevalere l'effetto di reddito, che conduce a preferire il
tempo libero al lavoro. L'andamento dell'offerta di lavoro in funzione del
salario è quindi quello di figura 0504252027
❍ Il mercato del lavoro: l’incontro della domanda
e dell’offerta
I neoclassici tendono a
considerare inutili i tentativi delle organizzazioni a tutela dei lavoratori di
ottenere aumenti salariali al disopra del livello fissato dal mercato
attraverso l'incontro della domanda di lavoro da parte degli imprenditori con
l'offerta di lavoro da parte dei lavoratori (vedi la figura)
Essi considerano negativamente
in particolare i tentativi di determinate categorie di lavoratori di impedire
l’ingresso di altri lavoratori nel mercato per tenere alti i salari. Dice in
proposito Stanley Jevons, uno dei più autorevoli neoclassici dell’Ottocento:
“Non si può negare che in certi mestieri gli operai riescano,
coalizzandosi, a mantenere i loro salari ad un saggio superiore al livello
naturale. Molte organizzazioni cercano di limitare la produzione sia adottando
il sistema dei ruoli chiusi, sia rifiutando di ammettere più di un certo numero
di apprendisti od operai provenienti da altre industrie. L’industria assume in
tal caso una forma monopolistica e distribuisce alti salari, facendo pagare più
care le merci ai consumatori. Così operando, si istituisce una imposta sul
rimanente della nazione, compresi gli operai delle altre industrie. Le altre
organizzazioni, visto il successo che alcune ottengono per questa via,
cercheranno di creare leghe analoghe e di restringere il numero dei lavoratori.
Non farebbero altro che cercare tutti di arricchirsi impoverendosi a vicenda”.
La più recente letteratura
sull'argomento tende a considerarare come primario, nella fissazione dei
livelli salariali, il ruolo del sindacato e della contrattazione aziendale e
collettiva. Il mercato del lavoro è ormai un monopolio bilaterale, dominato
dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro. Il salario non è
perciò determinato dal libero gioco della domanda e dell'offerta, ma
dall'accordo di tali organizzazioni.
Secondo i neoclassici la
disoccupazione è sempre volontaria, e dipende dal rifiuto dei lavoratori e
delle loro organizzazioni, di lavorare al saggio di salario fissato dalla
domanda e dall'offerta di mercato. Non si può definire "involontariamente
disoccupato" chi si rifiuta di lavorare perché ha scelto di preferire il
tempo libero al salario di mercato.
La disoccupazione strutturale
si ha quando non vi sono sufficienti impianti per impiegare tutti i lavoratori
esistenti
La disoccupazione tecnologica
deriva dall'introduzione, nei processi produttivi, di impianti e macchinari che
tendono ad economizzare forza lavoro.
La disoccupazione frizionale è
dovuta alle imperfezioni del mercato del lavoro. Quando un lavoratore si
licenzia dal suo posto precedente, passa un certo tempo prima che possa trovare
un nuovo lavoro. In ogni istante, nel mercato del lavoro, esisterà quindi una
certa percentuale di lavoratori in cerca di lavoro. Si parla a tal proposito di
"disoccupazione frizionale".
Si definisce
"distribuzione personale del reddito" la ripartizione del reddito
nazionale tra tutte le famiglie del sistema.
❍ Il circuito famiglie-imprese. La legge di Say
Osserviamo la figura 1, con lo
schema dei rapporti tra famiglie e imprese in un sistema economico
semplificato:
L’impresa Alfa produce
automobili, utilizzando lamiere che paga lire 150 all’impresa Beta.
L’impresa Beta produce lamiere,
utilizzando minerale che paga lire 50 all’impresa Gamma
L’impresa Gamma produce
minerale senza utilizzare beni strumentali acquistati da altre imprese
I beni finali prodotti dal
sistema economico consistono in auto per un valore di 300 lire, che
costituiscono l’incasso dell’impresa Alfa (freccia verticale dalle famiglie
all’impresa Alfa)
Ciascuna impresa, una volta
pagato il valore dei beni intermedi utilizzati, distribuisce tutto il rimanente
alle famiglie che hanno preso parte alla produzione, sotto forma di flusso W+P
di
● salari
● profitti
● stipendi
● interessi
● royalties
(compensi per i brevetti utilizzati)
● rendite
(compenso ai proprietari dei terreni, delle miniere e delle altre risorse
naturali utilizzate)
Tra le famiglie che hanno preso
parte alla produzione includiamo ovviamente anche quelle degli imprenditori.
