Cos'hai da perdere


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Di nuovo Satana lo condusse con sé

sopra un monte altissimo e gli mostrò

tutti i regni del mondo con la loro gloria

e gli disse: "Tutte queste cose io ti darò,

se, prostrandoti, mi adorerai".

 

Vangelo secondo Matteo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Magdalena si guarda intorno. La vecchia libreria in cui sono entrati lei, Andrej, Janos e Petra odora di cera per legno e di antiche carte. L'ambiente non è molto grande, le dimensioni sono quelle di un ampio studio. Il soffitto è molto alto. Su tre lati si alzano degli scaffali che coprono la parete intera. I libri che contengono sono di diversa altezza e spessore, ma i loro dorsi appaiono senza eccezione logori e scuri. Lungo il bordo di ciascuno scaffale si eleva una scala a pioli le cui estremità sono fissate ai binari sul pavimento e sul soffitto.

Al centro della parete di fondo i ripiani lasciano spazio a una porticina del colore dell'intonaco, a lato di un'elegante scrivania in mogano, del tutto sgombra ad eccezione di un modernissimo registratore di cassa e di una lampada con uno stelo arcuato e un paralume verde.

Unica eccentricità, non poco pericolosa in un ambiente del genere, la piccola stufa a legna di ceramica antica squisitamente decorata, a destra della porta di ingresso.

"Dušan!" chiama Andrej. Si guarda intorno. "Venite, è di sopra" dice.

Gli scarponi delle ragazze risuonano pesanti sulla scala a chiocciola che sale al primo piano, le catene dei loro giubbotti e le bottigliette di liquore nelle loro borse tintinnano. La stanza superiore della libreria ha il pavimento scricchiolante in legno ricoperto di linoleum. Da lì si accede ad un angusto retrobottega con un finestrone che si affaccia sul lungofiume e nell'angolo un tavolino con un fornelletto per il tè. Il libraio, seduto alla mensola della finestra che fa da piano di lavoro, sta sfogliando con molta delicatezza le pagine di un volume ingiallito.

"E' una raccolta di miti balcanici. Questo spiega l'origine del grido lamentoso della strolaga, un uccello diffuso dalle rive del Mar Nero fino alle latitudini artiche".

"Narra che Dio, in forma di uccello – una strolaga - era volato sulle acque primordiali e, formata un'isoletta che sarebbe diventata la distesa della terra, vi aveva deposto le uova delle sue creature, destinate a schiudersi e a popolare il mondo. Ma in un momento in cui era risalito, l'Incantatore aveva evocato una fitta nebbia, e furtivo si era avvicinato al nido.

"L'uccello si era lanciato verso la terra per difendere le sue creature, ma aveva trovato una nebbia impenetrabile, e aveva volato a lungo in cerchio, cercando invano di scorgere il nido. L'incantatore, intanto, vi era arrivato e lo aveva distrutto.

"Sarò io a popolare la terra, con le mie creature, e non tu" aveva esclamato in tono di sfida.

Il grido di dolore della strolaga all'udire queste parole è quello che si sente ancor oggi nel biancore delle solitudini artiche, il lamento per i piccoli perduti.

"L'Incantatore è riuscito a popolare il mondo con le sue creature?" chiede Janos.

"Oh, sì. Vi è riuscito. Si chiamava Satanael."

"Satanael come Satana? Ma il mondo non è stato creato da Dio?" dice Petra.

"Non secondo i Bogomili" dice il libraio "Questa leggenda appartiene al loro folclore".

"Bogomili" Janos si cala prontamente nel ruolo di guida culturale del gruppo. "Non si tratta di pagani slavi sopravvissuti fino al decimo secolo?"

Magdalena fa scoppiare rumorosamente un palloncino di gomma da masticare. Non fa nulla per nascondere che si sta annoiando delle ciance del vecchio.

"Pensavo che stasera avremmo visto roba forte. Un rito voodoo. Un animale sgozzato. Uno che comincia a sbavare e dice di essere il diavolo. Gente che fa giuramenti a Satana e poi scopa. Roba divertente" si lagna con malagrazia.

"Aspetterai" le dice Andrej "Prendi " e le lancia una bustina con compresse rosa. Gli altri sghignazzano. Magdalena risponde con un epiteto, ma è lesta a prenderle. Ne inghiotte tre senza guardare l'etichetta. "Ehi, vacci piano!" le dice Andrej.

Lei scuote le spalle, si insacca nel giubbotto e mette le cuffie a tutto volume. Meglio non tirare troppo la corda. E' lui che ha i soldi e può pagare per avere la roba migliore. Tanti, tantissimi soldi. E' figlio del proprietario dei negozi della catena Prestige, che vendono beni di lusso: occhiali, abbigliamento, telefonini di fascia alta, che vanno a ruba tra i nuovi ricchi della Repubblica Ceca. Quel giorno sfoggia un cronografo Chopard, una cravatta Hermés e una giacca su misura sopra jeans Gucci.

Gli altri sono pressapoco parassiti. Janos, il suo amico di vecchia data e compagno di divertimenti, l'intellettuale della compagnia, dai gusti dispendiosi e sempre a corto di quattrini. Petra, l'attuale ragazza di Janos, una dark luciferiana, come si definisce, che racconta di iniziazioni con stupri di gruppo e impiego di resti umani rubati dagli obitori. A lato del collo ha un tatuaggio con la croce a bracci dissimmetrici sovrastato da un geroglifico stilizzato delle corna di un capro.

Il libraio ignora l'interruzione.

"I Bogomili erano eretici, neo-manichei, per l'esattezza. Oggi sono conosciuti solo da una ristretta cerchia di specialisti. Nel medioevo la loro setta si diffuse segretamente in tutta l'Europa Centro-orientale, e di lì penetrò nell'impero bizantino fino all'Anatolia.

"Subdola e difficilissima da estirpare, resistette per ben quattro secoli a tutti i tentativi da parte delle autorità civili e religiose, prima di scomparire misteriosamente così com'era apparsa. Ai Bogomili avevano affidato la loro eredità altre due sette combattute senza quartiere dalla Chiesa: i Messaliani e i Pauliciani, questi ultimi discendenti per linea ininterrotta dai Manichei d'Oriente descritti da Sant'Agostino e da Origene. Avevano delle credenze decisamente interessanti sui demoni e sui vampiri."

"Mi piacerebbe trasformarmi in un vampiro", dice Petra con aria assorta. "Essere morta. Insensibile. E tuttavia continuare ad esistere".

"Nel folclore balcanico legato ad antiche credenze dualiste, il non-morto, erestun, eretik, upir, è chiamato cavalcatura del Diavolo" dice il libraio, "Satanael, figlio primogenito di Dio, di cui Cristo è il secondogenito, è il vero autore della creazione; il corpo, ma anche la psiche umana, sono dunque opera del principio del Male. Imprigionano la scintilla divina sfuggita dal Pleroma o Totalità degli esseri di luce emanati da Dio, al modo di un sarcofago che rinchiuda una persona viva - supplizio crudele in uso nell'antichità.

Col peccato il corpo si svuota – l'anima svanisce – e diventa un guscio vuoto abitato dai demoni, che se ne servono come una bestia da soma per farsi trasportare, e vi si nascondono per sfuggire, fino al giorno del giudizio, alla sentenza che li ha destinati all'Inferno.

Questo corpo è soggetto agli influssi degli Arconti, le divinità planetarie del cosmo inferiore che ne governano le parti a loro corrispondenti. Per esso non c'è più provvidenza divina, heimarmene, ma cieca necessità, dominio delle passioni, destino implacabile raffigurato dai Greci come Ananke o Tyche, conosciuta pure come Moira".

"E questa gente sapeva in che modo una persona si trasforma in vampiro?" Magdalena ora si diverte a provocare il vecchio pazzo. Anche se non nega che sarebbe divertente andare in giro a dissanguare o fare a pezzi la gente che conosce. Sarebbe una rivincita contro quelli che pretendono di dirle cosa deve o non deve fare.

"Ne avevano un'idea molto precisa, in realtà"

"Occorre farsi mordere?" Il vecchio è proprio un imbecille, non si accorge che lei lo sta portando in giro. Ma Petra è decisamente interessata, pende dalle sue labbra.

"Niente di tutto questo. E' un atto spontaneo, senza alcun intervento di altri" dice il libraio, "si tratta di dar via l'anima volontariamente"

"In cambio di cosa?"

"Voi fraintendete. Non si tratta di venderla. Pensateci: credete che a Satana interessi impadronirsi delle scintille di luce che recano l'immagine della divinità che odia? Sarebbe assurdo, egli fugge Dio con tutte le sue forze. Si tratta di rinunciare all'anima, di gettarla via. Satana vuole che il suo regno sia liberato dalla luce. Che le particelle divine che costituiscono le anime scompaiano dal cosmo inferiore e tornino a colui che ve le ha mandate"

"E' stato Dio ad imprigionarle?" dice Janos perplesso.

"Dio ha aperto uno spiraglio nelle sfere planetarie degli Arconti. Ha mostrato alle anime il cosmo inferiore. Esse si sono innamorate del proprio riflesso nella materia, come nel mito di Narciso, e si sono precipitate in basso, rimanendo intrappolate. Dio ha compiuto questo atto scientemente."

"E per quale strano motivo?" dice Janos, sempre più perplesso.

"Si tratta di dottrine oscure e tortuose, lo riconosco. Dovete capire che la luce quaggiù, nel cosmo inferiore, rappresenta una indebita mescolanza: la sua commistione con la tenebra produce un conflitto paralizzante e doloroso tra materia e spirito, tra heimarmene divina e rigide leggi naturali, tra uomo spirituale e uomo carnale".

"Scopo di Satana è regnare indisturbato sul cosmo inferiore, dove però le particelle di luce ostacolano i moti naturali del corpo e il potere degli Arconti. Gli esseri vuoti di anima, i gusci abitati dai demoni, sono l'umanità soggetta al potere assoluto del Demiurgo, gli uomini ilici, la cui vita dura quasi indefinitamente, come nelle genealogie bibliche degli antichi patriarchi che vissero migliaia di anni. Alla fine di ciascuno dei Grandi Cicli di cui parlano gli  Stoici i corpi materiali sono distrutti per iniziare una sequenza cosmica identica, e così all'infinito"

"Un tale uomo è una persona nell'antico senso del latino per-sonat: una maschera vuota attraverso cui risuonano le note delle sfere planetarie e la voce dei demoni."

Petra è perplessa. "Ma non diventeremmo un automa senza vita? Un corpo senza coscienza posseduto dai demoni?"