Possiamo subito vedere che i
flussi W+P dalle imprese alle famiglie sono pari a 150+100+50 = 300, e cioè
hanno lo stesso valore del prodotto finale, costituito da automobili (300).
In sintesi, tutto il valore dei beni finali prodotti
dalle imprese nell’unità di tempo (mese, anno, etc.) viene distribuito alle
famiglie sotto forma di flusso W+P di salari, stipendi, profitto, royalties,
rendite.
Questo fatto risulta ancor
meglio da uno schema che riunisce in un unico gruppo le famiglie e in un unico
gruppo le imprese:
Osservando questo schema
notiamo che i salari e gli stipendi W+P distribuiti il 27 di ogni mese
finanziano le spese di consumo C delle famiglie fino al 27 del mese successivo,
quando i soldi sono rientrati tutti nelle casse delle imprese e il ciclo si
ripete.
Possiamo dire che le famiglie
acquistano i beni con gli stessi soldi che sono stati dati loro dagli
imprenditori per produrli. Questo fatto colpì l’economista classico
Jean-Baptiste Say (la scuola classica è la scuola di pensiero economico
dominante tra il 1790 e il 1850 circa, e comprende economisti come Say, Smith,
Ricardo, Marx), che formulò la legge
degli sbocchi nella sua prima forma (dovuta a Say): L’offerta (cioè
la produzione) crea la sua domanda; in altre parole gli imprenditori non hanno
ragione di preoccuparsi che rimangano merci invendute, perché è lo stesso
denaro che essi distribuiscono alle famiglie che consentirà ad esse di
acquistarle.
Gli economisti neoclassici (la
scuola neoclassica è la scuola di pensiero economico dominante tra il 1850 e il
1930 circa) perfezionarono l’analisi di Say considerando anche la possibilità
che le famiglie potessero risparmiare. Essi misero a punto lo schema di figura 3 di un sistema economico
con famiglie, banche e imprese:
In questo schema tutto il
denaro risparmiato dalle famiglie (100) viene depositato nelle banche e poi
preso in prestito dagli imprenditori per acquistare beni strumentali durevoli e
scorte di beni strumentali non durevoli (flusso orizzontale I di investimenti
tra banche e imprese). In questo modo, le 300 lire distribuite dalle imprese il
27 del mese, alla fine del mese successivo ritornano nelle loro casse sotto
forma di flusso C+I, e il ciclo si ripete invariato. In questo caso si dice che
il sistema è in equilibrio.
Come possono essere sicuri i neoclassici
che tutte le somme risparmiate dalle famiglie torneranno alle imprese sotto
forma di investimenti? La risposta a questa obiezione è contenuta nella legge degli sbocchi nella sua seconda forma
(dovuta ai neoclassici): Se le famiglie risparmiano più di quanto gli
imprenditori intendono investire, allora l’interesse offerto sui capitali
risparmiati si abbasserà e questo avrà l’effetto di far risparmiare meno le
famiglie, che aumenteranno le spese di consumo e di far aumentare gli
investimenti agli imprenditori. In tal modo, si raggiunge il punto in cui gli
imprenditori investono esattamente quanto le famiglie risparmiano. Anche in
questo caso, tutta la produzione ha trovato il suo sbocco, cioè è stata
acquistata o dalle famiglie o dagli imprenditori.
❍ Il mercato dei capitali
Osserviamo la figura 4, che
illustra il funzionamento del mercato dei capitali:
La domanda di capitali proviene
dalle imprese, che li impiegano per fare investimenti (acquisto di beni
strumentali durevoli e non durevoli), mentre l'offerta di capitali proviene dal
risparmio delle famiglie. La curva di offerta di capitali è ascendente: più
alto è il saggio di interesse "i" più le famiglie sono invogliate a risparmiare.