Il libraio scuote la testa. "Gli antichi distinguevano tra anima e spirito. La prima, psyché, è la nostra psiche ordinaria, composta di raziocinio, passioni e volontà, legata al nostro cervello materiale, come tale già infestata dai demoni. Il secondo, nous, è la scintilla divina in noi, che si rispecchia nella parte più elevata della mente, quella che Filone Ebreo chiama  fiore dell'intelletto come una rosa si riflette in un cristallo".

"La vostra psiche rimarrà intatta, se pur privata del contatto con lo spirito, della voce dell'angelo. Voi ricadrete definitivamente nella vita materiale, retta dalle passioni, a cui eravate giunti soffocando gradualmente la voce dello spirito. Nulla di ciò che è legato alla carne vi sarà negato: vitalità, forza, bellezza,  impulsi superiori a quelli dell'umanità comune".

"Questo perché la mortalità della carne è dovuta a un istinto di morte profondamente radicato nell'individuo, che è frutto, come insegnano i kabbalisti, di un duplice anelito dello spirito: a sciogliersi dalla materia per ricongiungersi al Creatore, e a distruggere l'angusta forma fisica che limita la sua divina sovrabbondanza. La mortalità è anche un decreto divino, una durata determinata, affinché l'anima, di tempo in tempo, ricordi le sue origini e non si perda completamente nella materia".

Tutto questo provoca un lento logoramento dei corpi, e al momento della loro disgregazione la luce tenta di fuggire verso il Pleroma: ma solo per venire di nuovo intrappolata nello Specchio di Narciso, la materia".

"E' questa la conoscenza segreta, il frutto dell'albero del bene e del male, che Dio nascose agli uomini. La possibilità di ottenere una vita di semidei praticamente immortale, in cambio della rinuncia alla mescolanza, che costituisce il vero peccato originale, la causa dell'ingresso della morte nel mondo".

"Ma i non-morti non hanno una debolezza?" dice Petra "Sono tormentati dalla sete di sangue. Ne hanno bisogno per sopravvivere"

"No. Non per sopravvivere. Hanno sete di spirito. Di quella luce che essi hanno perso e che ancora alberga in altre persone. Per questo motivo essi cercano di toglierla a quelli che gli sono intorno, rendendoli vuoti come loro. Niente riesce ad estinguere questa sete. Si racconta che uno stregone venne seppellito nella terra anziché bruciato, e a causa di questo, il suo corpo assorbì tutta l'acqua dell'intera regione, provocando una terribile siccità".

"Come vedi, non ho detto che questo uomo ilico sarà felice. Esso sarà, nel vero senso del termine, il superuomo, colui che sperimenta nella carne la morte di Dio, accetta la mancanza di senso della vita materiale e la vive nella pienezza delle sue passioni e dei suoi dolori".

"E' l'uomo che, in un celebre brano di Nietzsche, viene visitato dal sogno del demone:

 

 

Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: "Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni cosa indicibilmente piccola e grande della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione – e così pure questo ragno e questo chiaro di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L’eterno orologio a polvere dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolto – e tu con esso, granello di polvere dalla polvere venuto!» (...) Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda che ti porresti ogni volta e in ogni caso: «Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?" graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! Oppure, quanto dovresti volere bene a te stesso e alla vita, per non desiderare più alcun’altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello?

 

 

"Non riesco ancora a capire perché Dio permetta che le anime rimangano intrappolate in questa commistione, continuino a reincarnarsi in nuovi corpi" dice Janos.

"La commistione è voluta da Dio allo scopo di minare e infine distruggere il cosmo inferiore e la materia. Questo universo che serve da rifugio ai demoni e agli Arconti. Finché non avverrà la separazione finale tra luce e tenebre essi eviteranno il luogo simbolico del castigo, l'Inferno".

"Secondo le dottrine segrete dei Bogomili, che preservano antichissime conoscenze gnostiche presenti anche nell'Ismailismo, l'universo materiale, creato dall'Incantatore e comprendente gli Arconti e i demoni suoi sudditi, è il sogno di Satana, un sogno in cui Satana chiude gli occhi di fronte alla sua realtà di creatura, e pensandosi come essere supremo genera il cosmo inferiore".

"La separazione di Lucifero e la sua caduta operarono un turbamento profondo nel Pleroma, il reame delle creature di luce. Satana, loro fratello, rappresentava la Seconda Intelligenza, l'essere più alto emanato dall'Uno inconoscibile dopo il suo diretto riflesso o Prima Intelligenza."

"Secondo i calcoli del più antico testo ismailita, l'Omn al-Kitab, o Archetipo del Libro, Dio tenterà per 360.000 volte 360.000 anni di risvegliare Lucifero, il suo angelo più splendente. Manderà le particelle di luce a disturbare il suo sonno tenebroso, sperando che oda i richiami della luce e ritrovi il cammino fino a lui. Alla fine, con sua immensa tristezza, dovrà rinunciare: quando tutte le anime saranno partite dall'universo materiale, esso piomberà nella notte eterna del sogno di Satana".

 

 

    ∼∼∼   

 

 

"Ma sto dimenticando il motivo per cui siete qui" dice Dušan. Prende dalla scrivania un pacchetto e lo porge a Andrej.

"Der Golem, versione cinematografica del 1914, di cui non si conoscevano copie sopravvissute. Questa è probabilmente l'unica rimasta".

Gli occhi di Andrej scintillano di avidità. Ha una passione maniacale per i film dell'orrore del primo cinema muto, di cui ha una raccolta più che notevole: Le manoir du diable di Georges Méliès, del 1896; Esmeralda, di Alice Guy, del 1906;  Der Student von Prag di Stellan Rye, del 1913; Der Golem, di Paul Wegener, del 1915; Das Kabinett des Dr. Caligari di Wiene, del 1920; Doktor Mabuse, der Spieler di Fritz Lang, del 1922.

Andrej nutre soprattutto un interesse morboso per le vicende che legano questo genere di opere all'esistenza di sette sataniche nell'ambiente cinematografico dell'epoca, di qua e di là dell'Atlantico. Possiede le pellicole dell'attrice ceca Dora Kanizsa, emigrata negli anni Venti ad Hollywood ed uccisa in circostanze misteriose, il cadavere mutilato da ferite rituali.

Estrae la sua VISA color argento. Il padre glie ne ha promessa un'altra, di color oro, per il suo ventitreesimo compleanno.

"La versione del 1917. Der Golem und die Tanzerin, che completa la serie che Wegener ricavò dal romanzo di Meyrink. Devo avere anche quella".

Dušan fa un cenno di assenso, prende la carta e procede a trasferire i fondi dal terminale.

Tutti i soldi inutili che ha, pensa Magdalena acida, potrebbe passarli a me, che saprei come divertirmi, invece di comperare strambe pellicole ingiallite. Quella settimana ha visto un nuovo telefonino e un paio di scarpe Diadora che deve assolutamente avere. Ma per quanto tenti di sfilargli quanti più soldi possibile, Andrej non è stupido, e la tiene a guinzaglio stretto. Deve sempre pregarlo, e accontentarlo.

A Magdalena il sesso è perfettamente indifferente. Quando viene posseduta da lui, emette meccanicamente dei gridolini e si muove per farlo venire prima, mentre nella sua testa fa il giro dei Grandi Magazzini del centro commerciale. Per sua fortuna, Andrej è un amante brusco e frettoloso, che non si lascia andare a tenerezze dopo l'amplesso. "Sbrigati a usare il bagno" o "Devo andare a pisciare" sono le frasi più romantiche del suo repertorio post-coitale.

Ora Magdalena non si sente bene. "Mi scoppia la vescica. E ho pure l'assorbente fradicio. Dov'è il cesso?" Il libraio glie lo dice.

Appena dentro, tira fuori il laccio emostatico, l'accendino e il cucchiaino. Il cucchiaino le sfugge e cade sul pavimento.

"Quella si sta facendo" dice Janos "Si fa praticamente tutto quello che può essere sniffato, fumato o iniettato che le capiti a tiro".

"Ti ho sentito, stronzo." Magdalena, stizzita, sbatte giù l'asse e prende la bustina di polvere bianca. Affanculo tutti. Non uscirà di lì senza essersi fatta. Possono aspettare, come lei ha aspettato col vecchio idiota che delirava di non-morti e uccelli marini. La droga le entra in vena. Sente a malapena i colpi alla porta e la voce arrabbiata di Andrej. Poi il silenzio.

 

 

    ∼∼∼   

 

 

Non sa per quanto tempo è rimasta in bagno; quando esce la libreria è silenziosa come una tomba, nessun rumore arriva dall'interno o dalla strada. Che il vecchio abbia chiuso? Scende la scala che porta al pianoterra. No, eccolo alla scrivania, intento a leggere. Chiedergli denaro per il taxi? E ha pure bisogno di fare dei soldi per i prossimi tre-quattro giorni - tanto ci vorrà per far passare l'arrabbiatura ad Andrej. Ma Magdalena non ha voglia di fare delle cose con lui, non si sente bene, gli vomiterebbe addosso. Gli passa davanti ignorandolo ostentatamente. Quelli della sua età dovrebbero stare all'ospizio, che diavolo se ne fa di tutti i soldi che gli ha dato Andrej? Tutti i vecchi andrebbero rinchiusi e i loro maledetti soldi dati a chi ha vent'anni e voglia di divertirsi.

Marcia verso la porta. Se non vuole dormire su una panchina le conviene dare la sveglia al suo cervello strafatto e farsi venire un'idea. Kaspar… Ecco. Avrebbe chiamato il suo fedelissimo fidanzato, buono come un cane fedele, sempre pronto a perdonarla, sempre in attesa che lei si decida a sposarlo. E' divertita a quel pensiero, mentre cerca il telefonino.

"Lui non verrà"

Magdalena si blocca. Cosa ha detto il vecchio?

"Kaspar non verrà. Ieri Erika, la figlia dei vostri vecchi vicini, è capitata a Praga ed è venuta al domicilio che le avevi dato – quello di Kaspar. Lui l'ha invitata a cena e ha finito per sfogarsi del tuo cinismo e dei tuoi tradimenti.

L'ha riaccompagnata a piedi alla pensione. Anche lei si sente sola, ha perso il fidanzato in un incidente di moto, un anno fa. Ha invitato Kaspar nella sua stanza e hanno fatto l'amore. E lui ha deciso irrevocabilmente di abbandonarti.

"Erika è una persona forte e generosa, che protegge chi ama. Ti impedirà di avvicinarti a Kaspar. Si sposeranno all'inizio dell'estate, tra un anno si trasferiranno in Francia. Lì, con l'aiuto di lei che lavorerà per mantenerlo, Kaspar si diplomerà a pieni voti alla prestigiosa Ecole dés Chartes. Tornato a Praga, otterrà il posto di direttore della Biblioteca Nazionale. Avranno molti figli. Saranno felici".