La curva di domanda di capitali è discendente: più alto è il saggio di
interesse, più le imprese trovano costoso imprestarsi denaro e limitano i
prestiti. Il saggio di equilibrio iEQ è quello al quale la domanda
di capitali coincide con l'offerta: risparmiatori e imprese hanno trovato un
accordo. Al disopra del saggio di interesse di equilibrio si ha eccesso di
offerta di capitali da parte delle famiglie (saggio i1) ; al disotto
del saggio di equilibrio si ha scarsità di capitali o eccesso di domanda da
parte delle imprese (saggio di interesse i2)
Come abbiamo già detto, il
funzionamento del mercato dei capitali assicura la validità della legge degli
sbocchi (“tutta la produzione viene acquistata”); infatti, la situazione in cui
le famiglie risparmiano più di quanto gli imprenditori investono è la
situazione che si ha al saggio i2, con un eccesso di offerta di
moneta pari al segmento AB. Questo eccesso di offerta spingerà il saggio di
interesse al livello Ieq, corrispondente al punto P. Come si vede
osservando l’andamento della curva di domanda nel tratto AP e l’andamento della
curva di offerta nel tratto BP, menter il saggio di interesse scende, gli
investimenti degli imprenditori aumentano (gli imprenditori trovano che il
costo del denaro è diminuito sono più invogliati ad investire) mentre l’offerta
di moneta da parte delle famiglie diminuisce (le famiglie trovano meno
conveniente risparmiare e aumentano i loro consumi). Alla fine domanda ed
offerta coincideranno nel punto P
❍ Quanti tipi di squilibri possono esistere nella
distribuzione del reddito?
Possono esistere diversi tipi
di squilibri:
● Squilibri
territoriali (regioni ricche e regioni povere)
● Squilibri
personali (famiglie ricche e famiglie povere)
● Squilibri
settoriali (gli occupati in un settore, ad es. quello industriale, guadagnano
più degli occupati di un altro settore, ad es. quello agricolo)
● Squilibri
nella distribuzione tra i fattori (i profitti sono più alti dei salari; le
retribuzioni degli operai sono inferiori a quelle degli impiegati)
❍ Come possono le autorità attenuare gli
squilibri nella distribuzione del reddito agendo sulle spese?
La politica più frequentemente
usata è quella dell'aumento delle spese per trasferimento (pensioni, sussidi,
assegni familiari, cassa integrazione guadagni, ecc.) che aumenti i redditi
delle classi meno abbienti redistribuendo a loro favore la ricchezza prelevata
con le imposte alle classi più abbienti.
Un'altra politica è quella di
produrre servizi semigratuiti (sanità, scuola ecc.) o a prezzi che non superino
i costi, tramite imprese pubbliche (trasporti urbani, elettricità, ecc.) in
modo che le famiglie meno abbienti vedano aumentare i propri redditi reali.
Inoltre, le imprese pubbliche rappresentano iniziative produttive che, se
realizzate al sud o in altre zone caratterizzate da depressione economica,
possono contribuire ad elevare i redditi degli abitanti di queste regioni.
❍ Come possono le autorità affrontare gli
squilibri nella distribuzione del reddito agendo sulle entrate?
● Lo
stato può attuare una discriminazione quantitativa dei redditi
La discriminazione quantitativa
si attua con la imposta progressiva, che colpisce con aliquote più elevate i
redditi più alti rispetto ai più bassi
● Lo
stato può attuare una discriminazione qualitativa dei redditi
La discriminazione qualitativa
si attua tassando di più certi redditi, tipici dei ceti medio-alti (redditi da
lavoro dipendente, da capitale e da impresa) rispetto ad altri redditi, tipici
dei ceti meno abbienti (redditi di lavoro dipendente e redditi dei terreni)
● Lo
stato può offrire sgravi fiscali per i settori o le zone che sono in crisi
rispetto ai settori e alle zone ricche.