Magdalena rimane di sasso. Come può sapere il libraio di Kaspar? Deve essere stato per forza quello stronzo di Andrej: ha parlato in giro di lei, ovvio. Ma il vecchio si sbaglia. Kaspar le risponde sempre, a qualsiasi ora del giorno e della notte. E' per quello che serve, visto che di soldi ne ha ben pochi.

Il numero squilla a vuoto. Poi si disattiva.

Magdalena prova freneticamente a mandare messaggi per diversi minuti, infine si arrende.

"Domani mi sente". E' furibonda, ma anche spaventata. Possibile che il vecchio abbia ragione? Lo guarda.

"Non potresti sganciarmi tu un po' di soldi? Ho visto quanto ti ha dato Andrej. Possiamo fare società. La prossima volta, lo convincerò a comprare la cosa più costosa del tuo negozio. So io come fare. Tu gonfierai il prezzo, e una parte andrà a me."

Per tutta risposta, il libraio indica una teca tra due scaffali.

"Quello è un codice miniato del nono secolo, viene dal grande centro monastico di San Pantaleimon, fondato in Bulgaria dall'Apostolo Cirillo. E' una versione slavonica della Genesi, unica nel suo genere. Vale venti milioni di euro. Tenerlo qui, senza misure di sicurezza, è una follia, ma la verità è che non riesco a separarmene".

Il cervello di Magdalena sta già girando alla massima velocità. Posso tenere impegnato il vecchio mentre chiamo Horvath e lo convinco a venire? E' il mio spacciatore, un tipo senza scrupoli, e nel caso sarebbe lui l'accusato di aggressione. Così posso ricattarlo per assicurarmi di avere la mia parte. Ma se Dušan non ha detto la verità, Horvath non mi perdonerebbe di averlo fatto venire per della carta senza valore.

"Il libro è tuo, se vuoi. Saresti ricca, mai più costretta a mendicare i soldi di Andrej facendo cose che detesti".

Magdalena si riscuote bruscamente. Ora è sicura che il vecchio è fuori di testa. Niente libro. Niente taxi. Uscirà e fermerà un'auto di passaggio. Se il conducente vorrà farsi fare un servizio, cosa probabile a quell'ora, lo accontenterà. Farà un po' di soldi per tirare avanti qualche giorno, il tempo di far passare l'arrabbiatura ad Andrej.

"Sei scettica, Magdalena Anežka. Questo è comprensibile. Ma, credimi, il libro è solo la più insignificante delle cose che potrei offrirti"

Nessuno conosce il suo secondo nome. E' quello di sua nonna, che lei odia. Come può saperlo il libraio? L'ha spiata? Ha qualche connessione con la sua famiglia? Magdalena ora è spaventata.

"Me ne vado. Non provare a fermarmi. Ho un coltello in tasca".

Il libraio non fa nessun accenno di movimento. Scuote la testa.

"I patti sotto costrizione per me non hanno alcun valore. Perché, vedi, io sono il fautore della libertà assoluta, dell'anarchia, della ribellione. Io sono Satana".

E' pazzo. Magdalena si dirige veloce alla porta, tenendolo d'occhio.

Sta per girare la maniglia. E invece si volta.

"Dimostramelo" dice.

Il libraio si toglie gli occhiali, tira fuori dalla tasca interna della giacca un grande fazzoletto bianco e comincia a pulirli. Lo fa con pazienza e scrupolo, orientandoli infine verso la lampada da tavolo per controllarli. Senza di essi, le ombre del suo volto sono più profonde. Poi lentamente li rimette.

"Ti aspetti, immagino, che ora si senta odore di zolfo, che fiamme infernali serpeggino tra gli scaffali e i miei servitori si rendano visibili. O, ancora meglio, che questo pavimento di pietra si spacchi e sotto si veda l'abisso che porta dritto alla mia dimora e si sentano le urla dei dannati".

"Questa sarebbe certamente una prova" dice Magdalena.

"Niente di così rozzo e primitivo". La voce del libraio ora è profonda, bassa e vellutata, quella di un uomo di età indefinita.

"Non ce n'è bisogno. Simili rappresentazioni servono solo per spaventare senza motivo la gente ignorante. Ci sono prove ben più raffinate e convincenti"

"Magari vorresti espormene una" dice Magdalena.

"Lo farò. Ma prima voglio dirti cosa mi aspetto in cambio di quel che offro"

"Hai detto che la mia anima non ti interessa"

"Fai attenzione. Le parole del Demonio sono ambigue e sottili. Ho detto: non mi interessa possederla. Questo non toglie che voglio un oggetto"

"E quale sarebbe?"

"Un oggetto che contiene un frammento della tua anima. Sogni, speranze. Il tuo diario."

Magdalena si irrigidisce. "Pensi che non abbia di meglio da fare che scrivere tutte le sfortune che mi capitano?".

"Nella tua borsetta. Il piccolo quaderno che hai ricevuto per il tuo decimo compleanno. Rilegato in pelle turchina. Chiuso da un fermaglio a forma di farfalla"

Magdalena rimane girata verso la porta. Un alito gelido le serpeggia su per il corpo.

"Quell'oggetto insignificante? Non so neanche perché lo tengo, dopo tutto questo tempo. Non lo apro da anni"

"Allora non avrai problemi a gettarlo nella stufa"

"Non c'è altro che vuoi?"

"In realtà, no. Niente altro che valga la pena."

Magdalena tira fuori il diario, lo rigira. Perché no? Lo sportello della stufa è aperto, ve lo getta.

Ma Dušan non è soddisfatto. La sua voce, anzi, è gelida, minacciosa. "Anche quello che hai tolto senza farti vedere dalle pagine del diario".

Magdalena guarda il piccolo fiore appassito che la sorellina le ha donato tanto tempo addietro.

"Dušan ha ragione" pensa, "perché non lasciarsi alle spalle il passato?"

Ma la sua mano non vuole saperne, è bloccata da una strana paura, da una voce interiore che ammonisce a non farlo.

E' abituata a ignorare quella voce, la voce della propria coscienza. Le ha disobbedito innumerevoli volte, ma stavolta è più difficile. Al disagio è unito un senso di pericolo, e il gelo che ha iniziato a provare si intensifica.

Cosa le prende? Si sta lasciando andare a sentimentalismi? Un moto di irritazione per la sua stupidità  sostituisce le paure di un istante prima.

"Va bene".

Mentre il fiore cade come al rallentatore nel ventre rovente della stufa, prova una sensazione stranissima, come se improvvisamente una pressione enorme venga rilasciata.

"Ti ho dato quello che volevi", dice, "Ora dammi la tua prova"

"Con piacere", il libraio guarda verso la porta, "Ascolta"

Dall'altro lato si sente uno scalpiccìo. Attraverso il vetro smerigliato si materializza una piccola figura indistinta, come emersa dal nulla. L'ombra di due manine appoggiate compare sulla sua superficie.

"Lena? Lena? Dove sei? Non ti vedo!".

E' una voce di bambino. Ci sono secondi di attesa. Poi si sente un'altra voce, di una bambina più grande.

"Non è qui, Leo. Vieni, andiamo a cercare più in là!".

I passi si allontanano, veloci.

Quando tutto ripiomba nel silenzio, il libraio riprende a parlare.

"Tu hai una coscienza, Magdalena? Una coscienza che ti assolve?"

"Ti può sembrare strano" dice Magdalena con aria di sfida, "ma la mia coscienza mi ha sempre assolto. Nessuno può giudicare una persona senza conoscerla, io non accetto il giudizio di chi pensa di sapere tutto e invece non sa niente".

"Parole vere" dice il libraio. "Si potrebbe pensare che la propria coscienza è il miglior confessore: ad essa non si può nascondere nulla. Però ci sono due difficoltà collegate alla coscienza. Anzitutto, sa essere molto permissiva e benevola. Non ti fa pesare, ad esempio, il fatto che hai rubato un libro antico dalla biblioteca dove lavora Kaspar, approfittando di un momento in cui è andato a prenderti una bibita, e che per questo ha rischiato il licenziamento."

Glie lo ha detto Horvath, pensa Magdalena. Altrimenti, come potrebbe saperlo? Horvath è andato da lui a rivendere il libro, e glie l'ha detto.

"Ma tu potresti dirmi" prosegue il libraio, "che avevi assoluta necessità di soldi; che il farlo una volta non giustifica la conclusione che tu possa farlo altre volte; che il libro, invece di rimanere ad ammuffire nella Biblioteca, andrà a qualcuno che desidera veramente leggerlo; e altre cose di questo genere. Benissimo. Ma c'è l'altro problema collegato alla coscienza"

"L'altro problema?"

"Sì. La coscienza, in verità, sa dimenticare. Se qualcosa non le fa troppo piacere, se per qualcosa non riesce a trovare facilmente una scusa, è incline ad allontanarla da sé, a far finta che non sia mai successa. E il vero confessore non dovrebbe agire così, vero?"

"Non ho capito" dice Magdalena dopo una breve esitazione.

"Forse ti sarà più chiaro se te lo spiego con un esempio. Come agirebbe la tua coscienza se tu fossi schiacciata dal senso di colpa per due vite perdute? Te lo ricorderebbe in continuazione, rendendoti la vita insopportabile, o piuttosto spingerebbe tutto nell'oblio?"

Magdalena sente qualcosa stringersi in gola. Chi è veramente il libraio? Perché lei è capitata lì?

"Non lo so. Non riesco nemmeno a immaginarlo. A me non turba alcun senso di colpa per due vite perdute"

"Questo è ovvio. E invece dovrebbe. Dalla tua  coscienza incline all'oblio puoi anche ottenere il perdono, ma esso purtroppo non conta granché. C'è un altro perdono, molto più importante, che non dimentica nulla. Ricorda tutto, e prende tutto in considerazione. Ogni piccolo dettaglio".

"Di cosa stai parlando?"

"Penso che tu sai benissimo di cosa sto parlando. L'oblio della coscienza è finto. A dire il vero è solo una repressione. Conta solo finché qualcuno non ti ricorda cosa hai represso. Come, ecco, io sto facendo adesso".

"Mi ricorda che cosa?" Nonostante Magdalena cerchi di mantenere ferma la voce, essa comunque trema.

"Il fratellino e la sorellina che sono annegati in mare. Sette e dieci anni. Erano andati a fare il bagno con la loro sorella maggiore, che avrebbe dovuto tenerli d'occhio. Quel giorno la corrente era molto forte, anche vicino alla riva. La sorella maggiore si era messa, come suo solito, a fare la civetta con dei ragazzi, e aveva trascurato di sorvegliarli. Quando finalmente era tornata ad occuparsi di loro, non c'erano più. Il mare se li era portati via e non li ha più restituiti".

Dall'entrata del negozio si sentono di nuovo il rumore di passi e le voci ovattate di bambini, che poi si allontanano.

Magdalena rimane senza parole per un po', lo sguardo offuscato nelle dense scure pieghe della tenda a lato della porta. All'inizio vorrebbe opporsi, negare quell'orribile accusa, disputare l'identità della figura che si intravede nell'oscurità in fondo al negozio. Ma non lo fa. Non avrebbe senso. Il ricordo, liberato dall'angolo più profondo della sua mente, la travolge come un'onda poderosa, come l'acqua gelida nella quale sono sprofondati i suoi fratellini tanto tempo prima. E lei non solo ha voltato loro le spalle, ma nemmeno è potuta andare a piangere sui loro corpi.

Nessuno ha mai sospettato che sia lei la colpevole della disgrazia. Nessuno si era accorto che i bambini l'avevano seguita quando si era allontanata per parlare con i ragazzi, e poi erano entrati in acqua senza permesso.

Lei li aveva visti, ma aveva voltato le spalle. Davanti agli uomini è rimasta innocente, ma non lo è in alcun modo di fronte a se stessa. Dopo una vera e propria agonia era arrivata a reprimere, pur sapendo benissimo che quella salvezza era solo temporanea. Che la vera resa dei conti doveva ancora arrivare.

La voce del libraio prosegue implacabile.

"Ma tu avevi cominciato a perdere la tua anima ben prima. Quando sei venuta a Praga con i tuoi, dalla piccola città in cui avevate vissuto fino ad allora, avevi quattordici anni: l'età in cui si crede di poter fare qualsiasi cosa senza subirne le conseguenze"

"Alla morte di tuo padre, tua madre, con tre figli da mantenere, aveva rispolverato il diploma di infermiera. Un amico di famiglia le aveva procurato un posto in una clinica della Capitale e un affitto abbordabile in un condominio fatiscente della periferia. La paga era miserabile, ma intanto che eravate piccoli poteva bastare. In compenso, era richiesta una disponibilità totale, non esistevano orari".

"Tua madre divenne caposala, e le ore di lavoro aumentarono ancora: la paga, ben poco, ma era necessario accettare, perché stavate crescendo in fretta e i soldi non bastavano".

"La clinica era prestigiosa, la clientela esigente, e non veniva tollerato alcun errore. Una assenza, una distrazione, avrebbero significato il licenziamento e la miseria. Ormai tua madre tornava a casa solo per dormire. A poco a poco il lavoro e le preoccupazioni se la stavano portando via".

"In queste condizioni, non ti fu difficile gettare quel che ancora rimaneva del legame che avevi con lei. Non le restituivi che ostilità e ingratitudine, e col tuo comportamento creavi continui problemi che si aggiungevano alle preoccupazioni che già aveva. Rubavi nei negozi per rivendere gli oggetti; stavi fuori per tutta la notte; abusavi degli alcolici e delle medicine che rubavi dai suoi cassetti; facevi da corriere per le bande del quartiere".  

"Così, tua madre cercò altrove il calore che le mancava. Divenne l'amante di un medico sposato e separato. Un primario, un professore universitario. Tornavano insieme dal lavoro e sempre più spesso lei si fermava da lui, incaricando una vicina di accudirvi. Il suo nuovo compagno non aveva intenzione di formarsi un'altra famiglia e non aveva mai voluto conoscere te e i tuoi fratelli. Alla fine, la convinse a mandare i più piccoli in collegio".

"Quando, quella fatale estate, Leo e Denisa morirono, tua madre ebbe un crollo nervoso e piombò nell'apatia. Riprese a lavorare, ma lasciò che il suo compagno pilotasse la sua vita, ne divenne completamente dipendente. La casa vuota e silenziosa, con la porta della tua camera sempre sbarrata, le divenne intollerabile. Fosti completamente abbandonata a te stessa".

"Così, dopo aver gettato via quella parte preziosa costituita dal legame profondo con il proprio genitore, tu continuasti a gettare via pezzi della tua anima. Ora tutti i tuoi pomeriggi li sprecavi a bighellonare al centro commerciale, insieme ad altri coetanei apatici e indifferenti come te. Abbandonasti tutte le vere amicizie. Scambiasti le ultime monete buone per le cattive".

"Avevi perduto la tua verginità nel bagno di una discoteca di cui non ricordi più il nome, a quindici anni. Lui non ti piaceva neanche, ma ti aveva offerto le consumazioni e la cocaina, e si aspettava il contraccambio".

"Poi arrivò la droga e la prostituzione occasionale per pagarsi la dose: altri brandelli di anima che gettasti via senza rimorsi".

"Infine, rimanesti incinta e decidesti di disfarti del bambino. L'aborto, praticato clandestinamente e senza  igiene, ti portò dritta in ospedale, dove ti fu tolto l'utero e la possibilità di creare una nuova vita, con le gioie e i dolori che ne derivano. Un altro frammento di umanità che hai sacrificato nella tua cieca deriva.

"Kaspar era il tuo ultimo approdo. L'avevi incontrato sui banchi della nuova scuola a Praga. L'hai tradito il giorno stesso in cui ti ha regalato l'anello di fidanzamento, con Andrej, che ti ha comprato al prezzo di una bustina di droga".

"Ora vivi nella paura che Andrej ti lasci, che tu smetta di divertirlo come un giocattolo usato, perché questo vorrebbe dire non avere più i soldi per comprare ciò di cui non puoi più fare a meno. Perché sei ormai ridotta ad una specie di scheletro, e la gente non capisce cosa lui trovi ancora in te".

"Hai dato via pezzo per pezzo la tua anima, ma c'era ancora quel ricordo cancellato. Quella sofferenza sorda che rivelava un ostinato residuo di umanità, che neanche la droga riusciva a sopprimere. Quel piccolo fiore appassito che tenevi nel tuo diario".

Magdalena non ha mai sperimentato una tale angoscia. Le parole del libraio sono una luce violenta, che illumina gli angoli più riposti e non lascia scampo.

Proprio ora che sta per perdere quella parte di sé che ha sempre odiato, viene assalita dai rimorsi, da un selvaggio istinto di riaverla indietro.

"Ma io non voglio dimenticare" dice.

"E cos'era la repressione alla quale hai ricorso fino adesso? Una forma di oblio, o no? Solo incompleto. Io adesso ti offro l'oblio completo, perfetto. Non ricorderai più nulla che possa pesarti. Tutto verrà cancellato per sempre. Nessuno potrà convincerti di essere colpevole di qualsiasi peccato"

"Non devi farlo! Ora che ho ricordato, voglio tenermi i miei ricordi! Non è giusto che tu abbia il potere di togliermeli!"

"Probabilmente. Però capirai che non posso attenermi a considerazioni come la giustizia"

Magdalena allunga la mano verso la porta. Non sa esattamente cosa vuole fare. E' un movimento istintivo, un tentativo disperato di scappare dalla fossa nella quale è caduta. Ma la sua mano non arriva alla maniglia. Ricade inerte lungo il fianco. D'improvviso, non ricorda più cosa voleva fare.

Ma poi le ritorna la memoria: deve trovare un passaggio per tornare a casa. Apre la porta. Dio, che giornata! La stanchezza che all'improvviso la vince non è la solita, ma una molto profonda, che non ha mai provato. Figuriamoci attendere un passaggio: si stenderà sulla prima panchina a riposare.

 

 

    ∼∼∼   

 

 

Notte fonda.

Sono passati appena pochi minuti dall'ultima volta che lui ha alzato lo sguardo dal libro per scrutare oltre la grande finestra. La nebbia è ancora lì, impenetrabile. Poco prima dell'arrivo dei suoi visitatori, nel precoce tramonto, gli edifici dall'altra parte del fiume si vedevano ancora bene, screziati dai primi lampioni accesi. Poi tutto è sparito di colpo in un denso grigiore.

Il mondo reale, visibile, tangibile, si è disperso magicamente nell'alito umido degli spiriti della Morava, che scorre alcune decine di metri più sotto, oltre il lungo filare di castani neri e stillanti umidità lungo il parapetto del lungofiume.

Potrebbe con tranquillità chiudere la libreria e andarsene a casa. Da giorni nessuno vi si ferma. Ma lui tiene aperto fin quasi al mattino. Preferisce la lettura al sonno.

Riporta l'attenzione sul libro, e poi di nuovo alla finestra. Il suo sguardo vaga ancora, sfocato, lungo il muro di nebbia dall'altra parte.

La verità è che il sonno lo ha abbandonato ormai da secoli. Il suo animo vuoto ascolta i pensieri di Satana, che riecheggiano nella sua mente.

Un monologo rivolto a Dio.

"Praga è la mia città. Non avresti dovuto lasciare che Magdalena venisse qui, dove l'attendevo. E' la città della magia, dell'eresia, la capitale di Rodolfo d'Asburgo, il monarca pazzo che praticava riti teurgici e proteggeva i miei servitori, maghi, cabalisti, alchimisti. Qui, il tuo angelo non la troverà in tempo. Non la salverà".

Poi vengono, sempre uguali, le visioni di un futuro remoto.

La visione del palazzo vuoto degli Arconti con le immense stanze deserte: un'anima, una scintilla divina impaurita e ansiosa, le percorre in fretta fino alle soglie del Pleroma. Gli Arconti hanno spalancato le porte, hanno tolto i trabocchetti.

"Vattene! Vattene!" gridano con voci di bronzo. Vogliono che esca, per richiuderle dietro i cancelli e serrarli per sempre.

La visione delle stelle del firmamento che si spengono ad una ad una, dopo che l'ultima favilla ha abbandonato il cosmo sublunare. Ogni stella un'anima, una delle infinite declinazioni del nome e dell'immagine di Dio che si rende visibile quaggiù. Ormai dalla cima delle dimore degli uomini si innalzano verso un cielo vuoto e nero solo antenne contorte di metallo.

La visione di Satana che dorme per sempre, senza possibilità di essere risvegliato. La visione di Dio chiuso in un doloroso silenzio.

Gli angeli ai piedi del trono immersi in una profonda disperazione. Lucifero, il loro fratello, fuggito dalla casa del Padre per non tornare mai più.

I ricordi fluiscono per un fuggevole istante e poi svaniscono.

Nella nebbia risuona stridulo il grido di un uccello.